CATANIA – Nella sola Catania e provincia, sono 3328 i progetti pubblici finanziati con fondi del Pnrr. Per un importo complessivo di oltre 12 miliardi di euro. Ce n’è abbastanza per solleticare gli appetiti di un criminalità organizzata che poggia la sua missione sull’accumulare denaro.
Uno scenario che rischia di degenerare nella corruzione e nel riciclaggio per un sistema mafioso sempre mutevole e dinamico.
Se n’è discusso alla facoltà di Economia, in aula magna, su iniziativa dell’Associazione nazionale antimafia “Alfredo Agosta” (presenti, il presidente La Rosa ed il componente Ragazzi). Un incontro di altissimissimo livello, moderato dal docente Marco Romano alla presenza del questore Bellassai e del comandante dei carabinieri Altavilla, e che ha posto l’accento su un allarme reale: il rischio – come ha introdotto il rettore Priolo – che la mafia possa ritrovarsi a gestire, per l’appunto, i fondi del Pnrr.
“Tenere alta la guardia”
E quella del procuratore della Repubblica facente funzioni di Catania, Agata Santonocito, è stata un’analisi schietta e che ha colto nel segno:
“Il mio ruolo mi porta a vedere la parte oscura di un aspetto nel quale i gruppi criminali si inseriscono per fare indebiti profitti. Va tenuta alta la guardia. Perchè l’accelerazione nell’affidamento dei lavori porta alla semplificazione della forma: e la forma spesso non è orpello ma sostanza. Tante volte la lentezza nell’agire permette di verificare con chi abbiamo a che fare. Oggi, invece, dobbiamo correre. Perchè se non corriamo i fondi tornano indietro: e questo sarebbe un elemento preoccupante.
E in questo correre sarà possibile affidare lavori fino a 1 milione di euro. E ci rendiamo conto di cosa possa significare.
Guardando il lato oscuro e ascoltando le voci di funzionari e amministratori, ci rendiamo conto della facilità con la quale si può agire. Chiedere, ad esempio, cinque preventivi è un aspetto facilmente da aggirare. Mi focalizzo nel piccolo perchè buona parte dei finanziamenti andranno nei piccoli centri dove i rapporti di conoscenza sono ordinari.
Le rappresentazioni che, negli anni abbiamo ricevuto, sono quelle di una mafia che opera in modi brutali e tali da ottenere quello che vuole da chiunque. Non è più così. Su Catania operano diverse famiglie mafiose: ma qual è la caratteristica di questi gruppi? Quella di operare su due livelli. Sul livello di operare sulla strada per imporre ciò che vuole; è quella parte di associazione mafiosa che controlla il territorio e impone le estorsioni.
Ma a questo livello di organizzazione mafiosa ne corrisponde un altro: quello dell’insinuarsi nella società civile per appropriarsi dei fondi pubblici. Vale anche per la politica e le elezioni. E prima o poi la mafia si presenta sempre a batter cassa quando si deve decidere se un’amministrazione deve dare un appalto ad un imprenditore piuttosto che ad un altro.
Cosa nostra catanese ha sempre avuto un interesse spiccato per gli affari. Controllare la politica, controllare gli appalti, infiltrarsi: ecco il sistema delle associazioni mafiose.
E tutto questo rappresenta un quadro di grande allarme in riferimento ai Pnrr.
Ma la verità è che quando noi interveniamo, il danno è già fatto.
E, allora, è importante che il mondo imprenditoriale comprenda quali poste sono in gioco: e in gioco c’è il nostro futuro.
L’intervento del comandante Raimondo
“Ho personalmente sottoscritto otto protocolli d’intesa che con le principali amministrazioni pubbliche della Città metropolitana di Catania per uno scambio di informazioni che consenta di analizzare sul nascere qualsiasi tentativo – ha spiegato il Generale di Brigata, Antonio Raimondo, comandante provinciale della Guardia di Finanza -. Il nostro impegno, su questo fronte, è costante e quotidiano.
La complessità di fenomeni del genere richiama ad un gioco di squadra assieme alle altre forze di polizia: la responsabilità giuridica e normativa affidata alle Fiamme Gialle non può, però, non chiamare in causa gli altri Corpi. Non possiamo permettere che questa ingente somma di denaro che arriva dai Pnrr possa essere appannaggio di chi vuole solo compromettere il futuro e lo sviluppo dei nostri giovani e del nostro territorio”.
Le parole del prefetto
“I fondi sono un’opportunità ma anche un’attrattiva per la malavita organizzare – ha evidenziato il prefetto, Maria Carmela Librizzi -. È importante avviare una fase di prevenzione: e ci sono già delle direttive specifiche relative a una ‘circolarità di informazioni’ che sono di supporto”.