Palermo, scalata "mafiosa": bar e case, confisca da 7,5 milioni

Palermo, scalata “mafiosa”: bar e case, confisca da 7,5 milioni

La scalata imprenditoriale al fianco dei boss
MISURE DI PREVENZIONE
di
2 min di lettura

PALERMO – “Aveva il banco del totonero nella zona di Corso dei Mille”, raccontò il pentito Andrea Bonaccorso, il primo a fare il nome di Enrico Splendore. Erano gli anni in cui le scommesse sportive venivano raccolte in maniera clandestina. Non c’era ancora stato il boom delle agenzie, poi spuntate ad ogni angolo di strada.

Da quelle prime dichiarazioni ora si è arrivati alla confisca del patrimonio di Splendore, originario di Villabate. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della difesa. Diventa definitivo il provvedimento della sezione Misure di prevenzione.

Passano definitivamente al patrimonio dello Stato il “Bar Splendore” di viale Amedeo d’Aosta a Palermo, intestato alla moglie di Splendore, Giuseppina Di Filippo, conti correnti e immobili nelle vie Messina Marine, Enrico Hassan e Salvatore Cappello.

Splendore ha accumulato una fortuna gestendo, accanto ad una serie di agenzie regolari, un giro di scommesse clandestine. Nel 1990 è stato condannato per esercizio di giochi d’azzardo. Le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica hanno fatto emergere le “sistematiche relazioni – così le definiscono i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria – con diversi soggetti avvicendatisi nel tempo ai vertici delle cosche mafiose di Brancaccio, Corso dei Mille e Villabate, zone geografiche dove l’imprenditore ha concentrato i suoi interessi, anche legali (tra questi il Bar Splendore, nel rione Settecannoli”. Una scalata all’ombra del boss di corso dei Mille, Pietro Tagliavia.

Al totonero presto si aggiunsero i videopoker. Quando i boss della zona capirono che con le macchinette mangiasoldi si potevano fare grossi affari “allora i reggenti – ha messo a verbale Bonaccorso nel 2013 – mio cugino Fabio Scimò per la famiglia di Corso di Mille e per Brancaccio Fedele Battaglia e Andrea Adamo… allora è stato deciso… abbiamo estromesso sia Franco Nangano che Enrico Splendore e invece Franco Colletti è rimasto, aveva una quota con queste macchinette”.

Sono tutti nomi di peso in Cosa Nostra. La sera del 16 febbraio 2013 i sicari uccidevano Nangano all’uscita di una macelleria di via Messina Marine. Colletti, boss di Villabate e membro della nuoca cupola, ha deciso di collaborare con la giustizia. Scimò lo scorso aprile è stato condannato ad oltre 22 anni di carcere.

I finanzieri del Nucleo, guidati dal colonnello Gianluca Angelini, dopo avere analizzato anche le dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia, Stefano Lo Verso, hanno setacciato i conti della famiglia Splendore. Hanno trovato una sperequazione fra i redditi leciti e gli investimenti.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI