CATANIA – Andrea Nizza non rinucia a nulla. Nemmeno durante la sua latitanza. L’arrivo del 2015 il boss, ricercato da oltre un anno, lo avrebbe celebrato sorseggiando champagne. Ad acquistare le costose bollicine francesi sarebbe stato Danilo Scordino, finito alla sbarra con l’accusa di essere uno degli uomini di fiducia del capomafia di Librino. Una cimice avrebbe incastrato il fiancheggiatore del clan, che in video conferenza da Tolmezzo ha ascoltato la lettura della sentenza di condanna del Gup Daniela Monaco Crea, nell’udienza che chiude il processo abbreviato di primo grado che lo vede alla sbarra insieme ad altri fidati del latitante. Per Scordino il giudice ha inflitto una condanna a 8 anni. 10 anni ciascuno per Giovanni Cavallaro e Giovanni Privitera. 8 anni e 8 mesi per Francesco Magrì. 5 anni e 2 mesi per Giuseppe Montegrande.
Quattro degli imputati, escluso Montegrande, sarebbero secondo l’accusa – rappresentata dal pm Rocco Liguori – gli “uomini fidati” di Andrea Nizza che “lo hanno affiancato nella sua ascesa criminale e che gli hanno consentito di rendersi latitante già dallo scorso dicembre 2014”. A parlare di loro è lo stesso fratello di Andrea, Fabrizio Nizza capo indiscusso di Librino per anni e oggi collaboratore di giustizia. Per il pentito Davide Seminara, autista del latitante Giovanni Privitera, Franco Magrì e Danilo Scordino conoscevano il nascondiglio dell’arsenale di Andrea Nizza. Quello ritrovato nel vano ascensore di un palazzo di Librino a settembre del 2014. Questo per dimostrare la fiducia che Andrea Nizza riponeva nei suoi uomini. Nel corso del processo è stato ascoltato Salvatore Cristaudo, entrato nel programma a maggio del 2015. “Danilo Scordino è uomo di fiducia di Andrea Nizza – ha raccontato Cristaudo – era il suo braccio destro. Si occupava di armi e droga”. Il neo pentito inoltre avrebbe visto il nome di Scordino anche nella lista degli stipendiati del gruppo dei Nizza. Elenco che Cristaudo avrebbe visto nei primi mesi del 2015 (poco prima del suo arresto) a “casa di Saro Lombardo”. Saro U Russu è ai domiciliari per motivi di salute.
Al centro del processo abbreviato (Andrea Nizza è processato da latitante nel troncone ordinario) c’è stata l’estorsione reiterata ai danni di un imprenditore catanese che sarebbe stato minacciato da Andrea Nizza. Dalla ricostruzione dell’accusa la vittima sarebbe stata brutalmente malmenata per costringerla a cedere delle proprietà immobiliari. L’azione punitiva sarebbe avvenuta al viale Moncada 10: quartier generale del boss. L’imprenditore sarebbe stato picchiato brutalmente. Nizza lo avrebbe colpito l’uomo con un bastone: qualcuno avrebbe proposto di ucciderlo e altri di appenderlo a un albero. Solo le suppliche e la promessa di non denunciare l’avrebbero salvato.