Palermo, mafia: processo agli scappati, chi sono i boss condannati

Mafia, processo agli “scappati”: condannati vecchi e nuovi boss

L'elenco si apre con i cugini Inzerillo

PALERMO – L’accusa in appello regge. A pochi giorni dal blitz che ha svelato il perdurare dei rapporti fra le famiglie mafiose palermitane e quelle americane i giudici hanno inflitto una pesante condanna agli “scappati” tornati in Sicilia e arrestati nel 2019. A cominciare dai cugini Tommaso e Franco Inzerillo, boss di Passo di Rigano. La sentenza è stata emessa lo scorso 9 novembre dalla Corte presieduta da Vittorio Anania e conferma il verdetto di primo grado.

Franco u truttaturi

Francesco Inzerillo è uno dei figli maschi, l’altro è Rosario, di Giuseppe, sopravvissuti alla guerra di mafia degli anni Ottanta. Il fratello Totuccio fu uno dei primi a cadere sotto i colpi dei corleonesi. Francesco Inzerillo, ‘u truttaturi, fino al nuovo arresto da parte della polizia era sempre uscito indenne dai processi per mafia. Coinvolto nel 1988 nell’operazione Iron Tower, è stato assolto nel 1999 dal reato di associazione mafiosa. Nel 1997 fu espulso dagli Stati Uniti e arrestato al momento del suo arrivo a Roma. Nel 2006 di nuovo in cella nel blitz “Gotha” e la condanna a dieci anni e mezzo, in primo e secondo grado.

La Cassazione annullò il verdetto. Fu necessario celebrare un nuovo processo di appello, al termine del quale i giudici scrissero che “non appare delineabile una sicura compenetrazione dinamica dell’Inzerillo in Cosa Nostra, atteso pure che dai servizi di osservazione, si evidenziavano soltanto sporadici incontri dell’imputato proprio con quei soggetti, per lo più suoi parenti, che venivano direttamente ad interessarsi della questione dell’allontanamento dalla Sicilia”.

Tamì il vecchio

Tommaso Inzerillo, soprannominato Tamì, già nel 1980 si rese irreperibile quando gli agenti andarono a bussare alla porta di casa sua con un mandato di arresto firmato dall’allora giudice istruttore Giovanni Falcone. Le accuse: associazione a delinquere finalizzata all’esportazione di valuta e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Qualche anno dopo lo scovarono nella Repubblica Dominicana. Nell’ottobre del 2005 gli fu concesso il regime della semilibertà, ma un anno dopo era di nuovo in carcere. Fu condannato a 10 anni, ma evitò l’ergastolo per l’accusa di avere attirato in trappola i parenti Pietro e Antonio Inzerillo, dandoli in pasto ai corleonesi in cambio della sua stessa vita.

Libero dal 2013, così sarebbe emerso dalle nuove indagini e dal racconto dei collaboratori di giustizia, avrebbe affidato a Buscemi il compito di partecipare alla riunione della nuova cupola convocata nel 2018. Anche Buscemi, volto noto, ha evitato l’ergastolo. Fedelissimo di Totò Rina, arrestato la prima volta nel dicembre 1994, dopo un periodo di latitanza, era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giovanni Giordano, di cui aveva anche sciolto il cadavere nell’acido. Il 6 aprile 2018, l’inaspettata decisione di commutare il carcere a vita in una condanna a trent’anni. Giuseppe Spatola, pure lui condannato e genero di Tommaso Inzerillo, lo paragonava ad un altro pezzo grosso: “… minchia mi piace… per me Giovanni è tipo mio zio Franco, un altro mio zio Franco”.

Gli scappati e gli altri condannati

L’elenco degli imputati e le condanne: Paolina Argano 1 anno e 6 mesi di reclusione, Alfredo Bonanno 2 anni e 4 mesi, Giovanni Buccheri 3 anni, Giovanni Buscemi 14 anni, Veronica Cascavilla 2 anni e 4 mesi, Santo Cipriano 10 anni e 8 mesi, Antonio Di Maggio 10 anni e 8 mesi, Antonino Fanara 11 anni e 4 mesi, Francesco Inzerillo 11 anni e 4 mesi, Tommaso Inzerillo 16 anni, Salvatore Lapi 2 anni e 2 mesi, Tommaso La Rosa 3 anni, Giuseppe Lo Cascio 10 anni 8 mesi, Alessandra Mannino 2 anni e 2 mesi, Alessandro Mannino 18 anni e 6 mesi (in continuazione con una precedente condanna), Benedetto Gabriele Militello 11 anni e sei mesi, Rosalia Purpura 2 anni e 2 mesi, Giuseppe Sansone 11 anni e 8 mesi, Giuseppe Spatola 12 anni.

Confermati i risarcimenti per le parti civili: Centro Pio La Torre, Sicindustria, Confesercenti, associazione Antonino Caponnetto, Solidaria, Federazione antiracket, Sos Impresa


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