Parto ritardato, medici condannati |Bimba resta paralizzata a vita - Live Sicilia

Parto ritardato, medici condannati |Bimba resta paralizzata a vita

Condanna da 1,7milioni di euro. Ecco cosa è accaduto.

TRAGEDIA IN OSPEDALE
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CATANIA – Centocinquantacinque minuti per un parto di emergenza, con un feto in sofferenza e in asfissia e medici accusati di non aver rispettato le linee guida. Centocinquantacinque minuti lunghi un’eternità che hanno costretto, per sempre, una bimba catanese alla tetraparesi e a un grave deficit psico motorio.

La quinta sezione del tribunale civile di Catania ha condannato l’Azienda Ospedaliera per l’Emergenza Cannizzaro al risarcimento di 1.700.000 euro in favore di una famiglia catanese per i danni causati “dalla condotta colposa tenuta dai sanitari nella gestione del travaglio e del parto”.

Tutto è avvenuto in una tragica notte del 2013, per ricostruire quello che era accaduto, i genitori della piccola si sono rivolti agli avvocati Dario Seminara e Giuseppe Maresca dello Studio Legale Seminara & Associati, specialisti del settore.

I legali del Cannizzaro avevano chiesto il rigetto della domanda sostenendo che “la patologia insorta” fosse “causata da una grave infezione neonatale” non imputabile all’Azienda.

La consulenza tecnica d’ufficio disposta dal giudice ha accertato che la causa di quanto accaduto risiede nella “”asfissia che ha colpito la neonata durante il travaglio, cui è conseguita l’aspirazione di meconio e, di riflesso, la sepsi e la tetraparesi”.

La sindrome da aspirazione di meconio è una complicanza legata al parto. Il meconio è presente nell’intestino del feto e viene eliminato dopo la nascita. In caso di stress questo materiale viene evacuato nel liquido amniotico, in prossimità del parto, però, il bambino può aspirarlo, con gravissime conseguenze.

CENTOCINQUANTACINQUE MINUTI – Intorno alle 04.00 del mattino erano stati riscontrati – secondo quanto ricostruito dalla magistratura – segni di sofferenza del feto e, nonostante vi fossero elementi sufficienti a sospettare una iniziale ipossia, non sarebbe stato eseguito alcun monitoraggio ecocardiografico successivo. Di conseguenza il taglio cesareo che, di norma dovrebbe avvenire entro mezz’ora dai segnali d’allarme, è stato praticato con notevole ritardo: soltanto alle 6.35. Nel caso in cui fossero stati rispettati i tempi indicati, sarebbero state evitate le gravi conseguenze a cui è invece andato incontro il feto.

 

LA GIURISPRUDENZA – Secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai pacifico, “L’ospedale risponde a titolo contrattuale dei danni patiti dal paziente, per fatto proprio, ex art. 1218 cod. civ., ove tali danni siano dipesi dall’inadeguatezza della struttura, ovvero per fatto altrui, ex art. 1228 cod. civ., ove siano dipesi dalla colpa dei sanitari di cui l’ospedale si avvale.”

Nel caso della famiglia catanese il tribunale ha rinvenuto tutti gli elementi per ritenere l’Azienda Ospedaliera Cannizzaro responsabile della grave patologia riportata dalla figlia: si riscontrano sia l’esistenza di un contratto che l’inadempimento dei sanitari. Il primo elemento risulta infatti dimostrato dalle cartelle cliniche prodotte, mentre l’inadempimento dei sanitari è comprovato dal mancato monitoraggio ecocardiografico del feto e dal forte ritardo del parto cesareo. La bambina, secondo quanto accertato dalle perizie mediche effettuate, ha riportato un danno biologico pari al 100%, per cui è stato emesso un condannatorio di 1.204.882 euro.

Secondo il Tribunale, spetta ai genitori un risarcimento di 160.000 mila euro per ciascuno, considerato “il danno morale ed esistenziale subito a causa della lesione del rapporto parentale.”

In totale l’ospedale Cannizzaro è stato condannato al pagamento di l.700.000 euro. Oltre alle spese legali dello Studio Seminara e Associati


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