Renzi e Bianco stringono il patto |Il Premier: "Non rassegnatevi" - Live Sicilia

Renzi e Bianco stringono il patto |Il Premier: “Non rassegnatevi”

Al Bellini va in scena l’ottimismo renziano. (Foto di A.Capuano)

CATANIA – Renzi e Bianco firmano il patto per la città. Le note della Norma suonate dall’orchestra del teatro Massimo Bellini aprono la kermesse. E’ una coreografia sfarzosa quella scelta dal sindaco Bianco per celebrare la visita mordi e fuggi del premier Renzi. Una pletora di ospiti imbellettati, sindacalisti, deputati, senatori, sottosegretari, sindaci e consiglieri comunali accoglie festante l’arrivo di Renzi tra flash e strette di mano. Il primo cittadino sfoggia il sorriso delle occasioni importanti e celebra di riflesso il suo operato. Sul palco c’è un tavolo con due poltrone che ricorda tanto il salotto di Bruno Vespa ai tempi del patto con gli italiani. Prima della firma del documento viene proiettato un video che racconta le bellezze cittadine tratto dal “tempo del raccolto”, iniziativa organizzata dall’amministrazione poche settimane fa per tracciare un bilancio dell’operato della giunta. Le prime fotografie del “patto per Catania” hanno un po’ il sapore di campagna elettorale, complice probabilmente il nome, lo stesso di una lista che sosteneva Bianco nelle scorse competizioni elettorali.

Subito dopo Renzi e Bianco firmano il patto tra gli applausi del pubblico. “E’ un giorno molto importante per la mia citta, per la Sicilia e per il Sud”, dice Bianco prima di illustrare i punti salienti del patto da 740 milioni di euro spendibili fino al 2020. Una vagonata di euro da utilizzare per mettere a punto una serie di interventi che spaziano dal porto e alla metanizzazione del quartiere Cibali, dalla realizzazione della superstrada Catania-Etna al completamento dell’impianto di depurazione passando dalla messa in sicurezza di canali. Tra le opere da realizzare ci sono anche la rifunzionalizzazione della rete museale, il PalaNesima, la zona industriale, il teatro Moncada di Librino, gli orti sociali urbani, svariati interventi di messa in sicurezza per le scuole del valore di undici milioni di euro, il completamento strutture verdi a Librino. Gli interventi saranno verificati con cadenza semestrale. “Questo patto è un’iniezione di fiducia”, dice Bianco pur non nascondendo la “buia crisi” che ha attanagliato la citta etnea. Bianco elogia a più riprese, e tra gli applausi della platea, i risultati del governo nazionale e soprattutto la ritrovata attenzione nei confronti del meridione suonando la carica alla classe dirigente del Sud chiamata a fare la propria parte. Bianco infine spiana la strada al discorso del premier ricordando le criticità maggiori per lo sviluppo del meridione: infrastrutture, costo dell’energia e difficoltà di accesso al credito.

Quando la palla passa a Renzi è la retorica dell’ottimismo e del fare a dominare la scena. Dopo un lungo panegirico sulla cultura, l’identità e l’orgoglio dell’essere italiani, il premier sciorina i risultati del suo governo: dai presunti nuovi occupati del Jobs Act che “domani finalmente potranno festeggiare la festa dei lavoratori” ai fondi per la ricerca. Tra una battuta e una risata strappata al pubblico, il premier annuncia di volere puntare sull’inversione di rotta: sono ancora troppo pochi i turisti stranieri che visitano le regioni del Sud, una percentuale pari alla sola provincia di Bolzano. Dopo un breve passaggio sulla lotta alla criminalità organizzata e sulle banche da accorpare (“ci sono troppi banchieri e poco credito per i cittadini”), Renzi sfodera dal suo repertorio l’ottimismo del fare. “La rassegnazione prenda la strada dell’esilio”, tuona rivolgendosi all’Italia “che urla e guarda il bicchiere mezzo vuoto”. Il riferimento è ai celebri gufi che però, complice la solennità del teatro, non sono menzionati espressamente. Infine, l’invito a controllare l’operato del governo e degli impegni sottoscritti nel patto. La visita catanese finisce così come era iniziata: un bagno di folla nel quale il premier si tuffa salutando anche il pubblico sui palchi. E’ il trionfo della formula renziana “tutto il potere ai selfie”.


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