PALERMO – I telefoni erano intercettati e c’erano pure le microspie al comitato elettorale di Fabrizio Ferrandelli. Hanno registrato, secondo l’accusa, la corsa per falsificare le firme necessarie per presentare alcune liste elettorali. E nei nastri magnetici dei carabinieri del Nucleo investigativo sono finite indirettamente anche le voci di big della politica regionale e nazionale. Non sono indagati, a differenza di una decina di persone che avrebbero materialmente falsificato le firme dei cittadini.
“Falsificare in fretta” era la frase ricorrente nei frenetici giorni precedenti alle amministrative palermitane di giugno. A pronunciarla sarebbero stati alcuni attivisti. “Non capisco che ruolo avrei potuto svolgere non occupandomi io della documentazione relativa alla presentazione delle liste”, ha fatto sapere Ferrandelli. Non a a lui, ma ad altri, al momento, sarebbe contestata l’ipotesi di avere violato il testo unico in materia di competizioni elettorali.
L’indagine sarebbe partita dalla V circoscrizione “Borgo Nuovo – Uditore Passo di Rigano – Noce – Zisa”. In particolare, dalle liste legate direttamente a Ferrandelli e poi gli accertamenti si sono estesi a quelle della coalizione. I magistrati hanno fatto sequestrare la documentazione delle liste “per effettuare i necessari accertamenti in ordine all’autenticità delle firme raccolte, anche al fine di procedere ad eventuali comparazioni grafiche”. Un ragionamento che vale per liste come quelle de “I Coraggiosi” o “Per Palermo per Fabrizio” ma che non vale per partiti come Forza Italia e Cantiere Popolare che in quanto già rappresentati a livello nazionale e regionale non avevano bisogno di raccogliere le firme.
Poco prima del voto la coalizione che sosteneva Fabrizio Ferrandelli si spaccò alla V circoscrizione, dove in corsa per la presidenza c’erano i candidati di Forza Italia Paolo Di Maggio e Andrea Aiello. Alla fine se ne aggiunse un terzo: Paolo Lo Cacciato, candidato autonomo dell’Udc che non aveva chiuso l’accordo con gli alleati. Al solo Aiello, tra gli sconfitti, scattò il seggio. Anche le liste “Fabrizio Ferrandelli per Aiello” e “Andrea Aiello presidente” sono tra quelle su cui si indaga.
Già nel 2012 era partita un’inchiesta per voto di scambio. Nel 2016, però, fu aperto un secondo fascicolo, uno stralcio di quello principale che stamani è sfociato nelle perquisizioni e nel sequestro della documentazione all’ufficio elettorale. L’ipotesi iniziale partiva dal racconto del pentito del Borgo Vecchio, Giuseppe Tantillo, il quale ha sostenuto che Ferrandelli avrebbe comprato alcuni voti nel 2012. Accusa respinta, punto per punto, dal leader de I Coraggiosi che si presentò all’interrogatorio in Procura con una serie di documenti che certificherebbero la sua trasparenza.
Lo scorso ottobre si è scoperto che c’era un’inchiesta nell’inchiesta a cui lavorano, fianco a fianco, in pm della Direzione distrettuale antimafia Salvatore De Luca e Caterina Malagoli e quelli che si occupano di reati contro la pubblica amministrazione, Sergio Demontis, Claudia Ferrari ed Enrico Bologna.
La regolarità del voto amministrativo del 2017, che portò alla rielezione di Leoluca Orlando, sarebbe stata turbata. Emergerebbero ipotesi di liste presentate con firme false (reato già contestato in precedenza ad alcuni deputati e attivisti del Movimento 5 Stelle) e documenti raccolti in modo tutt’altro che trasparente.
Di tutto questo si parlava nel comitato di Ferrandelli in piazza Sturzo. Solo che le microspie hanno registrato indirettamente anche le voci di alcuni big della politica. Nessuno, però, è indagato.