Politica e questione morale | La Sicilia di nuovo impantanata - Live Sicilia

Politica e questione morale | La Sicilia di nuovo impantanata

Una raffica di indagati. Condotte inquietanti, norme a maglie larghe e il Palazzo è di nuovo travolto. I NOMI.

PALERMO. È cominciato male il 2019 per la politica siciliana. Il calendario procede di scandalo in scandalo e dopo qualche tempo di relativa calma, torna ad affacciarsi lo spettro della questione morale sul Palazzo. Per lo più si tratta ancora di indagini e quindi di ipotesi di reati tutte da vagliare e verificare in eventuali giudizi. Ma certo, la quantità di casi che si sono susseguiti in rapida sequenza ha colpito, eccome. Tra deputati regionali, ex deputati e parlamentari nazionali, l’elenco di persone finite nelle cronache giudiziarie si va facendo corposo un po’ come era accaduto qualche anno fa, ai tempi di quello che il nostro giornale battezzò “indagometro”.

L’ultima tegola è arrivata dalla procura di Termini Imerese con la sua indagine che coinvolge un centinaio di persone. Tra questi anche diversi politici ed ex politici, dai fratelli Mario e Salvino Caputo ad Alessandro Pagano, passando per Totò Cuffaro, Toto Cordaro e Alessandro Aricò. Su alcuni aspetti dell’indagine in fase di applicazione delle misure cautelari il giudice terzo sollevò alcune perplessità. Ora un processo potrà dire di più. Intanto, arriva anche la notizia di un procedimento che riguarda corsi di formazione professionale e che coinvolge il presidente della commissione Bilancio Riccardo Savona. I grillini non perdono tempo e con comunicati arrembanti chiedono a tutti passi indietro. E il tema dei rapporti tra politica e giustizia torna prepotentemente in agenda. Perché scorrendo ad esempio Sala d’Ercole, il numero di deputati alle prese con grane giudiziarie si va facendo sempre più corposo. A febbraio è finito ai domiciliari Pippo Gennuso, nell’ambito dell’inchiesta sul “sistema Siracusa”. Nei giorni scorsi si è appreso delle indagini che coinvolgono il capogruppo del Pd Giuseppe Lupo, indagato per corruzione a Palermo, e del forzista Stefano Pellegrino, indagato per corruzione elettorale. Indagati sono anche il capogruppo di Forza Italia Giuseppe Milazzo e l’assessore regionale forzista Marco Falcone nell’ambito di un’indagine su nomine allo Iacp di Palermo. In giunta, oltre a Falcone e Cordaro, è indagato anche Mimmo Turano, Udc, con l’ipotesi di corruzione.

Alla fine del 2017 si apprese anche di un’indagine che riguardava Luigi Genovese, Forza Italia, e di una che riguardava l’ente di formazione già guidato dal leghista Tony Rizzotto. Chiuse le indagini su Marianna Caronia, che è coinvolta nella maxi-inchiesta che ha come epicentro l’armatore Morace e che vede dentro anche l’ex governatore Rosario Crocetta, accusato di corruzione.

E a proposito di ex inquilini di Palazzo dei Normanni, gravissime le ipotesi di reato per le quali è stato sottoposto agli arresti l’ex deputato regionale del Pd Paolo Ruggirello, accusato di associazione mafiosa. Il suo ex compagno di corrente Raffaele Nicotra è stato invece arrestato con l’ipotesi concorso esterno in mafia. E ci sono poi le grane dei parlamentari nazionali, oltre al leghista Alessandro Pagano, indagato a Termini (e sorpreso dalla mancata archiviazione dell’inchiesta dopo i pronunciamenti della Cassazione, ha ricordato lui stesso) c’è il forzista Renato Schifani, che, finito nell’inchiesta sul “sistema Montante” per una faccenda di presunte rivelazioni di segreti, ha chiesto il giudizio immediato. Tutti ovviamente innocenti fino a sentenza definitiva – tutti peraltro hanno contestato le accuse dei pm – ma come detto la lista si fa affollata. E le grane giudiziarie non hanno risparmiato nessuno. Inclusi i moralizzatori grillini, con ex deputati regionali e nazionali sotto processo a Palermo per la vicenda delle presunte firme false, da Giorgio Ciaccio a Claudia La Rocca passando per Riccardo Nuti. E si taccia qui per esigenza di sintesi sulla vasta panoramica che riguarda gli enti locali, di tutti i colori.

I casi sono in realtà molto variegati. Alcuni però ripropongono il tema doloroso delle modalità deviate di formazione del consenso, con scenari ipotizzati di voti comprati a suon di venti o cinquanta euro e sacchi della spesa oppure con promesse di lavoro. Aspetti che sono emersi anche in altre inchieste di varie procure su candidati poi non eletti. Un tema, quello della selezione della classe politica e della costruzione del consenso, su cui probabilmente la politica siciliana deve ancora avere il coraggio di guardarsi allo specchio senza sconti e ipocrisie. Non senza mordersi un po’ le mani, forse. Perché negli anni, per inseguire la pancia e soddisfare le richieste dei moralizzatori di ogni sorta, la politica ha sfornato una dopo l’altra leggi che allargano ormai spaventosamente le maglie attraverso le quali si può finire in un’inchiesta penale. E così, dai “traffici di influenze” ai riformati reati elettorali, per un politico il contatto con gli elettori sta diventando un rischio sempre più alto. Tanto più in un contesto sottosviluppato e di bisogno diffuso come quello siciliano, che qualche avventuriero sfrutta con disinvolta spregiudicatezza. Per spezzare questa catena occorrerebbero, al di là delle inchieste giudiziarie, scelte drastiche e coraggiose. Della politica, certo. Dell’elettorato, meglio ancora.


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