"Dati Covid falsi", una parte del processo trasferito a Roma

“Dati Covid falsi”, una parte del processo trasferito a Roma

Accolta l'istanza di Di Liberti. No al trasferimento a Catania per Razza e gli altri

PALERMO – Il processo resta a Palermo per tutti gli imputati, tranne Maria Letizia Di Liberti ed Emilio Madonia. La posizione della dirigente passa per competenza territoriale a Roma. Lo ha deciso il Tribunale di Palermo al processo sui “dati Covid falsi”.

Le accuse

Il procuratore aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Maria Pia Ticino e Andrea Fusco ritengono che sulle piattaforme informatiche regionali e ministeriali siano stati caricati dati non veritieri sul monitoraggio dell’epidemia Covid in Sicilia. Di Liberti era dirigente del Dipartimento regionale per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico. Oggi è direttore generale all’Acqua e ai Rifiuti.

La competenza territoriale

I suoi legali, gli avvocati Fabrizio Biondo e Paolo Starvaggi, hanno sollevato la questione della competenza ritenendo che l’eventuale reato sarebbe stato commesso a Roma dove confluivano i dati. Il Tribunale di Roma giudicherà anche Emilio Madonia, dipendente di una società privata che si occupava della gestione del flusso dei dati sul Covid.

Analoga questione, non accolta, era stata sollevata dagli altri imputati secondo cui, il processo andava trasferito a Catania dove c’è il server usato dall’assessorato.

Per Razza e gli altri processo a Palermo

Resta dunque a Palermo il processo nei confronti dell’ex assessore Ruggero Razza (aveva chiesto il giudizio immediato, certo di potere dimostrare la propria innocenza), Salvatore Cusimano, dipendente dell’assessorato regionale all’Industria e nipote di Di Liberti che l’aveva voluto al suo fianco; Roberto Gambino, dipendente dell’Asp di Palermo e distaccato al Dasoe.

Falso in concorso è il reato che viene contestato a tutti gli imputati. Soltanto per Di Liberti e Madonia c’è anche la contestazione di avere indotto in errore, trasmettendo dati falsi, il ministero della Sanità e l’Istituto superiore di Sanità che classificarono la Sicilia in un determinato periodo a rischio basso e non moderato. Quest’ultimo capo di imputazione è risultato decisivo per il radicamento del processo a Roma.

Le intercettazioni

Le intercettazioni fecero venire a galla il caos gestionale. Si parlava anche di “morti spalmati”, un dato che non fa parte del processo perché era irrilevante ai fini della classificazione del rischio. In una delle tante conversazioni del 2020 Razza diceva a Di Liberti, dopo il passaggio dell’Isola in zona arancione: “Inutile Letizia che facciamo stare in piedi sacchi vuoti, c’è stata una gravissima sottovalutazione e il dato finale di questa gravissima sottovalutazione è scritto negli indicatori, poi secondo me sono sbagliati perché mettono sullo stesso piano indicazioni diverse, però come avrai visto ci sono dei dati dove noi comunichiamo zero. E chissà da quanto”.


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