Regione e Palermo, grandi manovre | Ma tra il dire e il fare c'è Renzi - Live Sicilia

Regione e Palermo, grandi manovre | Ma tra il dire e il fare c’è Renzi

Manca ancora tanto al voto, ma le fibrillazioni nella politica siciliana sono cominciate. E circolano già i primi nomi di papabili. Ma i piani dei protagonisti potrebbero essere scompaginati dall'ipotesi di un voto anticipato per le Politiche.

PALERMO – Il “dopo” è già cominciato nella politica siciliana. Anche se ancora si è alle prime schermaglie, il lungo viaggio che porterà alle prossime Regionali e al dopo-Crocetta ha preso il via. E si intreccia con l’altra grande disfida elettorale all’orizzonte, quella per la città di Palermo e per il dopo-Orlando. Ed è proprio da Leoluca Orlando, forse, che bisogna partire per ricostruire il complesso quadro delle grandi manovre in corso. Sulle quali però grava un’incognita non da poco, legata alla tempistica delle elezioni nazionali.

Orlando dopo Orlando?
Il sindaco di Palermo è uno dei nomi che ricorrono come potenziali protagonisti di entrambe le partite, sia per Palazzo d’Orleans sia per Palazzo delle Aquile. Dopo essere stato considerato per mesi un papabile candidato alla Presidenza della Regione, magari come alfiere di una civica lista dei sindaci in rotta con l’establishment dem, il primo cittadino di Palermo ha dato l’impressione nelle ultime settimane di avere invece avviato una lunga campagna elettorale per la sua ricandidatura a Palazzo delle Aquile. Che rinsalda così le file del suo gruppo in consiglio comunale. Sempre che, come si sussurra da un pezzo, per il Professore l’approdo finale non sia invece un incarico da giudice costituzionale.

Se Orlando dovesse optare per la ricerca della riconferma, a quel punto ancora una volta potrebbe ritrovarsi contro il Pd. I rapporti tra il Professore e l’ala renziana sempre più influente sul partito siciliano sono tutt’altro che buoni. E così ha preso corpo negli ultimi giorni la voce di una possibile candidatura per il centrosinistra di Francesco Cascio, Ncd, già assessore regionale e presidente dell’Ars all’epoca nel centrodestra, ipotesi che sarebbe frutto di un’intesa tra Davide Faraone e Angelino Alfano. Intesa che nascerebbe sull’asse romano che vede insieme al governo il Pd di Renzi e il partito neocentrista del ministro dell’Interno. Ma l’eventualità di una candidatura di Cascio pare aver creato qualche agitazione nella base democratica. E c’è già chi mette le mani avanti per rivendicare le primarie. Lo ha fatto ieri il Comitato Coraggiosi Palermo Città Metropolitana, cioè il movimento che fa capo al “ribelle” del Pd Fabrizio Ferrandelli, che definisce le notizie di stampa in merito a una possibile candidatura di Cascio come un’ipotesi che disattende “i valori democratici che il partito vanta di voler affermare”. Critico sull’ipotesi Cascio anche Ninni Terminelli e anche l’area più vicina al segretario Fausto Raciti parla della necessità di primarie. Insomma, la partita è ancora apertissima e promette di agitare le acque, già mosse, dentro il Pd. Un nome che potrebbe irrompere nella corsa è proprio quello di Fabrizio Ferrandelli, che vinse le primarie la volta scorsa e venne poi sconfitto da Orlando al ballottaggio. Ma, ed ecco un altro incrocio, l’ex deputato regionale potrebbe puntare ancora più in alto e tentare la corsa addirittura per Palazzo d’Orleans.

Orlando contro il Pd un’altra volta, dunque. Scenario che tra i democratici solo Giuseppe Lupo in questi mesi è sembrato intenzionato a scongiurare, nell’ottica di un ricompattamento del centrosinistra. Orlando dal canto suo non sembra affatto sbracciarsi per una pax col Pd, anzi. La sua corsa alle prossime amministrative contro i democratici potrebbe essere i preludio al battesimo di un lista civica dei sindaci che sfiderebbe il Pd alle regionali, pesandosi e inducendo – nel caso di un buon risultato – Renzi a più miti consigli in vista delle Politiche, dove il premier dovrà racimolare una percentuale che oggi appare proibitiva se vorrà evitare il rischio del ballottaggio.

Movimenti a destra
Intanto, mentre il centrosinistra dibatte, c’è già chi scalda i motori per Palazzo delle Aquile. È Saverio Romano, che pur non avendo ancora lanciato una candidatura non sembra più far mistero della sua intenzione di provare la corsa. L’ex ministro ha già lanciato più di un messaggio in questa direzione e la sua potrebbe essere una candidatura “pesante”. Romano si trova al momento in uno spazio politico centrale, quello occupato da Ala di Denis Verdini, partner di Renzi a Roma per le riforme, all’opposizione di Crocetta in Sicilia. Su una sua candidatura a sindaco di Palermo potrebbe un domani convergere il centrodestra, anche se fin qui Gianfranco Miccichè, leader di Forza Italia ha parlato di Giuseppe Milazzo come di un possibile candidato.

Sullo sfondo restano le geografie, ancora da definire, delle alleanze per le regionali. Il Pd ha l’intento dichiarato di blindare l’intesa con Alleanza popolare, cioè Ncd e Udc. Su quale candidatura? È certo presto per parlarne, ma si racconta di un Davide Faraone, sottosegretario e leader dei renziani, pronto al grande salto se Renzi lo chiederà. Di mezzo però c’è la spaccatura interna al partito, e lo scontro sempre più acceso con l’ala sinistra guidata da Raciti e Cracolici, che si è manifestata con una certa violenza sulla questione tesseramento. E ci sono poi gli altri papabili, da Enzo Bianco allo stesso Cracolici. Il quadro è così complesso che se Renzi non metterà il cappello su una “sua” candidatura (Faraone o chi per lui, nei mesi scorsi si era fatto il nome di Roberto Lagalla) potrebbe aprirsi una sfida vera ai gazebo.

L’incognita referendum
Ma soprattutto, a pesare sui futuri giochi politici siciliani, c’è l’incognita decisiva legata ai tempi delle prossime consultazioni elettorali. L’agenda prevedrebbe per l’anno prossimo amministrative a Palermo in primavera, Regionali in autunno, e poi le Politiche nel 2018. Ma di mezzo c’è l’appuntamento con il referendum sulle riforme costituzionali, che Renzi vuole trasformare in un referendum su se stesso. Se la consultazione si trasformasse in un plebiscito, il premier potrebbe essere tentato di accelerare i tempi del voto, chiudere anzi tempo la faticosa legislatura in corso dove i numeri risicati del Senato portano quotidiane insidie, e tentare le urne. A quel punto, la primavera del 2017 potrebbe vedere un ingorgo elettorale, magari coinvolgendo anche Palazzo dei Normanni con una chiusura leggermente anticipata della legislatura dell’Ars. A quel punto le dinamiche nazionali condizionerebbero in modo ancora più decisive coalizioni e candidature, limitando al massimo gli spazi per “esperimenti” in salsa sicula.


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