Dal pizzo alle donne della droga| Vitale: "Vi racconto la mia mafia" - Live Sicilia

Dal pizzo alle donne della droga| Vitale: “Vi racconto la mia mafia”

Il neo pentito Giovanni Vitale

Ecco il primo verbale del neo pentito del clan palermitano di Resuttana.

PALERMO – Rapinatore di tir, trafficante di droga e infine uomo del pizzo. Il neo pentito Giovanni Vitale ripercorre davanti ai pubblici ministeri di Palermo la sua carriera criminale che parte dal rione Sperone e finisce a Resuttana, passando per la Guadagna, borgata dove la famiglia Fascella ha creato un impero sui traffici di droga.

Ed è di droga che il ‘Panda’, questo è il soprannome del nuovo collaboratore, ha parlato con il pubblico ministero Siro De Flammineis che ha depositato le confessioni nel processo al clan Fascella. Si tratta dei primi verbali resi noti, mentre altri sono stati acquisiti al dibattimento “Apocalisse” su richiesta dei pm Francesco Del Bene, Amelia Luise, Annamaria Picozzi e Roberto Tartaglia. Con loro il neo pentito ha parlato di pizzo imposto fra Resuttana e San Lorenzo, dove Vitale era il braccio operativo del capo mandamento Giuseppe Fricano. Un capo, quest’ultimo, sponsorizzato da Alessandro D’Ambrogio, uomo forte a Porta Nuova e fino al 2011 punto di riferimento dell’intera Cosa nostra palermitana.

I Fascella sono una dinastia. C’è Francesco Ciccio Fascella, classe 1938, uomo d’onore e un tempo capo della famiglia mafiosa della Guadagna, i figli Filippo e Giuseppe, di 44 e 43 anni. Ed ancora i fratelli gemelli Giuseppe e Pietro Fascella, 42 anni, nipoti di Ciccio. A completare l’organigramma dei signori della droga c’era Antonio Guida. Quest’ultimo è un collaboratore di giustizia che ha fatto luce sui tanti traffici.

Davanti al pm De Flammineis Vitale si presenta il 7 e 14 febbraio scorsi con un quaderno di colore giallo, dove annota nomi ed episodi. Per prima cosa riscontra le dichiarazioni di Guida e complica di parecchio la posizione processuale degli imputati ai quali adesso l’accusa vuole contestare il reato di associazione a delinquere. Era tutto pronto per la requisitoria, ma il pentimento di Vitale ha provocato uno slittamento del processo.

In principio, racconta Vitale, si era messo in società con Rosario Profeta e Antonio Guida. Erano gli inizi degli anni Duemila: “Profeta mi dà 10 mila… e Guida ne esce 10 mila… non mi ricordo… o erano 10 mila o erano 20 mila, comunque una cosa di queste. Saliamo a Napoli e acquistiamo la cocaina”. La consegna avveniva in un albergo dove li attendeva “un certo Antonio… vicino la stazione, via Firenze mi sembra, Hotel.. poi venivano dei ragazzi in albergo e non ci presentavano a nessuno. Questi ragazzi ci dicevano quello che volevamo e ci facevano avere degli ovuli di eroina…allora veniva tutto sulle 42 mila euro al chilo compreso.. diciamo noi compreso i corrieri, perché noi ci portavamo il corriere per scendere questo… la vendevamo a 90 mila euro il chilo noi, più della cocaina ”.

Il primo chilo di droga, giunto a Palermo, sarebbe stato venduto “a Ricco Francesco Paolo, detto Paoletto, dello Zen… la facevamo arrivare nella confezione di caffè noi… o nei pupazzi.. n un trafficante. Lo stupefacente veniva nascosto. “Erano tre chili, è arrivata alla stalla.. in una valigia scura, piena di ketchup, senape, tutta sparsa e peperoncino.. per non fare sentire ai cani… all’ultimo c’è stato poi il succo di frutta”. I verbali a questo punto si popolano dei nomi dei corrieri. Ci sono anche delle donne che avrebbe fatto il lavoro sporco e rischiosissimo: “Manuela… una certa Adele… poi il cugino di Manuela e una volta mi sembra che l’ha fatto anche mio cognato come corriere Napoli Palermo… Morici Giorgio. Non sono sicuro, non ricordo bene se lui l’ha fatto comunque.. mi sembra di sì…  Manuela, oltre a fare i corrieri, ci conservavano anche il materiale… ah, c’è anche un altro corriere.., Pancamo c’era…”.

Ad un certo punto, però, Vitale ebbe un battibecco con Profeta ed “esco dalla società”. O meglio, restò in affari con il solo Guida e sarebbero iniziati i rifornimenti dai Fascella: “Un chilo a 50 mila euro”. La droga veniva prelevata a casa di Giuseppe Fascella. Era confezionata “a panetti, alcune volte erano rivestiti di camera d’aria, alcune volte erano rivestiti di pellicola, assai, assai anche a Aldo La Mattina davamo cocaina… gliela facevamo avere allo Zen…”. Ne compravano un chilo al mese a 50 mila euro e la rivendevano a 55-60. Facevano leva sulla quantità più che sull’incasso per singola fornitura. Altre volte ritiravano la droga nel magazzino di Salvatore Fascella, alla Guadagna, prima però “ci infilavamo al bar, gli davo i soldi, vedi che sono che so 20 mila, 5 mila, 15 mila, 30 mila..”.

Ad un certo punto Francesco Fascella era stato rimosso dalla famiglia per un motivo rimasto oscuro. Che fosse stato spodestato, però, lo sapevano tutti. Persino la moglie di uno spacciatore che nella sala colloqui del carcere, già nel 2008, spiegava al marito che ormai al comando c’erano “persone che sono uscite di galera… sono uscite persone grandi… grandi… grandi”. In un successivo colloquio la donna era ancora più esplicita: “Vero è, pure tuo fratello me lo ha detto… quello che ti ho detto… chi ti ho detto?… Calascibetta…”.

Fascella, dunque, avrebbe lasciato lo scettro a Peppuccio Calascibetta. Era quest’ultimo l’uomo “grande” tornato alla guida non solo della famiglia della Guadagna, ma dell’intero mandamento di Santa Maria Del Gesù. Tre anni dopo lo avrebbero crivellato di colpi. Nel 2008, all’epoca dell’intercettazione in carcere confluita nel fascicolo sui Fascella, era lui l’uomo forte che tolse lo scettro “ai Fascella, e ci andò con suo figlio Giuseppe – diceva la donna – hanno fatto entrare a lui, al vecchio e a lui hanno detto ma tu chi sei? Dice il figlio… tu non ci servi a noi, fuori, e gli hanno chiuso la porta in faccia”.

Perché Ciccio Fascella si sarebbe meritato un simile trattamento? La faccenda non è ancora chiara. Forse il suo strapotere nel mercato della droga era malvisto? Oppure Fascella avrebbe venduto una partita di droga di scarsa qualità a qualcuno che contava? Perché in tanti, quasi tutti e soprattutto tanti pezzi grossi, bussavano alla sua porta. E non sempre gli affari filavano lisci.

Scarcerato Calascibetta, così racconta Vitale, le direttive furono chiare: “La droga gliela doveva uscire Calascibetta… io e quelli che erano con Calascibetta, i Fascella si dovevano fermare…”. Non andò esattamente così perché “noi la compravamo… certo cioè non è che si comprava tutta quanta… di nascosto noi la compravamo..”.

 


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