Rieletto un indagato su quattro | Merito dello "sbarramento" - Live Sicilia

Rieletto un indagato su quattro | Merito dello “sbarramento”

L'ex sindaco di Trapani Fazio (nella foto), una condanna alle spalle, approda a Sala d'Ercole. Molti "colleghi" con problemi giudiziari non ce l'hanno fatta: ma solo perché i loro partiti non hanno raggiunto la quota del 5%. Flop di Franco Mineo. Pettinato (Idv), che aveva annunciato il proprio ritiro dalla campagna elettorale, ha ottenuto tremila voti.

Ritornano all'Ars solo in sette
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Girolamo Fazio

Girolamo Fazio

PALERMO – E meno male che si era ritirato. Francesco Pettinato, candidato di Idv a Messina, era stato al centro, nelle scorse settimane, di una polemica, sollevata inizialmente dal “Fatto quotidiano”. Il giornale aveva raccontato di una iscrizione di Pettinato nel registro degli indagati a causa di una presunta infiltrazione della mafia in un appalto per la costruzione di pale eoliche nel comune di Fondachelli, nel Messinese, del quale è sindaco. Già negli anni ’90, Pettinato, che allora non ricopriva alcuna carica istituzionale, venne messo agli arresti con l’accusa di associazione a delinquere ed abuso per aver manovrato le decisioni dell’amministrazione comunale riguardo la costruzione di una strada in prossimità del suo paese, ma tutto terminò con la prescrizione del reato. Dopo un passato nell’Mpa, per Pettinato è arrivata la candidatura con i dipietristi. Una corsa verso Sala d’Ercole che sembrava essersi interrotta dopo quelle inchieste, con un nobile passo indietro: “Non sono mai stato condannato, ma mi ritiro per non mettere in difficoltà il mio partito”. E chissà allora se il partito s’è trovato in difficoltà, visto che Pettinato ha finito per ottenere la bellezza di 2.921 voti, piazzandosi in testa alla lista dell’Idv a Messina. Insomma, altro che ritiro… Pettinato non è un deputato dell’Ars solo perché il partito di Di Pietro, in Sicilia, non ha superato lo scoglio del 5%.

Quella di Pettinato è una storia esemplare, che riguarda diversi candidati all’Ars coinvolti in passato, in vicende giudiziarie. E dire che i numeri sembravano suscitare un po’ di ottimismo. Dei 25 candidati con una condanna, un rinvio a giudizio o un’indagine sulle spalle, ne sono stati eletti solo sette. Ma più che i siciliani, poterono le soglie di sbarramento, visto che il caso di Pettinato non è affatto unico. Per restare a Messina, infatti, ottimo anche il risultato di Santo Catalano, che nella scorsa legislatura dovette lasciare (dopo aver lottato a lungo) gli scranni dell’Ars a causa di un patteggiamento ad un anno e undici mesi per abuso edilizio. Per lui, 3764 voti e primo posto nella lista del Cantiere popolare, ma nessun seggio. Stesso discorso per il compagno di partito Giuseppe Drago. Per lui in passato una condanna definitiva per peculato: quand’era governatore si sarebbe appropriato dei fondi riservati alla presidenza. A Ragusa, però, il suo impegno è stato premiato con 1.706 voti e il primo, ma inutile, posto nella lista del partito di Saverio Romano. Lista che ha ospitato, a Catania, Mimmo Rotella, condannato a un anno per abuso d’ufficio. Anche per lui, niente di fatto: non sono bastati 2.860 voti. Altre due ottime performance, ma non premiate dal seggio all’Ars, quelle di Rudy Maira e Mario Bonomo. Per il primo, ex capogruppo all’Ars del Cantiere popolare, non bastano i 3471 voti e il primo posto nella lista di Caltanissetta. Maira, lo ricordiamo, era finito in una inchiesta della Procura nissena con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla gestione di appalti pubblici. Bonomo, invece, candidato a Siracusa nella lista Fli-Mps, ha ottenuto 2.958 voti. Non gli sono bastati, nonostante sia stato il più votato del raggruppamento, visto che il partito non ha conquistato nemmeno un seggio. Bonomo è indagato per concussione nella vicenda che ha riguardato la presunta “mazzetta” a Gaspare Vitrano. Niente da fare nemmeno per Elio Galvagno, accusato di falso in bilancio per la gestione dell’Ato rifiuti, ma capace di ottenere il maggior numero di preferenze nella lista “Crocetta presidente” a Enna (4.546). Tra i “big” con qualche problemino in passato con la giustizia che, ecco anche Giuseppe Buzzanca, Franco Mineo, Riccardo Minardo e Fabio Mancuso. L’ex sindaco di Messina ha ottenuto comunque un buon risultato: 7.776 voti. Che non sono bastati per ottenere uno dei due seggi all’Ars (sono andati a Formica e Germanà). Buzzanca in passato aveva subito una condanna per peculato: aveva usato l’auto blu per raggiungere la moglie e partire insieme a lei in viaggio di nozze. Ma stavolta, per lui, ecco il “semaforo rosso” davanti all’ingresso di Palazzo dei Normanni. Stesso semaforo che impedirà a Fabio Mancuso di tornare a occupare il suo scranno. Ex presidente della commissione Ambiente, Mancuso sul finale della legislatura era passato dal Pdl al Partito dei siciliani. Un cambio di casacca che non ha portato bene, visto che Mancuso, finito agli arresti domiciliari nel dicembre scorso per bancarotta, con i suoi 4.572 voti è giunto solo quinto tra i colleghi della lista a Catania. A Ragusa, invece, l’ex presidente della Commissione affari istituzionali all’Ars Riccardo Minardo è arrivato secondo nella lista del Partito dei siciliani, dietro all’ex assessore Francesco Aiello.

Nessuno dei due comunque è riuscito a conquistare un seggio in Assemblea. Minardo fu arrestato nell’aprile 2011 per associazione a delinquere, truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato. Tanto rumore per nulla, invece, nella vicenda di Franco Mineo. Il candidato di Grande Sud, accusato di essere stato il portavoce del boss dell’Acquasanta Antonio Galatolo oltre che dell’intestazione fittizia di beni, di usura, concussione e peculato, ha ottenuto 3.304 voti, finendo molto lontano dalla quota necessaria per incassare uno dei due seggi, che sono andati a Riccardo Savona ed Edy Tamajo. Fuori dall’Ars anche un deputato uscente come Giuseppe Arena. Condannato in primo grado a due anni e nove mesi per falso in bilancio era candidato tra le fila del Partito dei siciliani, con cui ha ottenuto 5.190 voti, finendo appena quarto in lista. Fuori dall’Ars anche un candidato alla Presidenza: Cateno De Luca, indagato per tentata concussione e abuso d’ufficio per una vicenda di investimenti alberghieri nel piccolo comune di Fiumedinisi, con la sua Rivoluzione siciliana è rimasto molto lontano dalla soglia minima per ottenere un seggio all’Ars. Niente da fare nemmeno per Placido Oteri, candidato nella lista “Musumeci presidente” a Messina. Il suo caso, sollevato da Live Sicilia, aveva spinto il candidato alla presidenza Nello Musumeci a chiederne e (apparentemente) ottenerne il ritiro. In realtà, Oteri, condannato l’anno scorso in primo grado a sei anni di reclusione per tentata estorsione, ha proseguito la sua campagna, persino sponsorizzando le sue convention sui quotidiani regionali. Ma alla fine, sono arrivati appena 555 voti. Anche la vicenda di Giuseppe Spata fu sollevata dal nostro giornale. Condannato a un anno in primo grado per abuso d’ufficio, era candidato con l’Udc a Palermo. Per lui, solo 361 voti. Sempre tra i centristi, eletto invece Pippo Sorbello a Siracusa con 7.361 voti. L’ex sindaco di Melilli era stato in passato condannato a quattro mesi di reclusione per abuso d’ufficio per fatti legati al finanziamento della sua campagna elettorale.

Fuori dall’Ars anche due ex sindaci del Trapanese con qualche problema giudiziario. Gianni Pompeo nell’Udc, rinviato a giudizio per abuso d’ufficio, è arrivato secondo dietro Mimmo Turano, con i suoi 4371 voti. Anche Giacomo Scala del Pd, è accusato di abuso d’ufficio. Per lui, 3060 voti e terzo, inutile posto, nella lista dei democratici a Trapani. Ce l’ha fatta, invece, Mimmo Fazio. L’ex sindaco di Trapani, infatti, condannato in appello dal tribunale di Trapani alla pena di quattro mesi di reclusione, sostituita da una multa di 1.520 euro e all’interdizione per un anno dai pubblici uffici per il reato di “violenza privata”, ha “sbancato” la lista del Pdl a Trapani, ottenendo ben 6283 voti. Sempre nel Pdl, ma a Palermo, eletti due deputati uscenti: il presidente dell’Ars Francesco Cascio (il più votato con 12.395 voti) e l’ex presidente della Commissione attività produttive Salvino Caputo (per lui 5.730 voti). Quest’ultimo avrebbe annullato le multe a carico di un assessore e di sua moglie, servendosi di una determinazione sindacale. Per questo motivo è stato condannato a due anni per tentato abuso d’ufficio e falso ideologico. Cascio, invece, è accusato di omissione di atti d’ufficio in un’inchiesta sull’inquinamento “acustico”. Con lui, sono coinvolti in questa vicenda dall’entità, a dire il vero, certamente diversa rispetto alla maggior parte degli altri casi raccontati qui, i deputati uscenti e candidati col Partito dei siciliani Mario Parlavecchio e Giovanni Di Mauro. Il primo è rimasto fuori dall’Ars dopo aver collezionato 1209 voti nella lista di Palermo. Di Mauro invece ha dominato la lista agrigentina e conquistato il seggio grazie ai suoi 7754 voti. Sempre nel Partito dei siciliani, ritrovano un posto all’Ars Pino Federico accusato in passato di voto di scambio (secondo i pm avrebbe richiesto e ricevuto l’appoggio del clan Madonia) e Giuseppe Picciolo, transitato proprio a fine legislatura dal Pd agli autonomisti: per lui, imputato con l’accusa di simulazione di reato e calunnia aggravata (avrebbe spedito lettere anonime che sostenevano falsamente presunti illeciti nella gestione dei rifiuti) ecco 8389 voti a Messina e il ritorno in Assemblea.


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