In 10 anni i ricavi del comparto della pesca siciliana sono passati dai 445 milioni di euro del 2000 ai 315 del 2009, con un calo del 29%. Addirittura nel 2008 si era registrato un valore di 287 milioni, pari al 35,6% in meno rispetto al 2000. Un andamento in linea con il trend nazionale, ma comunque preoccupante soprattutto per il forte decremento degli occupati nel comparto siciliano. I dati emergono dal report annuale recentemente pubblicato dall’assessorato Risorse agricole e alimentari, realizzato in collaborazione con l’Osservatorio della pesca del Mediterraneo e Distretto della pesca di Mazara del Vallo. I numeri sono stati al centro del convegno sulle possibilità economiche della pesca costiera che si è tenuto a Palermo. La strada tracciata dall’assessorato è quella di una politica integrata di filiera, ma l’obiettivo sembra ancora lontano. Sul fronte del prodotto ittico, si è passati dalle 99mila tonnellate del 2000 alle 43.300 tonnellate del 2008, che equivale a una riduzione del pescato del 56,26%. Se si prendono in considerazione le specie principali 8acciuga, pesce spada, sardina, alalunga, nasello, triglia, tonno e ricciola) le circa 44mila tonnellate del 2004 e 2006 si sono ridotte a 30mila nel 2008 (-32,2%). Quanto alla flotta di battelli e pescherecci, era di 4.329 unità nel 2000 e si è ridotta a 3.196 nel 2008 (-26,1%). In questa involuzione generale, la più penalizzata è la piccola pesca costiera artigianale che dal 2000 al 2008 ha perso 88 milioni di ricavi su quasi 144 (-61,41%), ha perso 854 pescherecci su 2.989 (-28,5%) e quasi 25mila tonnellate di pescato su 31mila (-79,9%).
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