PALERMO – Due pentiti, due storie collegate all’omicidio di Emanuele Burgio, assassinato un anno e mezzo fa alla Vucciria. Giovanni Ferrante dell’Acquasanta (leggi: faccia a faccia fra boss pentiti, “Buffone”, “munnizza”) racconta che un anno prima di essere arrestato, dunque nel 2019, sarebbe stato avvicinato da Domenico Romano.
E cioè uno dei tre imputati, insieme a Matteo e Giovan Battista Romano (sono tutti parenti), per omicidio volontario.
Domenico Romano aveva necessità di recuperare tre pistole da un soggetto di Bolognetta che bazzicava in via Montalbo. Alla fine ne ottenne indietro soltanto due. Ferrante, ma è una sua considerazione personale, collega la storia delle pistole al delitto Burgio che, però, è stato commesso a maggio 2021.
Il secondo pentito è Alessio Puccio di Porta Nuova. Riferisce che il giorno che arrivò in carcere Domenico Romano sentì che chiedeva ad alta voce se ci fossero persone del Borgo Vecchio. Temeva ritorsioni da parte dei Burgio. Il padre di Sergio, Filippo, è stato condannato per mafia.
Ha anche deposto un carabiniere che ha indagato sulla vittima. Ed è emerso che Burgio si occupava di traffico di droga in un contesto ambientale dove vale la legge del più forte. (Leggi: pistola in pugno e caccia al figlio del boss ucciso). I legali della difesa, gli avvocati Raffaele Bonsignore, Vincenzo Giambruno e Giovanni Castronovo, sostengono che i Romano reagirono ad un’aggressione subita da Burgio.