Palermo, fuoco e sangue allo Zen: nuovo arresto due anni dopo

Palermo, fuoco e sangue allo Zen: nuovo arresto due anni dopo

Nel marzo 2021 entrò in azione un comando di morte

PALERMO – A distanza di due anni c’è un nuovo arresto per la sparatoria allo Zen del marzo 2021. Due giorni fa, ma Livesicilia ha appreso la notizia solo ora, i poliziotti hanno arrestato Mirko Lo Iacono, 26 anni, per tentato omicidio. Alle indagini hanno partecipato anche i carabinieri.

Lo scorso luglio cinque imputati sono stati condannati a pene pesanti: Letterio Maranzano 12 anni, 5 mesi e 10 giorni; Nicolò Cefali, Pietro e Vincenzo Maranzano, 10 anni ciascuno, Giovanni Cefali 11 anni e 4 mesi.

Sarebbe stato un commando di morte ad entrare in azione. Il tentato omicidio è stato contestato con l’aggravante del metodo mafioso. Secondo i pm, si è trattato di una “faida per il controllo del territorio”. “La finisci di insultarlo, quando dici tu la finisci”, iniziò con queste parole la folle giornata dello Zen ricostruita dai pubblici ministeri Giovanni Antoci ed Eugenio Faletra.

Un ruolo avrebbe avuto anche Lo Iacono. Alla sua identificazione si è giunti dall’analisi delle immagini di alcune videocamere e dal racconto di una testimone. Una donna, infatti, decise di aiutare i poliziotti. Non correva buon sangue fra le famiglie Maranzano e Colombo. I Maranzano erano venuti a conoscenza che i Colombo speravano che andassero via dal quartiere per i loro metodi violenti.

Alle 10 del mattino…

Così gli investigatori ricostruirono i fatti. Alle 10 del mattino Giuseppe, Antonio e Fabrizio Colombo hanno appena finito di fare colazione al bar. All’uscita incontrano i fratelli Letterio e Pietro Maranzano. Davanti all’ingresso c’è anche Giovanni Cefali. Antonino Colombo gli dà una piccola spallata. Pietro Maranzano inizierebbe ad offenderlo: “… testa di m… la finisci di insultarlo, quando dici tu la finisci”. Fabrizio Colombo replica: “Ma perché ti stai immischiando se loro hanno sempre scherzato”.

Giuseppe Colombo sale in macchina e si accorge che un’Audi Q3 ha bloccato la macchina di Fabrizio. Fa inversione di marcia. Cefali colpisce con una testata Fabrizio Colombo. Iniziano a darsele di santa ragione. Giuseppe Colombo interviene e li divide. I Maranzano si radunano insieme ad altre persone nel negozio di frutta e verdura del padre: “Questa sera o con le buone o con le cattive i Colombo se ne devono andare dallo Zen altrimenti ci spariamo”.

L’appuntamento

Quindi sul telefono di Antonino Colombo giunge una chiamata. Qualcuno gli dà un appuntamento. “Vediamo se ce ne fanno andare”, aggiunge Colombo. Ad attendere i Colombo in via Filippo Patti c’è Giovanni Cefali. Arrivano i Maranzano e altre persone a bordo di cinque macchine e diversi scooter. Letterio Maranzano colpisce con una testata Giuseppe sulla fronte. I figli lo soccorrono. Poi i Maranzano iniziano a sparare. Giuseppe Colombo viene colpito agli arti inferiori e superiori, Antonio al gluteo. Sull’asfalto restano bossoli e ogive di tre pistole calibro 9×21, 7.65 e calibro 40. I Colombo restano vivi per miracolo.

“Non c’entro nulla”

Anche nei confronti di Lo Iacono il tentato omicidio viene contestato con l’aggravante di mafia. Ieri nel corso dell’interrogatorio l’indagato ha confermato che si trovava al bar quel giorno, ma non c’entra nulla. Conosce gli imputati, ma nulla sa di cosa sia accaduto.

C’è anche un altro episodio, la cui ricostruzione non ha però convinto il giudice per le indagini preliminari Filippo Serio che ha formato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Alcuni mesi dopo il tentato omicidio furono esplosi dei colpi di pistola contro l’abitazione dei Colombo. È stata usata la stessa arma di marzo, ma l’ipotesi che a fare fuco sia stato Lo Iacono non ha convinto il Gip. Serve un supplemento di indagini.


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