Pizzo a tappeto, una manciata di denunce. Troppa contiguità - Live Sicilia

Palermo, mafia: se il pizzo si paga perché conviene

Le denunce restano pochissime

PALERMO – A Palermo si continua a pagare il pizzo e le denunce restano pochissime. Sono due punti fermi di un’amara analisi. La nota positiva è che finalmente ci si interroga sul perché si paga. Prima c’era la paura, ma ora non è la sola causa e probabilmente neppure la principale.

Il risultato è che ci sono decine di commercianti e operatori economici che rischiano l’incriminazione per favoreggiamento. Con il loro silenzio aiutano i mafiosi che riscuotono il pizzo, alimentano la macchina del racket. Un silenzio diffuso che per ultimo si sta registrando fra Brancaccio e Ciaculli dove al potere erano tornati gli eredi di Michele Greco, il ‘papa’ di Cosa Nostra.

Va sgombrato innanzitutto il campo da un equivoco di fondo. Tutti, stampa inclusa, devono recitare il mea culpa. Non c’è stato un periodo in cui il pizzo si pagava a tappetto e un altro caratterizzato da una ribellione di massa, seguita oggi da un ritorno al silenzio. Le denunce sono state sempre poche rispetto ai numeri endemici del fenomeno racket.

Ci sono vicende che restano isolate. Come quella dell’ottobre 2020 al Borgo Vecchio. In diciotto si ribellarono al giogo mafioso, molti però erano operatori commerciali che non lavoravano nel quartiere in pianta stabile. Come isolato è il no al racket dei commercianti bengalesi di via Masqueda del 2019. A riportarci alla realtà c’è il caso Ciaculli-Brancaccio: 50 estorsioni tentate e consumate, zero denunce.

Altro blitz a San Lorenzo, altro deserto o quasi di denunce nonostante i venti casi accertati. L’elenco delle parti civili nei processi finisce così per essere zeppo di enti e associazioni e vuoto, o quasi, di operatori economici.

Accade che alcuni commercianti si preoccupino di non figurare nel “libro mastro” delle estorsioni o addirittura offrano all’estorsore un escamotage per eludere eventuali controlli di polizia: uscire da un negozio con della merce in modo da potere giustificare la presenza in negozio.

Ci sono persone che pagano perché è più conveniente. Il boss del quartiere evita che qualcuno apra un negozio concorrente, gestisce un servizio recupero dei crediti molto più efficace e veloci delle vie legali, offre la possibilità di ottenere piccoli sub appalti.

Molti operatori economici sono essi stessi legati, vicini o imparentati con qualcuno arrestato nei blitz che si susseguono a ritorno costante. C’è contiguità e spesso familiarità nelle borgate cittadine. Il pizzo viene visto come un gesto di solidarietà, addirittura di appartenenza più che un sopruso qual è.

Hanno ragione allora i responsabili del comitato Addiopozzo quando dicono che “c’è chi paga per paura ma soprattutto c’è chi lo fa per convenienza economica e contiguità culturale”. Così come è pienamente condivisibile il ragionamento del Comitato che ebbe il coraggio, in tempi allora molto più bui di adesso sul fronte della lotta alla mafia, di mettere in dubbio la ‘Dignità’ di una intera cittadinanza piegata dalla mafia: “Il trend di collaborazioni e denunce è rimasto più o meno costante senza registrare diminuzioni o incrementi esponenziali”.

Se a questo si aggiunge che chi invece ha detto no al pizzo è costretto ad attendere tempi biblici per ottenere indennizzi e risarcimento ecco spiegato il motivo delle mancate denunce. “Lo Stato è assente”, ha detto senza troppi giri di parole l’avvocato Ettore Barcellona del Centro Pio La Torre davanti alla Commissione regionale antimafia.

Ed è davvero sacrilego che ciò accada in un momento storico in cui la mafia subisce il martellante lavoro di magistrati e forze dell’ordine.

Diventa fondamentale, oggi più che mai, chiedersi perché si continui a pagare il pizzo. Ha fatto bene nei giorni sorsi l’avvocato Fausto Maria Amato, componente del Comitato di Solidarietà per le vittime di racket e usura ad avviare un confronto fra gli operatori del settore e i rappresentanti dell forze dell’ordine. È una battaglia culturale e sociale che stiamo perdendo.


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