Palermo, Salvini e Musumeci: gli incubi del centrodestra

Palermo, Salvini e Musumeci: gli incubi del centrodestra

Le dichiarazioni del leader leghista a Palermo. Ma il quadro non offre molte speranze.
PALERMO 2022
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“Io sono un sogno per alcuni, un incubo per altri”, dice di sé il Mago Merlino in ‘Excalibur’. Così è Palermo. Un incubo per il centrodestra che si è incartato nella partita del candidato sindaco, in stretta correlazione con la sfida per la presidenza della Regione. Un sogno sempre più concreto per il centrosinistra del post Orlando che si affida a Franco Miceli: vuoi vedere che vinciamo – è il ragionamento che serpeggia sotto quelle bandiere – se questi insistono a dividersi? E che insistano a dividersi, fino ad arrivare ognuno per sé alla competizione, è oggi un’ipotesi verosimile.

Matteo Salvini – oggi a Palermo per la vicenda ‘Open Arms – lo sa ed è una consapevolezza che si riflette nelle sue dichiarazioni e nei pensieri a margine del processo: “Qualcuno dovrà fare un passo indietro. Al momento ci sono quattro candidati. Per noi Francesco Scoma è il migliore candidato”. E ancora: “Dell’Utri parla a titolo personale, non mi sembra che rappresenti nessuno”, un commento alle recenti dichiarazioni dell’ex senatore che, tra l’altro, vedrebbe in Nello Musumeci il cavallo di razza su cui puntare per Palazzo d’Orleans. Infine, ai suoi: “Considerando l’incertezza per le elezioni regionali concentriamoci sulle comunali di Palermo, la quinta città d’Italia per noi importante”.

Tutte cose che LiveSicilia ha raccontato. Nodi irrisolti, in attesa di un nuovo vertice che viene dato per risolutivo, come gli altri che, invece, non hanno risolto un bel niente. E che confermano l’intreccio di non facile soluzione, un vero e proprio enigma. La ricandidatura di Musumeci, in un contesto frammentato in cui i meloniani non condividono alcun tavolo, toglie una pedina dal gioco. Da qui la necessità tattica dei leghisti che puntano forte su Palermo, intanto per ribadire un principio. Ma su Palermo c’è pure il forzista Francesco Cascio, c’è Carolina Varchi per Fdi, c’è il moderato Roberto Lagalla e c’è il ‘quinto moschettiere’, l’autonomista Totò Lentini. Cascio viene dato in pole, Varchi ha Giorgia Meloni, ma anche Lagalla e Lentini non sono privi di argomenti. Nessuno, in un panorama nazionale e locale a chiazze, vuole compiere un passo indietro.

In più gli stessi partiti non sono affatto coesi. Delle lacerazioni in Forza Italia si sa, ma anche tra i leghisti c’è che preferirebbe Lagalla, oppure Cascio. Un insieme di scatole cinesi che i pontieri – Nino Minardo per i salviniani, Saverio Romano e Totò Cuffaro per il centro variamente declinato – stanno tentando di mettere in ordine. Cuffaro, tuttavia, ammette: “Sono scoraggiato, mi sembra che la ricerca dell’interesse personale stia facendo perdere di vista l’interesse collettivo. Alla fine perderemo tutti”. Ecco perché Palermo somiglia a un incubo per chi era già quasi certo della conquista.


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