PALERMO – Un tentativo maldestro di metterci una pezza. O, peggio, di intorbidire le acque, di inquinare le prove. C’è un giallo nella storia dell’inchiesta costata gli arresti domiciliari alla musicista Marianna Musotto per istigazione alla corruzione.
Quando i pubblici ministeri di Palermo avevano già chiesto al giudice per le indagini preliminari di emettere una misura cautelare è successo un fatto strano.
L’arrivo alla stazione dei carabinieri
Il 28 febbraio scorso, dieci mesi l’avvio dell’inchiesta nata dalla denuncia presentata in aprile da Raoul Russo, capo della segreteria tecnica dell’assessore regionale al Turismo Manlio Messina, un uomo si presenta alla stazione dei carabinieri di Collecorvino, paesino abruzzese in provincia di Pescara.
Parla il compositore
È il compositore Sergio Rendine. Era previsto un suo ruolo di primo piano nel progetto musicale che Musotto avrebbe cercato di farsi finanziare dalla Regione promettendo, secondo l’accusa, una tangente da 50 mila euro. Un regalo per l’assessore Messina o per il suo partito, Fratelli d’Italia.
Rendine deposita in caserma una dichiarazione in cui sostiene che a scrivere il messaggio, tra quelli svelati da Livesicilia lo scorso ottobre, in cui si parlava dei 50 mila euro non è stata Musotto, ma egli stesso usando il telefonino della donna.
Le sue parole vengono bollate come “davvero inverosimili”. Un tentativo maldestro “e mal riuscito di mitigare la gravità della posizione e delle condotte della Musotto”.
“Auto tassazione per Fratelli d’Italia”
Nella dichiarazione Rendine sostiene che su suggerimento di un soggetto, di cui però non ha svelato l’identità, invitò Luigi Lanzillotta, direttore dell’orchestra “Roma sinfonietta” che avrebbe dovuto suonare le musiche di Morricone nei parchi archeologici siciliani, a presentare un progetto non gonfiato, ma con prezzi reali per poi chiedere agli artisti di rinunciare a una parte del loro guadagno. Una autotassazione fino a raggiungere l’importo di 50.000 euro da donare al partito Fratelli d’Italia, vicino alle loro posizioni politiche.
“Nulla di illecito”
Nulla di illecito, dunque. Rendine si è assunto la paternità del messaggio chiave dell’inchiesta. Lo ha inviato lui all’insaputa di Marianna Musotto. Ha aggiunto di averlo fatto buona fede, di non avere compreso la natura illecita di ciò che stava facendo, ritenendo giusto supportare finanziariamente un partito.
“Racconto inverosimile”
Gli era stato detto che Fratelli d’Italia “navigava in cattive acque in Sicilia”. E che non ci fosse stato nulla di illecito lo dimostrerebbe la disponibilità degli organizzatori ad emettere una fattura intestata al partito.
Il suo racconto viene giudicato “del tutto inverosimile”, addirittura “frutto della volontà di Rendine, della Musotto e forse di altri soggetti a vario titolo coinvolti nella grave vicenda di inquinare il quadro probatorio”.