Gocce di primavera. Lei prova a spargerle, come fare bene i conti dell’operazione, come rispondere al prof, come riprendere una pagina strappata e accartocciata. Riprenderla, distenderla, posarla sul cuore. Pochi anni. Una foto su Facebook. Lei e Angelo in un tenero bacio cinematografico. E adesso è già inverno, dopo quattro mesi di sole. E’ l’inverno, con i suoi sepolcri, con il gelo che nessuno ti aveva annunciato.
Lei, la fidanzatina, la vedovella di questo ennesimo incidente stradale, ci prova. Ha le sue gocce di primavera, i suoi fiori colorati. Ma chi l’aveva detto che dopo il profumo è già tempo di spine. Lei e Angelo, nello scatto del bacio e altrove. E una lettera da consegnargli al nuovo domicilio, nel posto nuovo che nessuno sa dov’è. Gocce di primavera tra banchine di ghiaccio. Chiesa Madre gremita a Bagheria. Le corone dei fiori. Lei inghiotte il pianto. Legge per lui: “Amore mio stavamo insieme da quattro mesi. E’ vero non sono tanti ma i giorni passati insieme a te sono i più belli della mia vita. Sei stato il primo e sincero amore e se è vero, come dicono tutti, che il primo amore non si scorda mai, io non ti scorderò mai. Ancora adesso ti mando messaggi, ti chiamo ma tu non rispondi. Dove sei?”.
Ti manda sms e tu non le rispondi. Non puoi. Sono gli sms di sempre, nel linguaggio dei ragazzi e dei quindici anni. Li immaginiamo. Li vediamo scorrere. Tvttbb. Sono tutti così. Erano tutti così.
Amate la vita, ha supplicato il prete dall’altare. Amatela, ragazzi. Ha ragione il prete. Purtroppo, amare la vita non basta per tenerla con sé. Non è mai stato sufficiente. I vecchi e i giovani. I padri e le madri. I fratelli e i figli. Tutti amano la vita, soprattutto quando stanno per perderla. Glielo leggi negli occhi, se hai la saggezza per stare accanto a uno che muore. Ma per Angelo non c’è stata nemmeno una fessura di sguardo. Lei non ha potuto vedere i suoi occhi. Non era con lui, nella luce screanzata del volo. Lei ora legge il suo piccolo grande amore scritto in un messaggio in bottiglia. Veglia accanto alla bara, dove c’è una corona di fiori di mamma e papà. Lo schianto dell’anima spezzata è un grido che non finirà mai. Ha l’eco della stessa domanda di sempre. Amore mio, dove sei?