"Può stare tranquillo | A Misilmeri la mafia non c'è" - Live Sicilia

“Può stare tranquillo | A Misilmeri la mafia non c’è”

Come reagisce Misilmeri al terremoto giudiziario che l'ha percossa? Con una risposta semplice: la mafia non esiste. (Video di Martina Miliani).
Il viaggio dopo il blitz
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Vai in pellegrinaggio a Misilmeri, nel giorno degli arresti che hanno terremotato la politica, ed è come aprire il frigorifero di casa e trovarci dentro un Tirannosauro sorridente. Tutto cambia sotto il cielo siciliano. Usiamo cellulari che scaldano la pastina. Ci ammantiamo di vezzi e strumenti iper-tecnologici. Reclamiamo l’emancipazione di una terra diversa, libera, o comunque in cammino. Ma, quando meno te l’aspetti – o dove proprio te l’aspetti – sotto la cosiddetta pelle del nuovo, emerge il cuore rugoso di una vecchia e invincibile idea: la mafia non esiste. La mafia non c’è. Così replicano gli italiani di Misilmeri interrogati dal cronista.Tali e quali i loro progenitori.

A contorno dell’affermazione, una corolla di facce attonite, per nulla scandalizzate, che sembrano uscite, intonse, dal “Giorno della civetta” (il libro). Cadono le teste degli eccellentissimi della contea. E nessuno batte ciglio. Davanti al municipio, i misilmeresi sotto il sole somigliano ai passeggeri della corriera dopo il delitto delle prime pagine nel romanzo di Sciascia. Magari avranno nomi diversi. I gesti, invece, si riducono all’involontario scimmiottamento. Spunta il profilo del bigliettaio che non aveva visto, nonostante gli sforzi dei carabinieri del capitano Bellodi. Sbuca il panellaro che sussurra stupefatto al maresciallo ringhiante: “Perché, hanno sparato?” E la lingua è il misilmerese, dietro le mezze frasette di circostanza. C’è il passante che si allontana, trascinando i piedi, fino al confine della piazza, senza dare nell’occhio, scrutando l’azzurro, come se l’avesse scoperto di colpo. C’è il gruppo di indifferenti professionali, oltre la canicola, a prova di Gabibbo. Li avvicini per cogliere un sussurro di indignazione, un alito di sentimento civico. Un ghigno, una risata, una lacrime, La risposta è un rintocco di teste sulla rotta del no, per commentare la sorte delle teste che sono rotolate giù dalla china della congiuntura giudiziaria. Non ne sanno niente. Non hanno letto. Non hanno sentito. Non c’erano. E, se c’erano, ovviamente, dormivano. E poi la mafia non esiste.

Per cercare un cenno di salvezza, che ci sarà – come esisteranno aspirazioni e spiriti sensibili – a prescindere dagli incontri del minuto, devi scavalcare coloro che dormivano e continuano a russare. Macchia di colore sotto le bandiere del palazzo comunale. Un signore dai capelli bianchi organizza la riscossa minima, con parole inequivocabili. Si chiama Paolo Lo Presti. Narra di essere stato sindaco, per qualche tempo. Dice: “Gli intrecci con la mafia? Storicamente si tratta di cose che succedono. Bisogna avere il coraggio di svoltare. E’ una situazione difficile dal punto di vista economico e morale. Se penso che il Comune dovrebbe essere sciolto? Credo di sì. La moralità cresce molto poco. C’è un giro di soldi…”. Accanto, altri due amici. Uno, Salvatore Messina, conferma tutto. L’altro è più titubante. Smozzica il suo parere sotto un cappellino rosso che lo ripara. Nicchia: “Mi pare di avere guardato qualcosa. La mafia? Si avverte e non si avverte. Piacere, sono Biagio”. E’ la carta d’identità di Cosa nostra. La avverti e non la avverti. C’è e non c’è. E sei tu che decidi, alla fine, dove stare al riparo.

Al Comune, il sindaco, Pietro D’Aì, non c’è. L’usciere è cortese. Allarga le braccia: “Non so se verrà”. Non c’è Giuseppe Cimò, il presidente del consiglio comunale, coinvolto nella scossa che pochi qui hanno percepito. Cimò, al telefono: “Scusi, sono dai carabinieri per un verbale. Ci risentiamo più tardi e chiacchieriamo”. Il primo cittadino è introvabile. Il telefonino squilla a vuoto. Un sms di presentazione e annuncio non riscuote il minimo successo. Eppure, forse, il sindaco D’Aì potrebbe prendere una posizione. Un vecchietto urla contumelie sullo sfondo. Ce l’ha con i boss? Macché, ce l’ha con Monti…

Fa il caldo di un’estate anticipata. Gli avventori del bar fiutano la vicinanza dei giornalisti. Accennano la mossa della fuga, prima ancora del contatto. Uno si segna la bocca e le orecchie con le dita. Non parla e non ascolta. Uno, valorosamente, accetta il confronto: “La mafia a Misilmeri non esiste. Lei può stare tranquillo”. Tranquillissimi siamo. Al capo opposto della piazzetta, nel microcosmo che racchiude l’anima del paese, si tenta l’assalto a un ulteriore gruppuscolo. Il mini-assembramento si sfarina all’istante. Un tipo con gli occhiali in nero rimane preso nella rete. Se la cava con disinvoltura: “Un nni sapemu parrare. Io sugnu puru sciancatu. Non le so dire. Non posso rispondere. Può essere che lei è mafioso, no?  Ci dicissi una fesseria”. Qual è la stilettata che colpisce al petto il residente? E’ la munnizza, pena collettiva. Sull’argomento, si riscontra una loquacità inversamente proporzionale al tema cosca e arresti, saltando i nessi possibili e simbolici. L’avventore che aveva sentenziato: “la mafia qui non esiste” si lamenta: “C’è chi non paga”. Perfino il tizio con gli occhiali scuri che aveva denunciato la sua disabilità (“sugnu sciancato”) se la prende con i rifiuti che annegano l’orizzonte. E davvero ci sono ed emanano un fetore di carogna e di decomposizione. C’è anche qualcosa in più. Talmente grande, da risultare invisibile.

Corsa fino alla caserma dei carabinieri. Arriva prima la telefonata di disdetta di Cimò, ammutolito dal legale. Il succo, pressapoco: “Con un’indagine in corso, occorre delicatezza. Il mio avvocato mi ha consigliato di stare zitto. Io non conosco nessuno. Fra quarantotto ore leggerete un mio comunicato”. Ennesima chiamata al sindaco D’Aì. Ennesimo tu-tu-tu senza misericordia di replica. Ritorno alla piazza del Comune. Si intravvede la Rai che riprende le pietre della facciata. Le persone vive non diranno nulla di più, eccetto una sparuta minoranza. Sulla stradina che va su, due donne affacciate al balcone si godono il panorama devastato dai cassonetti stracolmi. Sull’immondizia ci sono. Si arrabbiano: “E’ una vergogna”. Quando affiora la cosca si mostrano impreparate. Cadono dalle nuvole. La palma dell’ardimento? Da segnalare l’ex sindaco con la sua opinione di cose che sarebbero evidenti e che l’omertà del contesto rende speciale. Però vince, nel lato sbagliato del mondo, l’uomo del bar, che ha rivendicato la preistoria con orgoglio: “la mafia non esiste”, consegnandoci, con i silenzi, il cuore rugoso di un’idea vecchia e intramontabile, l’assicurazione sulla vita dei boss che furono, che sono e che verranno.

Meglio dell’incredulità del panellaro di Sciascia. Meglio dell’assenza di chi balbetta: perché hanno sparato? L’ammissione completa della cecità è meglio del chiaroscuro. Biagio dal cappellino rosso l’aveva spiegato: si avverte e non si avverte. E’ un gioco di prestigio di tentacoli rudi e dita fatate la mafia. Come la mano che ha fatto sparire dall’ingresso del bar, in un battito, il santino di Vincenzo Ganci, candidato al consiglio comunale con Marianna Caronia di Palermo e arrestato. Prima del caffè c’era.  Ecco Misilmeri. Misilmeri per sempre.


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