Palermo, "ha negato il pizzo": consigliere comunale indagato

Palermo, “ha negato il pizzo”: consigliere comunale indagato

La vicenda riguarda la vendita di un immobile a Brancaccio. "Nessuno mi ha avvicinato"

PALERMO – Il consigliere comunale Gianluca Inzerillo, capogruppo di Forza Italia a Sala delle Lapidi, è indagato per favoreggiamento. Avrebbe negato di avere subito una richiesta estorsiva da due mafiosi. Inzerillo esclude categoricamente ogni suo coinvolgimento.

La requisitoria dei pm

La circostanza è emersa lo scorso 26 settembre durante la requisitoria dei pubblici ministeri al processo sulla mafia di Brancaccio. Inzerillo è stato iscritto nel registro degli indagati assieme ad altre 34 persone dopo essere stato denunciato dai poliziotti della squadra mobile. Il suo nome compare nella lunghissima requisitoria scritta consegnata dai pm al giudice.

Ipotesi caduta al Riesame

Sarebbero stati Girolamo Celesia e Gaspare Sanseverino a costringere Inzerillo a pagare una somma imprecisata di denaro a titolo di pizzo sulla vendita di un immobile di famiglia. Questa estorsione è caduta davanti al Riesame che ha accolto il ricorso dei legali di Celesia, ritenendo che non ci siano “elementi sufficienti e rassicuranti per ritenere che dopo l’individuazione dei soggetti privati interessati all’affare vi sia stata un’attività estorsiva ai danni di costoro”.

La requisitoria ha di fatto svelato che i pm ritengono di potere andare oltre questa valutazione. Ipotizzano addirittura che Inzerillo da persona offesa sia divenuta connivente.

Le intercettazioni

I fatti sono del 2020. Anche allora Inzerillo era consigliere e capogruppo di Sicilia futura, lo scorso giugno è stato confermato in Consiglio comunale, ma con Forza Italia. Celesia: “tu devi chiamare a lui Per questo di qua, stai facendo questa cosa, mettici quelli in più”.

Ad avvicinarlo sarebbe stato Sanseverino su ordine di Celesia: “No, tu devi chiamare a lui… per questo di qua… stai facendo questa cosa, mettici quelli in più”. E cioè, secondo l’accusa, i soldi che Inzerillo una volta incassati dal venditore avrebbe dovuto consegnare a Celesia.

Successivamente Sanseverino spiegava ad un uomo non identificato: “… lui mi ha detto ‘no mio padre se ne sta occupando’… però verso le 11 avvicino, tu appena arrivi…”. L’uomo rimasto anonimo rispondeva: “Chi te l’ha detto… il figlio? E vabbè acchiappiamo il padre qual è il problema”.

Al politico veniva rimproverato di volere fare l’operazione di nascosto: “Si vendono le cose sotto banco, si vendono i palazzi sotto banco”. Gli investigatori, nell’informativa, hanno sottolineato che non c’è la prova che il pizzo sia stato pagato, “ma appare chiaro che la richiesta estorsiva sia pervenuta al proprietario dell’immobile”.

Le parole dei pm

“Il consigliere comunale Inzerillo ha dichiarato di non aver subito richiesta di denaro – si legge nella requisitoria scritta che i pm hanno consegnato al giudice – a fronte della vendita dell’immobile avvenuta nei primi mesi del 2020 ed ha parimenti escluso che una simile richiesta possa essere stata rivolta al padre Michele. Il primo è stato iscritto per il reato di favoreggiamento”.

“Ribadisco: mai subito richieste estorsive”

Inzerillo affida ad una nota la sua articolata replica: “Apprendo con stupore da notizie giornalistiche di essere iscritto nel registro degli indagati per il reato di favoreggiamento. La notizia, in assenza di un formale avviso/informazione di garanzia, sarebbe stata svelata dai Pubblici Ministeri nell’ambito del processo, che si sta celebrando innanzi al G.U.P., ove sono stato citato quale persona offesa dal reato di tentata estorsione. Ho, pertanto, dato incarico al mio legale di fiducia di avanzare una istanza ai sensi dell’art. 335 c.p.p. per verificare la sussistenza di tale iscrizione.

Nel merito della vicenda ribadisco quanto dichiarato, a suo tempo, a sommarie informazioni agli organi inquirenti di non essere mai stato avvicinato dai quei soggetti del quartiere che ho riconosciuto nelle fotografie esibitemi e con le quali non ho mai intrattenuto nessun tipo di rapporto e, di non avere mai ricevuto richieste di alcun tipo e men che meno di tipo estorsivo.

Non è un caso che nelle intercettazioni captate dagli inquirenti vi sia la totale assenza di un mio coinvolgimento.  

Così come non è un caso che il Tribunale del riesame che si è pronunciato sull’episodio – nell’ambito del processo ove sono persona offesa – ha affermato che “quanto alla estorsione, nella forma tentata, va rilevato che le conversazioni in atti descrivono una attività preparatoria dei membri del sodalizio volta ad acquisire informazioni su soggetti che, in zona di loro competenza, stavano realizzando una operazione commerciale. Non vi sono, però, sufficienti e rassicuranti elementi per ritenere che dopo la individuazione dei soggetti privati interessati all’affare vi sia stata una successiva attività estorsiva in danno di costoro”.   

 Ribadisco, ancora una volta, che né io né mio padre abbiamo ricevuto alcuna forma di intimidazione. 

Voglio, infine, riaffermare da cittadino e da rappresentante politico la mia totale e concreta avversione nei confronti del fenomeno mafioso in tutte le sue forme e manifestazioni e, che, se avessi subito anche solo minacce o intimidazioni da soggetti appartenenti a tale sodalizio mi sarei, immediatamente, rivolto all’ autorità giudiziaria verso la quale, riponendo massima fiducia, mi pongo a totale disposizione.


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