Mentre Palermo si lascia avvolgere dall’estate, come se niente fosse, Sagunto viene ancora espugnata. La Sagunto di Pappalardo, la Palermo del cardinale ai funerali di Dalla Chiesa. Una città abbandonata alle orde barbariche, mentre le chiacchiere la sommergono, mentre ci si consiglia sul da farsi. Intanto, la pestilenza sconquassa ogni cosa e cancella i labili residui di una intermittente felicità. Le scene del Consiglio comunale sono assai istruttive. Sono instantanee da ultimi giorni prima della catastrofe.
Non ci sono i soldi. Non c’è un sindaco, invisibile e nascosto nell’ombra. I consiglieri e gli assessori non sono all’altezza del momento critico. Lo schianto finale si avvicina e i cittadini palermitani mangiano il gelatino sulle spiagge, sperando che duri per sempre. Come dovrebbero comportarsi? Non auspichiamo, anzi condanneremmo, improvvidi assalti a Palazzo delle Aquile. Ma c’è un altro modo per assalire una classe dirigente inetta: con l’informazione e con la partecipazione, con la passione civile. E da subito. Non è lecito aspettare fino alle prossime elezioni per organizzare un’opinione pubblica degna di questo nome. Sarà già troppo tardi. Il cittadino palermitano deve pretendere una politica degna. E’ questione di sopravvivenza ormai. Ognuno scelga la forma del suo impegno. E tuttavia si impegni.
Le notizie che giungono dai piani alti del Palazzo non sono confortanti. La politica che attende il salvagente calato dal cielo è un fallimento e non assicura più nulla alle bocche spalancate dei suoi clientes. A pagare saranno inizialmente i più deboli, come usa. Gli anziani e i disabili. Poi pagheremo tutti. Noi attendiamo, tra amarezza e fiducia, il risveglio. E preghiamo affinché la profezia del vecchio cardinale non si avveri: “Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici. E questa volta non è Sagunto ma Palermo, povera la nostra Palermo, povera, come difenderla?”.