PALERMO- “Ogni tre mesi verificheremo come vengono spesi i Fondi europei in Sicilia e nel resto del Mezzogiorno”. Il premier Renzi avvia la stagione del “commissariamento soft” sulla spesa comunitaria di “Regione e Comuni”. Lo fa intervenendo prima nella sede della Prefettura di Palermo, poi in un breve comizio elettorale in piazza Politeama durante il quale cita anche Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Un commissariamento soft, dicevamo, quello annunciato dal premier, utile a non disperdere “l’ultima occasione per l’Italia”: i circa 180 miliardi messi a disposizione dall’Europa, appunto. Così, un po’ come si faceva a scuola, Renzi avvia la stagione dei “trimestri” di verifica. E lo fa mentre in prima fila, davanti a lui, siedono il presidente della Regione Rosario Crocetta e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. L’uno accanto all’altro. Poco distante il presidente dell’Assemblea regionale siciliana Giovanni Ardizzone e il commissario dello Stato Carmelo Aronica. Un sunto, quella prima fila, della Sicilia. Dei suoi poteri e delle sue contraddizioni.
Arriva con un po’ di ritardo, in una sala già assai affollata e accaldata. Lo attendono decine di sindaci siciliani. Lui si presenta in abito grigio, cravatta rossa. Accompagnato dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti e dal sottosegretario alla Presidenza del consiglio Graziano Delrio. “Oggi – inizia il suo intervento – è il giorno zero. Mettiamo in mora noi stessi sui Fondi europei e quelli statali. Ci sono oltre 180 miliardi di euro da spendere. I soldi quindi ci sono: vanno spesi e resi produttivi. Mi rendo conto, ovviamente – prosegue Renzi – che la spesa di queste somme affronta ostacoli esogeni ed endogeni. Finché l’Europa calcola quelle cifre all’interno dei vari patti di stabilità, è un problema. Ad esempio una boccata d’ossigeno sarebbe data dalla decisione di escludere dal Patto le somme di cofinanziamento agli investimenti europei. Ma ciò è possibile solo con un’Italia autorevole”.
E l’autorevolezza passa anche dalla capacità “di spendere”. Dalla velocità e dall’efficenza. Su questo piano, il primo ministro non sembra fidarsi appieno delle amministrazioni del Sud. Se è vero che afferma: “Ogni tre mesi chiederemo ai Comuni, alla Regione e alle categorie produttive, di aggiornarci sulla spesa dei Fondi, che dovranno rispettare alcune priorità. Intanto, bisogna intervenire sul numero degli asili nido, sul tempo pieno nella scuola, e sull’inclusione dei giovani, soprattutto di quelli delle zone maggiormente sottoposte al rischio criminalità. Quindi dovremo puntare sull’industria e sul turismo: non è possibile avere i numeri che abbiamo rispetto ai nostri ‘rivali’. Qualcuno oggi crede che l’Italia non possa che andare verso il fallimento. Altri pensano, e io sono tra questi, che questa sia l’ultima occasione. E se falliamo, la colpa del governo. Se il Sud non riparte la colpa è del Sud. Se la Sicilia dovesse fallire, la colpa sarà di chi la amministra, a tutti i livelli”.
Un richiamo alla responsabilità, insomma, rivolto anche al governo di Rosario Crocetta. Il governatore interviene per un attimo, durante l’intervento in prefettura di Renzi, quando il premier fa riferimento alla “Garanzia giovani”, un progetto finanziato con fondi statali. “Oggi l’abbiamo approvato in giunta”, dice Crocetta. “Bene”, taglia corto Renzi, che ricorda, però, come sia stato il governo nazionale ad aprire il portale per le adesioni. Al progetto “hanno aderito circa 5 mila siciliani – dice Renzi – sui circa 29 mila in tutta Italia”. Saluti, e baci. Renzi viene invocato da alcuni sindaci che chiedono, ad esempio, una “legge speciale per i nostri precari”. Lui stringe qualche mano. Scherza nei confronti di uno dei sindaci: “Non urli – sorride – non sono mica sordo”.
Quindi, la giornata prosegue sul palco di fronte al Teatro Politeama, dove è introdotto dall’intervento del segretario regionale Fausto Raciti. C’è molta gente. Ma non moltissima. E arriva anche qualche fischio. I “senza casa”, i “No Muos”, e qualcuno che si autodefinisce “comunista incazzato”. Sventola anche qualche bandiera della Cgil-FIom, tra gli scontenti. Renzi sale sul palco. La cravatta non c’è più. E il suo comizio è una sorta di storia a puntate. Una (un po’ “leggerina”) rassegna delle tappe del suo giro al Sud, compiuto tutto nella giornata di oggi. A Napoli, a Reggio Calabria, a Palermo. Dove ha incontrato studenti, imprenditori, maestre e pescatori. “Un pescatore – racconta – mi ha detto che l’Europa sta fissando regole strettissime per la pesca del pesce spada. L’Europa dice ai nostri pescatori come devono pescare, ma poi lascia Lampedusa da sola, di fronte a quel mare nel quale muoiono donne e bambini”.
Renzi sparge ottimismo: “Noi siamo l’Italia che ci crede, non quella che vuole sfasciare tutto. Siamo l’Italia che vuole costruire, non quella che vuole distruggere”. Quindi l’arrivo a Palermo. “Mi hanno detto che la vera questione, oggi, – inizia – sarebbe stata la mia presa di posizione sulla Rai. Io penso che in un periodo come questo anche la Rai debba fare sacrifici. La tv non è dei partiti, ma dei cittadini”. Alla fine, parlerà solo con una emittente soltanto, quella dell’editore Mario Ciancio. Nessun’altra battuta ai cronisti che nel frattempo avevano registrato il suo intervento. Che ha innescato applausi convinti quando il premier ha fatto riferimento a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, “simboli di legalità, di martirio e di passione”.
Arrivano, però, come detto anche i fischi. Qualche palermitano – isolato, a dire il vero – offende la “fiorentinità” del premier. “Mi avevano detto che ci sarebbero state contestazioni – dice Renzi dal palco – che non mi avrebbero lasciato parlare. Ma io parlo, non mi fermo, non mi farò fermare: l’Italia è nostra, è di tutti”. E dall’Italia all’Europa, il passo è breve. “Verrò mese per mese a controllare come vengono spesi i Fondi Europei”, ribadisce ancora una volta. Tra tre mesi, le prime interrogazioni anche per il governo Crocetta.