Quando in cella va un innocente |Il conto: 7 milioni in un anno - Live Sicilia

Quando in cella va un innocente |Il conto: 7 milioni in un anno

I dati dei risarcimenti per errori giudiziari e ingiuste detenzioni in Sicilia. E le vite distrutte che vi stanno dietro.

PALERMO – Sette milioni e mezzo di euro. Tanto sono costati allo Stato solo nel 2016 i casi di malagiustizia acclarati in Sicilia. Una gran bella fetta del totale nazionale, che ammonta a 42 milioni di euro. Si tratta delle somme pagate a titolo di indennizzo per gli errori giudiziari (a chi è stato prosciolto in sede di revisione) o per le ingiuste detenzioni. Cioè a chi è stato arrestato e non doveva esserlo. Un migliaio i casi inseriti dalla tabella del ministero dell’Economia, che materialmente paga gli indennizzi.

I dati nazionali sono stati diffusi questa settimana dal ministro della Famiglia Enrico Costa su Repubblica. Dal 1992 a oggi lo Stato ha speso ben 648 milioni di euro per le ingiuste detenzioni e 43 milioni per gli errori giudiziari. Nel 2016 gli errori giudiziari per i quali è stato pagato un indennizzo sono stati sei. Tra questi uno è stato acclarato a Catania, per 560mila euro. Si tratta di innocenti condannati in via definitiva che hanno ottenuto la revisione del processo che ha stabilito la loro innocenza. Quanto ai casi di ingiusta detenzione, che riguardano le misure cautelari, le manette a sproposito nel 2016 sono costate allo Stato una trentina di milioni. Il record dei casi a Napoli, 145 per un totale di oltre quattro milioni di euro di indennizzo.

Ma la Sicilia si piazza in alto in questa poco encomiabile classifica. Livesicilia ha chiesto al ministero il dettaglio dei dati relativi ai casi di malagiustizia nell’Isola risarciti nel 2016. Oltre all’errore giudiziario da mezzo milione citato sopra, ci sono poi le ingiuste detenzioni: 74 acclarate dalla Corte d’appello di Catania, per oltre tre milioni di euro di indennizzi (peggio solo Napoli e Catanzaro), 50 dalla Corte d’appello di Palermo con poco meno di due milioni di euro di risarcimento (erano stati 2,4 l’anno prima per ben 80 casi), 44 dalla Corte d’appello di Messina per un milione e mezzo di risarcimenti, 12 da quella di Caltanissetta per oltre 400mila euro. In totale 7.462.490 euro e 181 casi, 181 vite sulle quali si è abbattuto l’uragano del carcere, o dei domiciliari, da innocente. Alle volte anche con l’aggravio del battage mediatico che ha amplificato l’effetto devastante di quelle misure.

In Italia è successo 24 mila volte a partire dal 1992, quando venne introdotto l’istituto per la riparazione per ingiusta detenzione. Per gli indennizzi da manette agli innocenti – che possono arirvare anche dieci anni dopo – lo Stato ha fissato una tabella: 270 euro per ogni giorno ingiustamente trascorso in gattabuia e 135 ai domiciliari. Gli indennizzi hanno fatto registrare un calo nell’ammontare negli ultimi anni. Forse perché chi amministra la giustizia ha sbagliato meno, o forse per l’applicazione in senso restrittivo di un codicillo per cui se l’imputato ha in qualche modo concorso all’esito della sentenza a lui sfavorevole – magari facendo scena muta all’interrogatorio – non viene rimborsato.

Dietro ai numeri poi ci sono le storie. Le vite. Quelle devastate dagli errori di chi amministra la giustizia. Come quella di Giuseppe Gulotta, al quale pochi giorni fa è arrivato l’indennizzo record da sei milioni e mezzo di euro. Lo Stato gli ha rubato la vita, condannandolo all’ergastolo da innocente per il duplice omicidio dei carabinieri ad Alcamo Marina. Il 13 febbraio 2016 – esattamente 40 anni dopo il suo arresto e dopo 22 anni di detenzione – è stato riconosciuto innocente e assolto con formula piena dalla corte di appello di Reggio Calabria. Quattro anni più tardi, nell’aprile 2016, dopo altre estenuanti battaglie gli è stato definitivamente riconosciuto l’indennizzo. Anche gli altri tre giovani condannati come lui sono usciti assolti dal processo di revisione, incluso Giovanni Mandalà, morto in carcere disperato per un male incurabile nel 1998.

Il sito www.errorigiudiziari.com curato da due giornalisti e un avvocato racconta tante di queste storie, con volti, nomi e cognomi. Uno Spoon river di vite dilaniate. C’è la storia di Mohamed Salim, che per un’omonimia finì nel 2004 a Palermo in un’odissea giudiziaria, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. È finito assolto dopo anni di sofferenze e il suo avvocato ha chiesto il risarcimento. Quello che è stato riconosciuto ad Andrea Ammodeo di Cattolica Eraclea: 95mila euro per essere stato arrestato con accuse di mafia e poi assolto in appello. Dopo essere stato più di un anno agli arresti. Ha ottenuto 52mila euro il sudanese Mohamed Nour, ambulante che fu arrestato a Palermo per una rapina che non aveva commesso e che passò un anno tra carcere e domiciliari (da Biagio Conte) fino all’assoluzione. Dovette sborsare 500mila euro lo Stato per i 5 anni di carcere inflitti a Caltanissetta per un omicidio al bracciante Giuseppe Giuliana. Che gridava la sua innocenza e ottenne la revisione del processo, dalla quale si acclarò la sua estraneità ai fatti, dopo lo scempio di una vita, tra processi e detenzione. Scempio che sperimentò anche padre Carlo D’Antoni, parroco a Siracusa. Era accusato dalla procura aretusea di aver costituito un’associazione per delinquere che guadagnava sui permessi di soggiorno dei migranti spesso ospiti della parrocchia. Fu arrestato e posto ai domiciliari, era il 2010, e assolto dal giudice dell’udienza preliminare nel 2014. Nell’aprile del 2016 gli è stato riconosciuto un indennizzo di 10.800 euro ponendo la parola fine al suo calvario.


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