PALERMO- Alla lettura della votazione, ecco l’esultanza. E persino qualche abbraccio. Abbracci “ibridi”. Contro natura. Qualche deputato grillino infatti ha stretto qualche collega del centrodestra. La trappola aveva appena funzionato.
La scena è raccontata da un deputato di maggioranza, per carità. E la suggestione può avere avuto la meglio sulla effettiva portata di quella strana intesa. Ma i numeri no, i numeri non lasciano spazio a interpretazioni. La maggioranza è andata sotto, pesantemente. Frantumandosi in frammenti di polemiche, sospetti e debolezze. La trappola del Movimento cinque stelle, insomma, ha fatto da detonatore per le divisioni dei partiti alleati del governo. Crepe che erano state finora nascoste da una pesante mano di vernice, da qualche decorazione “romana” che sembrava aver messo tutti d’accordo.
E invece oggi, come a dicembre, il governo va sotto. Allora per le proroghe ai commissari delle Province. Oggi sulla norma che prevede l’istituzione delle città metropolitane. Allora, come oggi. In una giornata iniziata proprio nel segno di proroghe considerate “illegittime” se non fuorilegge dall’opposizione. Nomine non condivise con gli altri partiti, anche stavolta. E che probabilmente hanno riacceso qualche malumore interno alla maggioranza.
Ma il voto di oggi porta con sè un dato che adesso somiglia a una costante. Il voto segreto ha fatto venir fuori i franchi tiratori. Già, perché la “trappola” a cinque stelle, di un movimento che aveva manifestato il proprio sì alla norma ma anche i propri dubbi sulle città metropolitane (“che non hanno nulla in comune con quelle del resto d’Europa”) era prevedibile. E comunque per “scattare” aveva bisogno proprio di una maggioranza debole. Inesistente.
Così, dopo il voto, ecco scatenarsi il “tutti contro tutti”. Nonostante i tentativi rassicuranti del presidente dell’Ars Ardizzone: “Le città metropolitane verranno trattate all’articolo sette. La norma così com’è prevede la presenza di queste città all’interno dei liberi consorzi. Certamente, cambia molto, visto che finirebbero per decidere il destino degli stessi Consorzi”. Una interpretazione che non ha convinto il presidente della prima commissione Antonello Cracolici, che già in Aula aveva protestato di fronte alla decisione di andare al voto sull’emendamento che porta la firma di Marco Falcone e che ha scatenato la bufera (secondo Cracolici sull’esistenza delle città metropolitane l’Aula si era già espressa, e positivamente, in occasione di un altro emendamento). Per il deputato del Pd, come detto, l’interpretazione del presidente dell’Ars pecca su un punto: “Le città metropolitane non possono fare parte di un Consorzio. Un comune può appartenere solo a un ente, non a entrambi”. Ma a preoccupare maggiormente Cracolici è il dato politico: “Mi pare evidente” commenta amaro. Così come Giuseppe Lupo, secondo cui “il grave voto di oggi dimostra che la maggioranza traballa”.
Difficile dargli torto. E del resto anche altri esponenti dei partiti alleati al governo erano scuri, scurissimi in volto, dopo il voto. “Adesso basta – ha commentato Lino Leanza, di Articolo 4 – qualcuno continua a nascondersi dietro il voto segreto o con la scusa di sbagliare le operazioni di voto. La maggioranza in Aula aveva i numeri per fare a meno dei voti dei grillini. E la bocciatura di oggi è gravissima, perché interviene su una delle reali novità di questa norma”. E il capogruppo di Articolo 4 Luca Sammartino ribadisce: “Non è possibile che il disegno di legge della maggioranza venga, di fatto, riscritto in aula alla ricerca del voto dei 5 stelle. Quanto sta accadendo deve indurre a riflettere. La maggioranza a sala d’ercole non esiste. Se veramente si vuole fare questa riforma – prosegue – si stringano le fila e si voti compatti altrimenti il governo e la stessa maggioranza prendano atto responsabilmente della situazione creatasi e ne traggano le dovute conseguenze”.
Esultano ovviamente le opposizioni. Raggiante Nello Musumeci. “L’arroganza – ha detto – alla lunga non paga, di fronte al buonsenso e alla ragione. L’Ars ha affossato le Città metropolitane ed ha votato affinché i Liberi consorzi restino nove, tante quante sono le Province. Avevamo ragione noi quando, ad apertura di seduta, stasera, abbiamo chiesto un incontro di tutti i capigruppo. Ma Crocetta – prosegue Musumeci – ha voluto scegliere la strada dell’arroganza ed è stato sconfitto, col voto segreto, da una parte della sua stessa maggioranza. Lo stesso rinvio della seduta a domani conferma che il governo vive in un evidente stato confusionale”. Secondo Toto Cordaro (Cantiere popolare), “l’unica soluzione adesso è quella di ridare il voto ai cittadini. Certo, – ironizza poi il parlamentare – se il gruppo del Pd intendeva dare un benvenuto al neo segretario regionale non poteva farlo in un modo migliore”. Per Marco Falcone (Forza Italia) “il governo, in chiaro smarrimento, fugge via”.
Ma i problemi del governo, come detto, sono anche e soprattutto quelli della maggioranza. Sottolineati oltre che da Cracolici e Lupo, anche dal deputato renziano del Pd Vullo: “Troppi mal di pancia nella nostra coalizione”, ha detto. Mentre il capogruppo Beppe Picciolo attacca: “Con il voto segreto e le solite défaillance del sistema di voto che fa apparire incapaci i deputati, ci troviamo davanti ad un risultato che pone una seria riflessione sul come stare insieme in questa coalizione. Maggiore attenzione si deve richiedere ai deputati della maggioranza che si assentano dai lavori d’Aula e dovrà essere una questione politica che non si può più rinviare “. Peccato però, che tra gli assenti al voto risulti anche lui. Oltre, ad esempio, al capogruppo dell’Udc Lillo Firetto. Assenze al pulsante, ma non in Aula, che hanno suscitato ulteriori polemiche interne alla maggioranza.
Maggioranza implosa dopo lo scoppio, come detto, della trappola grillina. E agli ex amici del Movimento cinque stelle, ha riservato parole velenose anche il fresco socialista Antonio Venturino: “Usano il voto segreto per tradire la loro base, che si era espressa a favore della riforma. Si è trattato di un’azione appartenente a un vecchio modo di fare politica”. “Il sì all’emendamento – replicano Salvatore Siragusa e il capogruppo Francesco Cappello – non sposta di una virgola il nostro atteggiamento sulla riforma, alla quale siamo favorevoli, sempre che vengano rispettati i capisaldi fondamentali perseguiti da sempre dal Movimento (la gratuità della partecipazione ai consorzi e l’eliminazione della politica) e che l’impianto non venga stravolto”. Ma la trappola, ormai, è scattata. E i frantumi della maggioranza, a tarda sera, dopo il voto, erano sparsi nella “stanza del governo” in un Palazzo dei Normanni silenzioso. Per l’ennesima riunione “chiarificatrice”. Per provare a incollare, insomma, ciò che resta.