PALERMO – Non sono esponenti del centrodestra, eppure il governo regionale ha scelto loro per le due nomine nel Consiglio di Giustizia amministrativa. Nomine bipartisan, insomma, quelle – anticipate da LiveSicilia – di Giovanni Ardizzone e Nino Caleca: il primo avvocato ed ex presidente dell’Ars; il secondo, avvocato ed ex assessore all’Agricoltura nel governo Crocetta. La nomina dei due componenti laici è stata deliberata dalla giunta regionale. Ma i due nomi hanno già creato non pochi mal di pancia nella maggioranza e potrebbero, addirittura, essere la ragione del dissenso di qualche “ribelle” in Aula: c’è chi pensa, infatti, possa trattarsi di un segnale che il governo Musumeci vuole lanciare alle opposizioni in vista della prossima sessione di bilancio all’Ars.
Sia Caleca sia Ardizzone dovranno ora rinunciare, per incompatibilità, alla libera professione, quantomeno nel periodo di durata dell’incarico, ovvero sei anni (non rinnovabili): Caleca, in particolare, rinuncerà anche alla difesa dell’ex numero uno di Confindustria Sicilia, Antonello Montante.
L’avvocato palermitano piace in modo trasversale sia alla destra siae alla sinistra. Ha difeso in tribunale molti nomi della politica locale coinvolti in vicende giudiziarie e, nonostante il suo passato sia tra gli uomini di Totò Cardinale, che lo indicò per il posto di assessore all’Agricoltura nel governo Crocetta, e tra i renziani del Pd – ha coordinato il comitato del Sì al referendum costituzionale – il suo nome pare sia stato proposto direttamente da Forza Italia.
Figura trasversale, ma su cui si sono appuntate le critiche del Movimento 5 stelle: “Per Musumeci il principio dell’appartenenza – dicono i deputati pentastellati – supera a quanto pare quello della competenza, più volte sbandierata in campagna elettorale. La figura in questione, ha troppe relazioni con importanti imprenditori e politici tuttora in carica per poterne vagliare in maniera terza i procedimenti. Una nomina in assoluta continuità con il governo Crocetta”.
Poi c’è l’ex presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, esponente messinese dell’Udc. Ritiratosi dalla scena politica per un po’, dopo la sconfitta elettorale dei centristi alle scorse elezioni Regionali, Ardizzone ha guidato l’Assemblea regionale siciliana durante la passata legislatura, quando a Palazzo d’Orleans c’era Rosario Crocetta. La sua nomina al Cga è stata difesa e sostenuta direttamente dal presidente della Regione; e pare sia gradita anche a personalità che ricoprono alte cariche dello Stato a livello nazionale.
Eppure, da presidente dell’Ars Ardizzone aveva proposto la soppressione del Cga, “che svolge, caso unico in Italia, le funzioni di appello della giustizia amministrativa. Bisogna assicurare – aveva scritto in una nota – uniformità di giudizio in tutta Italia, pertanto dopo le sentenze del Tar Sicilia, sia il Consiglio di Stato a decidere eventuali ricorsi in appello”. E oggi invece va a sedere proprio tra i banchi che aveva proposto di far saltare.
D’altronde, il Consiglio di giustizia amministrativa è, sì, un organo giurisdizionale – il secondo grado dopo il Tar per le cause siciliane (nel resto d’Italia hanno il Consiglio di Stato) – ma molto spesso, per via dei meccanismo di nomina dei componenti laici all’interno della sezione consultiva, più che “ente autonomo e imparziale” quale dovrebbe essere viene trattato alla stregua di un ente di sottogoverno. Con l’evidente rischio di conflitti di interesse, visto che il Cga, tra le altre cose, si occupa anche di decidere sui ricorsi presentati contro gli atti della Giunta e degli assessori che la compongono.
Proprio di recente il vicepresidente dell’Ars Giancarlo Cancelleri, a proposito del parere per il taglio ai vitalizi, aveva contestato la scelta di rivolgersi al Cga: “È un organo politicizzato, potrebbero addirittura doversi esprimere politici che godono o potrebbero godere del vitalizio”. Indicati dalla Giunta regionale, i due ex deputati regionali saranno nominati ufficialmente dal Consiglio dei ministri, dopo il passaggio dalla Commissione Affari istituzionali dell’Ars. Commissione in cui la maggioranza, però, è particolarmente traballante e già in passato ha messo in discussione altre nomine del governo.