Acqua, Crocetta si arrende | Non si opporrà all'impugnativa - Live Sicilia

Acqua, Crocetta si arrende | Non si opporrà all’impugnativa

L'assessore Contrafatto: "Costituirsi di fronte alla Corte costituzionale non avrebbe comportato alcun vantaggio pratico". Ma adesso l'esecutivo regionale dovrà riscrivere la norma secondo i dettami di Roma.

Sistema idrico
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PALERMO – Il governo Crocetta si arrende. Non si opporrà, di fronte alla Corte costituzionale, all’impugnativa dello Stato alla legge di riforma del sistema idrico, approvata all’Ars la scorsa estate. Una decisione che già ha scatenato la reazione delle opposizioni: “Finisce il sogno dell’acqua pubblica”, ha tuonato il Movimento cinque stelle.

La scelta di non costituirsi di fronte alla Consulta è puramente “strategica”, invece, secondo l’assessore all’Energia Vania Contrafatto: “L’acqua in Sicilia – ha precisato – è e rimarrà pubblica e la legge approvata dall’Ars lo scorso anno, sia pure impugnata, resta in vigore, tanto che ho recentemente firmato il decreto di delimitazione degli ambiti territoriali. Quindi resistere all’impugnativa, sul piano pratico, non avrebbe avuto alcun effetto. Stiamo presentando all’Ars – ha aggiunto – un ddl che eliminerà i principali aspetti di incostituzionalità e i problemi tecnici che la legge, già in sede di prima applicazione, ha presentato. L’approvazione da parte dell’Ars del nuovo ddl farà cessare la materia del contendere, eliminando il contenzioso alla Corte costituzionale prima che si arrivi alla sentenza”.

Insomma, il governo regionale non si opporrà. Ma, di fatto, riscriverà la legge secondo i dettami di Roma. A dire il vero, lo stesso assessore Contrafatto durante l’iter della riforma aveva sottolineato i chiari rischi di incostituzionalità della legge. Una legge che penalizzerebbe troppo – violando così la Costituzione – i privati che intendano investire in Sicilia. Sia per la “prevalenza” data al pubblico, sia per la brevità della concessione (9 anni). Ma non solo, la legge prevede un meccanismo di penalità nel caso di affidamento ai privati, e una serie di deroghe al numero degli ambiti ottimali. Formalmente nove, ma che rischiano di moltiplicarsi in seguito appunto alle eccezioni previste dalla norma. Tra cui quella che prevede la possibilità per i Comuni che non hanno consegnato all’Ato le reti idriche, di tenersele. Solo per fare un esempio, degli 82 Comuni del Palermitano, solo una cinquantina in questi anni hanno restituito le reti. Oggi, insomma, ogni Comune può gestire l’acqua come vuole. La norma quindi finirebbe per snaturatare la legge nazionale che prevedeva, invece, la creazione di pochi Ambiti ottimali.

“Finisce – dichiara l’ex presidente della Commissione ambiente all’Ars Giampiero Trizzino del Movimento cinque stelle – il sogno dell’acqua pubblica in Sicilia. L’assessore Contrafatto ha annunciato oggi in commissione Ambiente che la Regione non si è costituita davanti alla Corte costituzionale per difendere la legge varata dall’Ars. E’ un fatto di una gravità inaudita, che vanifica anni di lavoro e mortifica le aspirazioni dei cittadini che col referendum avevano dato un’indicazione inequivocabile. In seguito a questa affermazione – dice – in commissione è scoppiato il finimondo e ce n’erano tutte le ragioni. Anni di lavoro buttati a mare a causa di una decisione onestamente incomprensibile”.

“E’ la conferma – sostiene il deputato grillino Valentina Palmeri – che non c’è la volontà politica di regolamentare il settore dell’acqua in Sicilia e di mettere mano al sistema di potere che controlla il settore grazie all’attuale deregulation. Un fatto che va imputato non solo al governo, ma anche alla maggioranza che lo sostiene”.

La bocciatura della norma regionale arrivò ufficialmente il 20 ottobre scorso, attraverso una nota molto chiara della presidenza del Consiglio dei ministri: “Numerose disposizioni – spiegava la nota – contrastano con le norme statali di riforma economico sociale in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell’ambiente, spesso di derivazione comunitaria, eccedendo in tal modo dai limiti posti alle competenze regionali. In caso di approvazione di una nuova normativa da parte dell’Assemblea regionale siciliana che riveda completamente il testo, il Governo potrà valutare l’opportunità di riesaminare il ricorso”.

La questione assunse subito una valenza politica, in seguito alle parole del sottosegretario siciliano Davide Faraone, che mise in discussione in quell’occasione anche la credibilità del governo regionale: “Non ha senso fare riforme se si sa in partenza che quelle riforme poggiano su presupposti sbagliati. Ennesimo capitolo di una saga che va avanti da troppo tempo. La legge viene impugnata per una serie di criticità che erano già evidenti prima del voto finale dell’Ars. Tutto quello che avevamo detto si è verificato sotto i nostri occhi. Increduli”. E adesso il governo Crocetta ha deciso di arrendersi: ricopierà la legge come è stata dettata da Roma. Come è già successo, solo per fare un esempio, con l'”epocale” riforma delle Province.


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