CATANIA – Un excursus drammatico con alcuni momenti di viva commozione. Sono questi i sentimenti che hanno contraddistinto l’intervento degli avvocati di parte civile nel processo sul caso “farmacia”. Una vicenda giudiziaria nata dalle indagini sui cosiddetti “laboratori dei veleni”, all’interno del dipartimento dell’Università di Catania, dove per decenni si sarebbero sversati in maniera illegale e pericolosa sostanze chimiche. Nelle parole degli avvocati Santi Terranova e Vito Presti è emerso in maniera marcata anche il forte dissenso nei confronti della Procura etnea per la recente richiesta d’archiviazione avanzata nell’ambito dell’altro filone d’indagine in cui si ipotizza il reato di omicidio colposo plurimo. I legali hanno però precisato che non si opporranno alla richiesta. “Questo è il processo più delicato della nostra vita professionale – ha spiegato alla Corte l’avvocato Terranova – ci sono numeri indelebili come 45 anni di sciatteria e menefreghismo, dal 1968 al 2011. L’unico numero che non si può fermare è quello dei morti”. Proprio alle diverse vittime di tumore, tra ex ricercatori e studenti, l’avvocato ha riservato l’ultima parte del suo intervento elencandoli uno ad uno ed annunciano come una denuncia verrà quanto prima depositata per un nuovo caso di decesso a causa di un tumore ai polmoni, che ha colpito l’ex ricercatrice Giuseppina Piracchio, avvenuto lo scorso dicembre all’età di 42 anni.
Nel processo, che vede 8 persone sul banco degli imputati e per le quali l’accusa, sostenuta dal Sostituto Sturiale ha chiesto pene che vanno dai 3 anni e 2 mesi ai 4 anni, i reati ipotizzati sono quelli di gestione di discarica abusiva, omissione di atti d’ufficio, falso ideologico in atto pubblico e disastro ambientale. Su quest’ultima ipotesi di reato puntano forte le parti civili. L’eventuale condanna porterebbe infatti, come annunciato ai cronisti presenti in aula, a una formale richiesta di riapertura delle indagini per omicidio colposo plurimo. Da decifrare c’è infatti il nesso di causalità tra le morti e lo smaltimento delle sostanze nei lavandini dei laboratori del dipartimento.
Decisive per l’esito processuale potrebbero essere le numerose testimonianze raccolte durante il dibattimento. Professore, studenti e periti che hanno raccontato con versioni alterne le lunghe giornata trascorse nella facoltà di Farmacia. Si è passati da chi ha definito “una routine” lo smaltimento delle sostanze chimiche nei lavandini a chi, secondo accusa e parti offese, ha ripetutamente cercato di sminuire la portata della vicenda. Adesso per quest’ultimi, dopo l’annuncio di trasmissione degli atti in Procura, c’è il rischio di essere sottoposti a indagini per testimonianza falsa e reticente. Grosso spazio durante l’udienza anche alla lettura del memoriale, depositato agli atti del processo, scritto nel 2003 dal dottore Emanuele Patanè. L’ex ricercatore della facoltà di Catania decise infatti di mettere nero su bianco mentre si trovava in punto di morte, durante un periodo di ricovero negli Stati Uniti, tutti gli inquietanti segreti di quei laboratori.