Palermo, il pentito: "Tassa sullo spaccio di droga". E il boss è libero

Palermo, il pentito: “Tassa mafiosa sulla droga”. E il capo è libero

Il retroscena del blitz alla Vucciria

PALERMO –“A Borgo Vecchio possono spacciare, ma il materiale lo devono comprare da me, inteso da chi fa da riferimento nella famiglia del quartiere. C’è sempre u scimunito che si vende qualcosa di nascosto la sera. Se lo troviamo lo prendiamo a schiaffi o a cazzotti“. Così il pentito Filippo Di Marco ha svelato la gestione degli stupefacenti targata Cosa Nostra. La regola vale anche alla Vucciria, quartier generale dell’ultima associazione scoperta dai carabinieri e guidata da Leonardo Marino. La Procura ha chiesto e ottenuto ieri, martedì 23 gennaio, l’arresto di nove persone.

La legge della violenza

Da “soldato” di Cosa Nostra a collaboratore di giustizia in appena otto mesi. Senza neppure essere stato arrestato. Di Marco conosce il sottobosco degli stupefacenti, dove vale la legge del più forte: “Ad uno della Marinella lo abbiamo preso a schiaffi. Eravamo in corso Scinà ed eravamo io e anche Leo (Leonardo Marino ndr). Gli ho dato degli schiaffi. Gli abbiamo detto che non si doveva permettere di spacciare li di nascosto. Si capiva che essendo chi eravamo noi e che si trattava di chiedere la autorizzazione. Ma non lo abbiamo detto apertamente”.

“Li abbiamo picchiati”

“Negli otto mesi in cui sono stato operativo non ho mai visto spacciatori autorizzati vendere droga diversa – ha aggiunto -. Quello che può succedere è che si prendevano, ad esempio, anziché 20 grammi, solo 10 grammi al prezzo che praticavamo noi e poi altri 10 da fornitori più convenienti. In modo tale che potevano spacciare sul territorio, perché ci volevano fare credere che la droga che trattavano era solo la nostra. Se poi se ne accorge qualcuno, poi il pusher viene picchiato“. Come accadde a due pusher che “erano andati a comprare la droga ai Danisinni.

Leonardo Marino gestiva lo spaccio, ma anche lui – nipote di Teresa Marino, la moglie del capomafia Tommaso Lo Presti – doveva rispondere agli ordini di un personaggio oggi a piede libero. Si tratta di Giuseppe Di Giovanni, boss di Porta Nuova e fratello di Tommaso e Gregorio, scarcerato a luglio scorso per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Per gli stessi uomini del clan era “un pilastro”.

In una conversazione intercettata Giuseppe Incontrera, successivamente assassinato alla Zisa, ricordava a Marino che godeva di una certa autonomia grazie al suo intervento. Incontrera aveva convinto
Di Giovanni a “mollarlo” per dargli la possibilità di “lavorare” in un’altra zona, in modo da pagare i “picciotti”. Per ciascuna delle piazze gestite Marino avrebbe pagato 300 euro a settimana.


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