Problema vecchio, paura nuova - Live Sicilia

Problema vecchio, paura nuova

Il trauma di una città dopo una giornata di indimenticabile terrore.
L'EDITORIALE
di
2 min di lettura

Difficilmente dimenticheremo le scene di terrore viste mercoledì a Palermo. La gente che scappa dalle auto nella circonvallazione diventata un fiume in piena, i tettucci delle vetture appena visibili travolti dallo scorrere violento di acqua e fango, scene di devastazione da film apocalittico. E non c’è stata solo viale Regione siciliana con i suoi sottopassaggi-trappola: mezza città è stata travolta dall’acqua, la conta dei danni è appena cominciata e presenterà un conto non da poco. Per fortuna, in quel conto non ci saranno vite umane. Mercoledì pomeriggio si era avuto notizia di due vittime, un’informazione rilanciata da quasi tutti i media italiani che fortunatamente sembra non corrispondere alla realtà, come già nella tarda serata avevamo riportato, aggiornando la nostra cronaca in diretta.

Ma il conforto di non dover piangere morti non cancella il dolore, la rabbia, lo sgomento, di aver visto Palermo ridotta in quello stato. E la rabbia è ancora più intensa per i palermitani perché ciascuno di loro già prima di mercoledì conservava nella memoria scene analoghe, meno gravi e drammatiche, ma simili. Perché le strade allagate, anche per fenomeni meteorologici meno eclatanti del nubifragio del Festino, sono purtroppo un frequentissimo guasto in questa città. Palermo annega da anni. Intasata come i suoi tombini, questa città vive l’arrivo delle piogge intense come una maledizione. E chiunque ci abbia vissuto per qualche anno lo sa bene.

Il sindaco, facile bersaglio delle polemiche (non foss’altro che per i suoi vent’anni di amministrazione), ha ribadito come l’evento di mercoledì non sia stato preceduto dall’allerta meteo, ricordando gli annosi ritardi, addebitabili ad altri nella sua ricostruzione, registrati nella realizzazione di infrastrutture che dovrebbero mitigare i rischi. I suoi oppositori si sono scagliati contro di lui (Matteo Salvini lo ha fatto praticamente a sciagura in corso e tirando in ballo i migranti, vuoi vedere che è colpa loro?), chiedendone anche le dimissioni. Comunque vada a finire la disfida politica, poiché all’orizzonte una rapida soluzione strutturale non si intravede, come ricostruisce Riccardo Lo Verso,  c’è un trauma che resta nella carne di questa città, una paura fresca con cui fare i conti. Una paura inaccettabile in una metropoli occidentale del ventunesimo secolo. In un Paese che parla e straparla di “sicurezza”, da oggi chiunque attraverserà in auto la quinta città d’Italia percorrendo la sua circonvallazione non si sentirà sicuro al cadere delle prime gocce non previste. Non più temendo di restare impantanato ma di restarci proprio secco. Proprio come in quella celebre scena del classico di Mel Brooks, in cui quando tutto va male, potrebbe pure andar peggio. Potrebbe piovere.


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