CATANIA – Il piano commerciale di Catania, questo sconosciuto che non ha mai visto la luce in Città, mette in allarme la Confcommercio che, questa volta, lancia le sue critiche non all’Amministrazione Comunale ma al Commissario ad acta nominato dalla Regione, nei mesi scorsi, con il compito di redigere ed approvare il PUC. Anzi la Confcommercio cerca una sponda proprio nel Sindaco per fermare l’approvazione di un piano che viene definito come un “non piano”. La prima questione lamentata dai dirigenti dell’associazione è quella del metodo e della convocazione delle organizzazioni avvenuta con troppo ritardo.
“Al commissario nominato dalla Regione – afferma Giovanni Saguto presidente dell’associazione commercianti di Catania – il mandato scadrà il prossimo 21 gennaio e per questa data vorrebbe approvare il piano. Siamo stati convocati solo il 16 gennaio per conoscere le direttive del piano. Tempi così ristretti, non superiore a due giorni lavorativi, sono oggettivamente ed assolutamente insufficienti per avviare un serio dibattito sul piano di una grande Città di 293 mila abitanti. Una Città di 180 Kmq, di 293 mila abitanti, con una rete distributiva articolata in circa 5000 esercizi a posto fisso oltre a migliaia di operatori su area pubblica, merita un approfondimento della questione commerciale e del relativo piano ben più ampio di quello che si pretenderebbe di fare in soli due giorni, a meno che non si voglia alcun dibattito, approfondimento e partecipazione delle forze sociali ed imprenditoriali. Per questo motivo chiediamo anche l’autorevole intervento del Sindaco.”
Nel merito del piano commerciale le criticità avanzate dalla Confcommercio Catania sono articolate e riguardano molteplici aspetti, sia urbanistici che commerciali veri e propri. “Mi spiace dire – dichiara senza mezzi termini il vice direttore di Confcommercio Francesco Sorbello – che quello proposto è un non piano. Mi sia permesso di dire che Catania non è Pedesina, il più piccole Comune d’Italia, con 35 abitanti e, pertanto, merita molto di più. Sotto il profilo urbanistico il PUC si rifà al piano regolatore vigente ed approvato nel 1969, ripercorrendo la stessa zonizzazione della Città, una zonizzazione superata da 44 anni di storia, superata da una metamorfosi in termini di urbanistica, di attività commerciali, di usi e consuetudini, di mobilità. Restare agganciati a quella zonizzazione può giovare solo sotto il profilo amministrativo per evitare la procedura di variante ma certamente non rispecchia la città attuale”.
La Confcommercio punta il dito anche sulle scelte meramente commerciali, sulla presenza di grandi strutture di vendita e centri commerciali che vengono disciplinati nel piano. “Anche sotto l’aspetto commerciale – spiga Sorbello – le criticità sono del tutto evidenti. Basti pensare che viene inibita l’apertura di grandi esercizi nel centro storico e viene permessa l’apertura in modo indefinito ed infinito di centri commerciali fino a 5 mila mq di superficie di vendita nel resto della Città. Semmai si dovrebbe andare nella direzione opposta prevedendo le grandi superfici grandi magazzini nel centro storico ed inibirli nelle altre parti della Città. Le grandi strutture di vendita, non alimentari, nelle zone A hanno una doppia valenza: a) costituiscono lo strumento per il recupero del patrimonio edilizio esistente, altrimenti destinato all’abbandono, una funzione, questa, che non può essere affidata solo al settore ricettivo e direzionale; b) Costituiscono la locomotiva della rete distributiva del centro storico e della Città. Una diversa articolazione andrebbe fatta anche per le medie strutture di vendita. Non vengono neanche seguite le indicazioni metodologiche previste dalla normativa”.
La Confcommercio ha, pertanto, presentato un articolato documento con cui entra nel merito di altre questioni: parcheggi pertinenziali, decoro urbano, snaturamento della aree artigianali, iter inerente il commercio su area pubblica non consono alla normativa vigente. Tanta carne sul fuoco, tante questioni che di certo terranno alta la tensione.