Palermo, "vi dico tutto": confessioni di un mafioso e trafficante

“Vi dico tutto”: confessioni di un mafioso e trafficante di droga

"L'ho fatto per necessità", così inizia il racconto di Antonino La Vardera

PALERMO – “L’ho fatto per necessità, non voglio entrare nel vittimismo, però purtroppo l’ho fatto”. Inizia così la confessione di Antonino La Vardera. Una confessione che ha convinto la Procura di Palermo a dare parere favorevole alla concessione degli arresti domiciliari. Si trovava in carcere dalla scorso maggio. Un ritorno in cella il suo, visto che vent’anni fa era finito nei guai per mafia.

I pubblici ministeri gli contestano il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. La Vardera, però, nega di avere guidato un’organizzazione. Conferma invece di essere stato in affari con un altro pregiudicato per mafia, Rosario Tinnirello: “Abbiamo purtroppo, sbagliando, effettuato questo genere di situazioni però voglio precisare che per quanto riguarda il signore straniero, algerino, sono state soltanto chiacchiere non si è arrivato a nessunissima conclusione di niente”.

Sta parlando di Youcef Lounis, trafficante di grosso calibro. Un volto noto e braccato in mezza Europa. Vestiti di lusso, viaggi e soprattutto telefonini impossibili da intercettare. “Un cervellone”, lo definivano gli indagati. “L’abbiamo conosciuto tramite una persona di Napoli – spiega La Vardera – che nell’epoca che girava poco di questa situazione… di hashish, ci informava che c’era questa persona”.

Per contattarlo usarono “un telefonino col codice che ci aveva dato… un telefonino normale ma aveva un codice che facendo quel codice praticamente rispondeva lui”. Il 10 gennaio 2020 Tinnirello e La Vardera lo accolsero all’aeroporto di Punta Raisi: “Questo qui scende a Palermo, intanto parlava di cose astronomiche, di far organizzare prima a Bergamo, una situazione su Roma, poi una situazione per la Spagna, il discorso è morto lì”. L’accordo proposto dal trafficante prevedeva “due milioni subito e poi entro una settimana doveva avere la rimanente parte dei soldi”.

Viaggiava a livelli inarrivabili per il palermitani: “Lui nemmeno si voleva togliere il cappotto perché il cappotto valeva più della macchina… per portarlo fuori a mangiare ci vogliono 5.000 euro… ogni bottiglia di vino non meno di 500 euro”, riferisce nel corso dell’interogatorio reso davanti al giudice per le indagini preliminari Lirio Conti, in presenza del pubblico ministero Maria Rosaria Perricone e del suo legale, l’avvocato Jimmy D’Azzò.

Meglio ripiegare, racconta La Vardera, sulla sicura rotta campana: “Andrea Esposito viene da Napoli e arriva al deposito che aveva Tinnirello in via del Levriere… Tinnirello si è messo sopra con lui e l’ha portato dentro”. Nel parcheggio lavorava Edoardo Ciotti, “ci serviva per smistare quello che avevamo, lavorava, se di lavoro si può chiamare”.

Poi parla di una figura misteriosa, un personaggio con cui “ci siamo visti di presenza a Napoli sulla zona del Porto. Noi quando avevamo bisogno di qualche cosa andavano a trovare questa persona e lui ci metteva nelle condizioni di poter avere il 10-20 kg”. La droga viaggiava anche sui camion di autotrasportatori compiacenti.
La Vardera tira in ballo anche altri indagati: “Giuseppe Urrata è venuto per bene da 20 kg di fumo”, “Con Di Stefano (Giovanni Di Stefano, ndr) parlavamo di 5 chili, 7 chili, 10 chili”… aspettavamo che arrivava perché nemmeno volevamo sapere quando arrivava perché è una responsabilità quando arrivava… il tempo di piazzarla a Palermo… purtroppo una cosa che a macchia d’olio magari può sembrare chissà che cosa 200 chili di fumo sono bazzecole a Palermo”.

Ne parla alla luce della sua esperienza criminale: “Io sono stato condannato vent’anni fa per 416 bis e quindi purtroppo so benissimo il mondo e noi eravamo piccola cabotaggio”. Due giorni fa La Vardera è stato convocato dal pubblico ministero Giovanni Antoci per un nuovo interrogatorio. Ha approfondito alcune vicende ed è arrivato il via libera agli arresti domiciliari concessi dal gip.


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