Palermo, truffa alla scuola Falcone dello Zen: gli altri indagati

Truffa alla ‘Falcone’: “Devo andare in carcere?”. Gli altri prof indagati

Avrebbero falsificato le firme dei ragazzi

PALERMO – Undici sequestri. Piccole somme, che però hanno un forte valore simbolico. Oltre a Daniela Lo Verde e Daniele Agosta, ex preside e vice preside della scuola “Giovanni Falcone” del rione Zen di Palermo, il provvedimento del giudice per le indagini preliminari Elisabetta Stampacchia riguarda altri professori.

Avrebbero tutti contribuito alla truffa di cui l’artefice sarebbe stata l’ex dirigente scolastica sotto accusa per corruzione e peculato. I pm Amelia Luise e Calogero Ferrara della Procura europea contestano la mala gestio dei fondi destinati alla scuola della periferia palermitana.

Dalle indagini venne fuori che Lo Verde si sarebbe anche appropriata di tre iPhone (poi restituiti) e del cibo destinato alla mensa degli alunni. I carabinieri immortalarono la dirigente mentre usciva con i sacchetti della spesa dalla scuola.

Nel corso delle indagini l’ex dirigente scolastica, che fino quando non finì sotto inchiesta era in prima linea nell’impegno per la legalità, ha anche risarcito danni per circa 20 mila euro.

Una professoressa si era rivolta ai carabinieri del Nucleo investigativo consegnando il file audio di una conversazione con una collega. Nella registrazione si sentiva la docente parlare di irregolarità.

Poi sono arrivate le conferme di un’altra professoressa. Disse che era un’abitudine raccogliere le firme di presenza dei ragazzi che in realtà disertavano i progetti organizzati dalla scuola. Senza presenze non sarebbero arrivati i finanziamenti.

I professori indagati

I sequestri riguardano docenti, esperti e tutor: Daniele Agosta 3.900 euro, Alessio Cacciato 1.178 euro, Antonio Cuccia 3.900, Calogera Ognibene 924 euro, Domenico Montalto 468 euro, Alida Ippolito 1.100 euro, Rosalba Pizzolato 462 euro, Giuseppe De Luca 1.048 euro, Silvana Agugliaro 2.099 euro. Gloria Lo Greco 663 euro. Giovanna Trapani 449 euro.

A questi vanno aggiunti i soldi già eventualmente liquidati a Daniela Lo Verde per un progetto finanziato con 6.400 euro.

Di fondi europei ne sono arrivati parecchi nella scuola di uno dei quartieri più difficili della città. Hanno davvero inciso sulla crescita dei ragazzi? I titoli scelti sembravano promettere bene: “Giochiamo insieme divertendoci e imparando”, “Voglio andare in biblioteca”, “Cresco nel rispetto”, “Campioni nella vita e nello sport”.

Il punto è che, secondo l’accusa, alle belle parole non sarebbero seguiti i fatti. I corsi sono stati disertati dagli studenti. Per rimediare e incassare i fondi a scuola avrebbero fatto carte false.

Preside e vice preside avrebbero firmato i fogli di presenza al posto degli studenti. Bisognava fare attenzione, però. Lo Verde invitava Agosta ad essere prudente: “Questo bambino guarda come firma qua… improvvisamente poi impara a scrivere in corsivo… questo non si può guardare…”.

Troppo rischioso: “Io me ne devo andare in carcere per forza?... quindi li togli tutti… li ristampi e li ricarichi tutti… è palese che è la stessa mano che firma”. La mano di un professore e non di un ragazzo, sostiene l’accusa. Gli investigatori avrebbero scoperto una connivenza collettiva all’interno della scuola che porta il nome del magistrato ucciso dalla mafia.

La Procura europea avrebbe voluto che ai professori venisse applicata una misura cautelare, ma ormai è trascorso troppo tempo. Il gip non valuta il profilo disciplinare ma la salvaguardia delle esigenze cautelari. Essendo ormai nota l’esistenza delle indagini sull’ex preside Lo Verde non c’è più rischio né di reiterazione di reato, né di inquinamento probatorio.


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