Natale, pizzo e intimidazioni | Picciotti del racket scatenati - Live Sicilia

Natale, pizzo e intimidazioni | Picciotti del racket scatenati

Colla nei lucchetti, fuoco alle saracinesche e pistolettate. La città in fibrillazione. Più di cinquanta i casi registrati, ma a Palermo nessuno, o quasi, denuncia.

PALERMO - MAFIA
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PALERMO – Il Natale è alle porte. Tempo di festa e di pizzo. I picciotti del racket sono in giro. E sono pure scatenati. Bloccano le serrature dei negozi con l’attak, danno fuoco alle saracinesche, chiudono in cancelli dei cantieri con le catene. E se serve alzano il tiro, sparando pistolettate contro le porte d’ingressi delle attività commerciali. Tutto questo è accaduto e accade in questi giorni.

Guai a credere che gli arresti abbiano fiaccato i clan. Non è così. E guai a credere pure che i commercianti si ribellino. Le denunce restano casi isolati. Le forze di polizia impegnate sul territorio hanno registrato più di cinquanta intimidazioni nelle ultime settimane. La fase preparatoria che anticipa la visita degli emissari dei boss è in piena evoluzione. A fronte delle decine di episodi solo sparuti casi sono stati denunciati. Forse imprenditori e commercianti sperano che i picciotti non si spingano oltre. Oppure hanno ancora paura. “Perché la paura resta grande”, racconta un investigatore.

Pizzerie, tabaccherie, cantieri edili, negozi di abbigliamento: le intimidazioni vengono fatte a tappeto. In molti casi la richiesta per la messa a posto è già stata avanzata. Si va dai 200 euro per la piccola bottega ai tremila per l’attività con il fatturato più consistente. Non c’è una zona più colpita di altre. Dalle periferie fino al salotto della città: la macchina del racket non risparmia nessuno. Gli arresti che hanno azzerato i clan di mezza città hanno creato maggiore subbuglio. Di soldi ne servono sempre di più per campare le famiglie di un numero esponenziale di carcerati.

In alcuni quartieri di Palermo si è tornati ad investire nei grandi traffici di droga che, però, richiedono tempo prima di andare all’incasso. E allora il pizzo resta la fonte di approvvigionamento più immediata per tamponare le emergenza. Perché in alcuni casi di emergenza si tratta. Molte famiglie mafiose, quelle emergenti soprattutto, hanno seri problemi di liquidità. E la trasferta per un colloquio costa. Diverso è per i casati di mafia. Chi ha una storia in Cosa nostra sembra non conoscere crisi. Forse è il segno che a coloro che portano un cognome pesante i soldi continuano ad arrivare in virtù di chissà quali investimenti ancora oscuri.

Gli imprenditori stanno alla finestra. Subiscono e non denunciano neppure le intimidazioni che all’inizio hanno un mittente anonimo. Si materializzerà, con la certezza a cui Cosa nostra ci ha abituato, a strettissimo giro di posta. Da alcuni di loro si sono già fatti vivi. E allora trattano, si chiede lo sconto per la crisi economica. Natale è alle porte. Tempo di festa e di pizzo. I soldi si raccolgono tradizionalmente due volte l’anno, a Natale – appunto – e poi a Pasqua. Chi commissiona le intimidazioni? Non sono gesta isolate di picciotti senza scrupoli. Ci sono vecchi e nuovi capi in circolazione. Alcuni hanno il pedigree per esserlo, altri hanno approfittato del vuoto provocato dagli arresti per prendere in mano le redini dopo essere rimasti per anni nelle retrovie. Un vuoto che non blocca la macchina del racket.

 


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