CATANIA – “Ci vorranno quindici anni“. O giù di lì. È la previsione secondo la quale va tutto, da subito, come deve andare. Un anno per l’approvazione del nuovo piano regolatore portuale, e il resto del tempo per completare le opere. Nel 2040, in sostanza, il porto di Catania dovrebbe somigliare ai progetti che sempre più spesso si prendono la scena: prima in Consiglio comunale, la scorsa settimana; in conferenza stampa nella sede dell’Autorità portuale di Sistema del Mare di Sicilia orientale, stamattina.
“Non è ancora il piano regolatore portuale – sottolinea il presidente Francesco Di Sarcina – Stiamo soltanto costruendo spazi di dialogo e di conoscenza alla cittadinanza tutta”. Si tratta, insomma, di comunicazione: nella consapevolezza che il porto di Catania sia argomento che appassiona i cittadini, l’Autorità vuole dare loro qualcosa di cui parlare.
La nuova darsena a nord, il porticciolo per gli yacht, potrà ospitare un totale di 700 imbarcazioni. Non solo piccole e medie barche da diporto (motoscafi, gommoni, barche a vela), ma anche yacht di lusso, lunghi fino a 120 metri, “che attualmente sono assenti dal porto di Catania”. Navi da mezzo miliardo di euro, usate per un turismo – per lo più internazionale – con grandi capacità di spesa. “Essere una città con un aeroporto – sottolinea Di Sarcina – in questo ci aiuta: sarà possibile arrivare qui in aereo e venire qui al porto a imbarcarsi, avendo un agile punto di partenza nel Mediterraneo”.
Si costruirà, poi, un’area destinata ai pescherecci. Attrezzata non solo per il ricovero delle attrezzature e delle reti da pesca, ma anche di celle frigorifere per il mantenimento del pescato. “Abbiamo fatto la stessa cosa a Marina di Carrara: se dentro al porto c’è uno spazio destinato alla vendita al dettaglio del pesce, si realizza una nuova economia a chilometro zero che, nella mia esperienza, è molto apprezzata dai cittadini”. Un elemento che, nelle idee progettuali, potrebbe caratterizzare la nuova divisione degli spazi sulla base delle funzioni a cui quegli spazi devono assolvere.
Le crociere sono l’altro grande capitolo: l’area crociere sarà grande 84mila metri quadrati e avrà una base di tre accosti, a cui se ne potrà aggiungere un quarto, capaci di accogliere navi da 340 metri, a pochi pazzi dalla nuova stazione marittima da cinquemila metri quadrati. L’obiettivo è ambizioso: un milione di passeggeri all’anno, a regime. Il porto del capoluogo etneo resterà commerciale, certo, ma più ibrido di quanto sia attualmente.
Senza muri né varchi né cancelli. Non nella parte più a stretto contatto con la città, che affaccia sul quartiere della Civita e che arriva fino alla Stazione centrale. L’incognita è sempre la stessa: l’interramento dei binari della Rete ferroviaria italiana e la risoluzione del nodo Catania. La più grande barriera che separa i catanesi dalla vista del proprio mare. “Non tutto dipende da noi”, sottolinea il presidente dell’Autorità.
Andando verso sud, cioè verso la foce del torrente Acquicella, l’apertura alla città incontra lo scoglio di via Domenico Tempio. Alla pista ciclabile sopraelevata attualmente in costruzione, si sommerà una sorta di fascia di rispetto di dieci metri: di tanto arretreranno i confini del porto, in quell’area destinato unicamente al traffico commerciale, facendo guadagnare alla città una lunga striscia ulteriore. A disposizione del Comune di Catania. “Deciderà l’amministrazione, decideranno i catanesi cosa farne – afferma Francesco Di Sarcina – potrà servire per l’allargamento della strada, per un’altra ciclabile o, per esempio, per una barriera verde. Una zona di alberi, un parco urbano… Si valuterà con il municipio”.
L’obiettivo è semplice: minimizzare, fino a quasi azzerarlo (anche grazie al tunnel verso il raccordo autostradale), l’impatto delle attività portuali sulla città. E fare sì che, pur mantenendo la destinazione commerciale dell’infrastruttura, il desiderio dei catanesi di rivedere un pezzo del proprio mare non sia più frustrato. L’orizzonte, al momento, è il 2040. Sembra tanto, ma sono solo 15 anni.