Palermo, caporalato al bar del tribunale: no al patteggiamento

Palermo, lavoro nero al bar del tribunale: no al patteggiamento

Gli imputati sono due. Uno è stato rinviato a giudizio

PALERMO – Per un imputato non c’è accordo sul patteggiamento, mentre il secondo è stato rinviato a giudizio. Udienza preliminare davanti al Gup Walter Turturici per lo scandalo “lavoro nero” al bar del Tribunale di Palermo.

Luisa e Vincenzo Torregrossa, ex gestori dei punti ristoro nel vecchio e nuovo Palazzo di giustizia – chiusi da tempo – sono accusati di capolarato. La donna aveva chiesto di patteggiare una condanna a un anno e nove mesi di carcere, ma la proposta non è stata accolta. C’era il consenso dei pm, ma il giudice non ha ritenuto di concedere le attenuanti generiche.

Il secondo imputato è stato rinviato a giudizio e il processo inizierà il prossimo 4 dicembre. Vincenzo Torregrossa ha fatto dichiarazione spontanee, spiegando che dal 2015 non si è più occupato della società.

Secondo il procuratore aggiunto Annamaria Picozzi e i sostituti Eugenio Faletra e Sergio Mistritta, i due imputati avrebbero sfruttato undici impiegati, pagati per 4 ore mentre in realtà avrebbero lavorato anche più del doppio. Non solo: i lavoratori sarebbero stati costretti a restituire parte dello stipendio dichiarato nella busta paga e non avrebbero goduto dei riposi e dei permessi per ragioni di salute.

A gestire i due bar era la Solemar srl. Respinta anche l’istanza della difesa, secondo cui la vicenda avrebbe dovuto essere trattata solo dal Tribunale del lavoro, davanti a cui pende una causa, e non in sede penale.

L’inchiesta era partita dopo la denuncia televisiva fatta da due delle lavoratrici (assistite dagli avvocati Claudio Gallina Montana e Valeria Minà), che si erano rivolte al programma “Le Iene”. Poi sono arrivate le denunce di altri 9 lavoratori, parte civile con l’assistenza degli avvocati Antonio Tito, Anna Cucina, Ersilia Bottiglieri, Roberto Cianciolo, Alessandra Nocera, Alessandro Romano.


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