Palermo, separazioni e riconciliazioni: parla il presidente Balsamo

Quelle coppie in pace: Palermo, il Tribunale dal volto umano

Intervista con il presidente del Tribunale, Antonio Balsamo. Che cos'è lo spazio famiglie.

“Mi sono occupato soprattutto di Diritto penale, per esempio a Caltanissetta, con i processi sulle stragi. Ed è stato per tutti noi, coinvolti in quella esperienza, come se si formasse un ideale dialogo con quelle persone che, nel 1992, hanno dato la loro vita per lo Stato. Un clima forte, condiviso tra magistrati e avvocati. Ora, a Palermo, faccio tante altre cose. Non si finisce mai di imparare”.

Nella stanza del presidente del Tribunale di Palermo, Antonio Balsamo, i dottori Falcone e Borsellino rappresentano, in effigie, una presenza affettuosa e discreta. L’immagine sobria che campeggia non gronda di retorica, né di proclami, per dimensioni e discrezione. E si capisce quanto sia una pietra angolare di tutto. Raccontiamo un Tribunale dal volto umano, cominciando dalle separazioni e dai divorzi che vengono seguiti non soltanto dal punto di vista giuridico, ma cercando di alleviare la sofferenza, sempre pendente, di un distacco. Raccontiamo una frontiera, che si sforza ancora di più di essere vicina alle persone e ai loro drammi. E la raccontiamo con le parole dell’uomo che è il protagonista, con altri, di un rinnovato sforzo: il presidente Balsamo.

Presidente, cosa proponete alle coppie?
“Ci siamo resi conto della necessità di fornire un supporto psicologico a chi sceglie di non camminare più insieme, oltre all’attività giuridica. Così, all’interno del Tribunale, grazie a una intesa con il dipartimento di Scienze psicologiche dell’Università, il martedì e venerdì, dalle 8.30 alle 13.30, è attivo uno spazio per famiglie che vede la collaborazione preziosa di tante figure. E’ una iniziativa che è stata progettata dal presidente della Prima sezione civile, Francesco Micela, e dal direttore del Dipartimento, il professore Gioacchino Lavanco, con una visione interdisciplinare estremamente moderna ed efficace”.

Che tipo di aiuto si fornisce?
“Dopo la presentazione di una domanda di separazione possono nascere tante reazioni emotive che rendono necessario, oltre all’iter processuale normale, l’intervento di un professionista qualificato con una formazione specifica, per creare un clima costruttivo e per ridurre le occasioni di conflitto anche potenzialmente pericolose”.

Pericolose in che senso?
“Anzitutto perché è necessario tutelare i figli minori contro il clima di tensione che può derivare da dinamiche conflittuali tra i genitori. E poi perché in alcuni casi le tensioni possono sfociare in violenza, fino ad episodi molto gravi. Ecco perché è necessario contenere i dissapori, ripristinando un atteggiamento costruttivo, e ne approfitto per ringraziare gli avvocati che hanno apprezzato questo strumento e che, a Palermo, hanno un rapporto di grande collaborazione con la magistratura, fondato su forti valori comuni”.

Ci sono coppie che, grazie a questo spazio, si sono riconciliate?
“Sì, è successo. E poi abbiamo ridotto di moltissimo i tempi, in particolare quelli delle separazioni consensuali, facendo in modo che l’udienza, nella quale il giudice compie un tentativo di riconciliazione, arrivi non oltre i quindici giorni dalla presentazione del ricorso. Un confronto sereno protegge pure i figli. Molti si sono già presentati, con soddisfazione, allo spazio famiglie. Le offro pure un dato complessivo: dal 2019 al 2022 c’è stato un netto calo delle separazioni giudiziali, da 705 a 496”.

Lei ha rivolto la sua attenzione anche al carcere. Ha promosso incontri tra gli studenti di Diritto penale e i detenuti, perché?
“Credo che sia giusto che i futuri operatori del Diritto abbiano una esperienza concreta di cosa è quel luogo, non soltanto un’idea astratta: la scoperta li aiuterà a svolgere al meglio i loro compiti. Il carcere non è una realtà separata dalla società, è utile per tutti tenerlo a mente. Una visione moderna della sicurezza collettiva si fonda sulla rieducazione, che è un principio fondamentale sancito dalla nostra Costituzione”.

Le piace l’espressione ‘tribunale dal volto umano’?
“Non vedo come potrebbe essere diversamente”.

Lei, presidente, come si ricordava, viene dal penale. Si è occupato di stragi.
“Una esperienza molto forte, molto formativa. Proprio perché è stato come entrare in un dialogo ideale con quelle persone che hanno creduto nella lotta alla mafia come movimento culturale e morale capace di coinvolgere ciascuno di noi, a partire dai giovani. Qui mi occupo di tutto e ho dovuto imparare tanto. E so che devo continuare a farlo”.

Un uomo nella sua posizione che dice di dovere imparare non è proprio un soggetto diffusissimo, presidente. Se ne rende conto?
“Io penso che noi giudici dobbiamo ascoltare le persone. Abbiamo un compito da svolgere che va portato avanti con preparazione giuridica ma anche con grande apertura mentale, mettendo in pratica quella vicinanza della giustizia a tutti i cittadini, a partire dalle persone più deboli, che è un fattore indispensabile per ricostruire un rapporto di fiducia. Ci occupiamo di un’umanità spesso sofferente e non dobbiamo mai dimenticarlo. Da questa esperienza umana non si finisce di imparare”. (rp)


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