L'ultima stretta di mano, poi la morte: 14 anni fa l'omicidio Fragalà

L’ultima stretta di mano, poi la morte: 14 anni fa l’omicidio di Enzo Fragalà

Enzo e Marzia Fragalà
Il ricordo della figlia del penalista

PALERMO – “Sono sicura che hai sentito l’ultima volta la mia mano stretta alla tua e hai lottato con tutte le forze che ti rimanevano, perché la tua voglia di vivere era più forte di tutto, più forte del male. Non volevi staccarti da noi, lo so, altrimenti non avresti resistito un giorno in quelle condizioni”. Marzia Fragalà affida a un post il ricordo del padre, l’avvocato Enzo Fragalà, nel quattordicesimo anniversario del suo barbaro assassinio.

Era il 26 febbraio 2010, dopo tre giorni di agonia Fragalà si spense in un letto di ospedale. Ci sono quattro colpevoli con condanne definitive: Antonino Abbate (30 anni), Francesco Arcuri (24 anni), Salvatore Ingrassia (22 anni) e Antonio Siragusa (14 anni).

Il movente dell’omicidio è stato rintracciato nell’attività professionale del noto penalista palermitano: “Intento precipuo dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra era quello di impartire una punizione al professionista, ‘reo’ di aver assunto in procedimenti penali per reati di mafia posizioni non conformi agli interessi del sodalizio e per ciò appellato quale ‘sbirro’”.

Fragalà era considerato un avvocato “sbirro” perché difendendo al meglio i suoi assistiti finiva per danneggiare gli interessi di Cosa Nostra. La sua punizione doveva suonare come un avvertimento per l’intera avvocatura palermitana.

Siragusa si autoaccusò di avere chiamato lo studio Fragalà per verificare i movimenti dell’avvocato. Era stato lui ad accompagnare con la sua Smart Abbate in via Nicolò Turrisi. Quest’ultimo indossò il casco e bastonò la vittima. Ricordò di avere chiesto ad Abbate “perché dovevamo andarci noi e non potevamo mandare qualcuno. Lui rispose che doveva farlo personalmente perché ‘Fragalà invece di fare l’avvocato, faceva il carabiniere’”.

Fragalà assisteva Salvatore Fiumefreddo e Vincenzo Marchese, considerati prestanome del boss Nino Rotolo. Durante l’arringa difensiva – avvenuta quattro giorni prima dell’agguato – Fragalà citò la lettera che Antonietta Sansone (moglie di Rotolo) scrisse a Marchese per scusarsi del suo coinvolgimento nelle vicende giudiziarie.

E così scattò la punizione. Si mossero gli uomini di Porta Nuova che finirono per fare un favore anche ai rotoliani. La punizione diventò un massacro, vista la ferocia con cui furono inferti i colpi di bastone.


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