PALERMO – Eppure, lo avevano ammesso loro stessi. I politici, intendiamo. I deputati dell’Ars, per la precisione, che pochi mesi fa hanno messo nero su bianco: “La politica condiziona la Formazione professionale siciliana”. Questa, la sintesi delle conclusioni cui era giunta la Commissione d’indagine all’Ars, rese pubbliche nel febbraio scorso.
Una commissione presieduta dal parlamentare del Pd Filippo Panarello e composta dai vice Luigi Gentile (Fli) e Michele Cimino (Grande Sud), dal segretario Raimondo Torregrossa (Pdl). E poi, tra i componenti, uno dei deputati tirati in ballo ieri da Report: Nino Dina dell’Udc, insieme a un parlamentare di area Innovazioni (la stessa di Francantonio Genovese e Nino Papania) come Baldo Gucciardi, e ancora, Giuseppe Arena (Mpa), Giuseppe Digiacomo (Pd), Salvatore Giuffrida (Udc), Marco Falcone (Pdl) e Dino Fiorenza (gruppo misto).
E, come detto, tra le “somme” tirate dalla commissione c’è anche un passaggio che appare un po’ paradossale. Tra le cause che hanno provocato una “crescita esponenziale della spesa pubblica, a prescindere dalle esigenze effettive dell’utenza e della qualità del servizio erogato”, ecco spuntare il problema del “reclutamento del personale che, formalmente in capo agli Enti e fondato su regole e filtri, facilmente aggirabili, ha consentito continue ‘incursioni’ di settori della burocrazia e della politica sia a livello regionale sia a livello periferico”.
Insomma, sono stati proprio i politici a scrivere che è stata “anche colpa dei politici”. E a dirla tutta, erano stati anche i numeri a svelare come Formazione professionale e politica regionale fossero più o meno la stessa cosa. Da uno studio commissionato dal governo Lombardo, infatti, è emerso come dall’istituzione della legge 24 del 1976 (la legge che per trentacinque anni, insomma, ha stabilito i principi dell’erogazione dei contributi agli enti della Formazione siciliani, superata dallo spostamento nel 2011 dei corsi sul Fondo sociale europeo), le assunzioni sono state 7.200. Ma il 60% di queste sono avvenute tra il 2000 e il 2008. Insomma, si è assunto di più negli ultimi otto anni, che nei 24 precedenti. E i “picchi” di assunzioni coincidono spesso con le elezioni regionali. In particolare le ultime due, quelle del 2006 e del 2008. In quel triennio sono state effettuate quasi il 45% delle assunzioni dell’intero settore della Formazione.
Ma c’è un numero che, su tutti, rappresenta il “fenomeno Formazione” in Sicilia. I soggetti occupati in questo settore, al 2011, erano oltre diecimila, suddivisi in 7227 operatori degli enti, 1835 negli sportelli e un migliaio nell’Oif. Numeri che, letti così, possono significare poco. Ma i dipendenti della Formazione siciliana rappresentano, al 2011, addirittura il 46% dell’intero personale della Formazione in Italia. Insomma, quasi la metà degli addetti alla Formazione italiana lavora in Sicilia. I veri “fruitori”, questi ultimi, del fallimentare sistema della Formazione siciliana. Almeno stando a quanto spiegato dalla Corte dei Conti già nel 2007, nella requisitoria del Procuratore generale: “Gli iscritti ai corsi, – si legge – a parte i piccoli rimborsi o le modeste borse di studio percepite durante la frequenza, conseguono, al superamento del corso, non un diploma ma un attestato di qualifica che non sembra poter garantire uno sbocco occupazionale, come dimostrano i dati sulla disoccupazione reale in Sicilia”. Insomma, per farla breve, secondo la Corte dei conti “nella situazione attuale, i corsi di formazione giovano più ai soggetti organizzatori che non a chi li frequenta”. Che il sistema fosse malato, insomma, era da tempo noto a tutti.