PALERMO – L’ex pm Antonio Ingroia è stato condannato a un anno e 10 mesi, per peculato, dal gup di Palermo. Regge la parte dell’accusa sui rimborsi di cui non avrebbe dovuto godere, ma cade l’ipotesi che si fosse indebitamente autoliquidato l’indennità di risultato.
“La sentenza ha ridimensionato radicalmente il costrutto accusatorio originario, demolendo l’accusa principale e più grave”, dice l’avvocato Enrico Sorgi che assiste l’ex pm insieme al professore Mario Serio.
L’indagine che ha portato al processo, celebrato col rito abbreviato davanti al gup Maria Cristina Sala, nasce da una segnalazione della Corte dei conti relativa al periodo in cui Ingroia, scelto dall’ex governatore Rosario Crocetta, era stato nominato amministratore della società regionale Sicilia e-Servizi.
Secondo il pm Piero Padova, che aveva chiesto la condanna a 4 anni, Ingroia si sarebbe appropriato di indennità non dovute quando era liquidatore della società partecipata regionale Sicilia e servizi. All’ex pm si contestava la percezione di una indebita indennità di risultato e di rimborsi. Per la prima accusa, la più grave anche per l’entità delle somme, l’imputato è stato assolto “perché il fatto non costituisce reato” con la formula dubitativa. La condanna è arrivata per la vicenda dei rimborsi.
Ingroia fu nominato liquidatore di Sicilia e servizi, società in-house della Regione a capitale interamente pubblico. Per tre mesi, nel 2013, ricoprì l’incarico di liquidatore, ma invece di chiudere la società ottenne utili per circa 150mila euro. Secondo i pm, bypassando l’assemblea dei soci, l’ex magistrato si sarebbe assegnato in conflitto di interessi un’indennità di risultato di 117 mila euro. Questa ipotesi, però, non ha retto al vaglio del giudice.
Sotto accusa anche i rimborsi per le spese di viaggio. Dovuti solo per i trasporti, stabiliva una norma regionale, estesi a vitto e alloggio da Ingroia con una delibera che lui stesso aveva firmato. In 20 mesi di viaggi tra Roma, città in cui viveva dopo aver lasciato la magistratura, e Palermo, dove ricopriva la carica di amministratore della società, solo di alberghi e ristoranti avrebbe speso 37 mila euro, tutti pagati dalla Regione. Indebitamente, ha sostenuto la Procura e il Gup ha accolto la ricostruzione. Inevitabile l’appello dell’ex pm e oggi avvocato.