Parla il difensore dell'imputato: |"Ecco la verità sul processo" - Live Sicilia

Parla il difensore dell’imputato: |”Ecco la verità sul processo”

L'avvocato Fabio Maugeri ha inviato una nota in redazione. L'avvocato Francesco Marchese risponde. 

Diritto di replica
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CATANIA – In merito all’articolo pubblicato sulla pagina 21 giugno 2017 di Livesicilia Catania online, intitolato “Il tradimento ed il tentato omicidio. Condannato a 7 anni l’ex compagno”, al sottoscritto, difensore di fiducia dell’imputato, preme smentire alcune circostanze, date per vere, ed offrire il quadro esatto dell’andamento di un processo che non si è ancora definito (dispositivo di Primo Grado senza neppure motivazioni). Non è assolutamente vero, in primis, che l’imputato abbia tradito la compagna in costanza di rapporto, ma solo che abbia avuto una relazione nel periodo della separazione, relazione accettata dalla vittima senza problemi, ma che, al momento della sua temporanea riconciliazione, temeva (senza averne le prove) fosse ancora in piedi. Altresì sono stati portati a conoscenza del Tribunale significativi indici di un possibile tradimento della donna, dalle gravidanze inattese alle spese al di sopra dei redditi familiari, che costei non ha potuto né smentire nè giustificare. Che poi il tradimento dell’uomo sia stato la causa del delitto è negato processualmente dalla pronuncia del Tribunale di Catania, che ha ritenuto tali futili motivi per un’azione violenta non sussistenti. Al contrario, la concessione delle circostanze attenuanti generiche per un fatto di violenza di questo tipo colma il vuoto sulle motivazioni del gesto, sancite da un consulente psichiatrico del Pubblico Ministero, che ha affermato che lo stato di stress che ha generato la condotta in un uomo normalmente mite fu causato dallo “ennesimo “attacco” all’insieme di convinzioni su di sé e sulla propria situazione esistenziale e di coppia, al senso di identità e di controllo su ciò che lo circonda (moglie, casa, figli, genitori), che ha sviluppato uno stato emotivo caratterizzato da ansia ed allarme che lo ha portato, di fronte ad un vissuto di “pericolo”, ad agire un reato d’impeto” (testuale).

Nessun “inequivocabile” messaggio whatsapp, dunque, ma solo la promessa di un favore alla donna con cui l’imputato aveva intrattenuto una breve relazione nel periodo della sua separazione. Come si vede, si tratta di un caso limite, generato all’interno delle dinamiche di coppia esplosive determinatesi dal deterioramento del rapporto conseguente alla crisi di reddito del colpevole. Il processo vede l’imputato assistere da libero, in quanto scarcerato di ufficio proprio dal Tribunale che oggi lo condanna, che motiva la sua liberazione non ritenendolo per nulla pericoloso. Altrettanto improvvido il messaggio finale del pezzo, nel quale, pur dichiarandosi programmaticamente di non cercare vendetta, sottilmente si suggerisce al Pubblico Ministero di valutare se proporre Appello. Se qualcuno è rimasto insoddisfatto di questa sentenza, dovrebbe dolersene nelle sedi istituzionali, anzicchè affidare a comunicati stampa infamanti le proprie personali opinioni. Stiamo valutando l’eventualità di agire contro la Vs. testata per il mancato controllo sulla veridicità delle affermazioni contenute nell’articolo in questione e diffidiamo chiunque dal pubblicare fatti non risultanti da atti ufficiali sulla vicenda.

Distinti saluti.
Avv. Fabio Maugeri

LA CONTROREPLICA DELL’AVVOCATO DI PARTE CIVILE. L’avvocato Francesco Marchese replica alle dichiarazioni del difensore dell’imputato. “Io ho semplicemente detto quello che c’è scritto nel codice di procedura penale che il difensore dell’imputato ben conosce. Aggiungo che non mi permetto di suggerire alcunché al Pubblico Ministero ma soltanto che poiché è previsto dal codice che qualora il Pm dovesse ritenere la pena, che io da difensore di parte civile non contesto, troppo bassa sarà lui a fare appello. Nessun improvvido suggerimento. Singolare che il difensore dell’imputato – aggiunge Marchese – anticipi il contenuto della sentenza pur avendo detto che le motivazioni non sono state ancora depositate. Trarre delle conclusioni sui motivi per i quali sono state escluse determinate aggravanti comprese determinate scelte non avendo letto le motivazioni appare questo sì suggeritivo. Appare singolare – conclude l’avvocato – che il difensore dell’imputato nella sua nota di chiarimento ci dica lui i motivi dell’esclusione di certe aggravanti e sul riconoscimento di alcune attenuanti quando ancora non vi sono le motivazioni della sentenza ma solo il dispositivo”.

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