Riforma tributaria, la grande occasione (sprecata) del contraddittorio - Live Sicilia

Riforma tributaria, la grande occasione (sprecata) del contraddittorio

Punti di forza e di debolezza di una rivoluzione attesa da mezzo secolo

Con la legge n. 111 del 9 agosto 2022 è stata data al Governo la delega per emanare i decreti legislativi necessari per l’attuazione della Riforma Tributaria, una riforma che si attendeva da quasi cinquant’anni e che oramai era diventata indispensabile per mettere ordine nelle tantissime e confuse disposizioni fiscali esistenti, per semplificare gli adempimenti dei contribuenti e diminuire l’evasione, anche attraverso la tax compliance, puntando peraltro alla diminuzione del cuneo fiscale e della pressione fiscale più in generale.

Il termine per l’attuazione della riforma è stato fissato in 24 mesi dalla data della legge delega. Ma il Governo ha deciso di provvedere subito per le parti che non comportano oneri aggiuntivi di bilancio, rimandando ad un secondo momento, comunque entro il termine di due anni, l’emanazione degli altri decreti delegati. Attualmente sono state approvate dal Consiglio dei Ministri le bozze di ben nove decreti legislativi, ma di questi solo cinque sono già approdati in Gazzetta Ufficiale.

Questi, ossia quelli che sono già “legge”, sono i Decreti legislativi emanati il 30 dicembre 2023 e cioè il Dlgs n. 221 d sull’adempimento Collaborativo (in GU n 2 del 3 gennaio 2024), il n. 210, sul Contenzioso Tributario (in GU n 2 del 3 gennaio 2024), il n. 219 riguardante le modifiche allo Statuto del Contribuente (in GU n 2 del 3 gennaio 2024), il n. 216 (in G.U. n. 303 del 30 dicembre 2023) riguardante il riordino degli scaglioni Irpef e nuove disposizioni per le detrazioni e le addizionali, il n. 301 del 28 dicembre 2023, riguardante la fiscalità internazionale (in G. U n. 301 del 30 dicembre 2023), ed infine il n. n. 1 dell’8 gennaio 2024 (in G.U. n. 9 del 12 gennaio) riguardante la semplificazione degli adempimenti.

Attendono ancora l’approvazione definitiva del Consiglio dei Ministri ed i necessari pareri parlamentari e, poi, evidentemente, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, altri decreti legislativi come quello sull’Accertamento, sul Concordato preventivo biennale, sui Giochi. Si attendono, con ansia, comunque, quelli riguardanti il riordino delle sanzioni, e, dulcis in fundo, l’emanazione dei Testi Unici, forse la cosa più difficile da fare, per mettere insieme e coordinare le quasi 50 mila disposizioni tributarie oggi esistenti, consentendo ai contribuenti di conoscere con facilità quali sono i loro obblighi senza bisogno di ricorrere agli esperti per ricercare, nella selva confusa di disposizioni esistenti, quella che va applicata per operare correttamente secondo il dettato della Costituzione ed evitare le sanzioni che, come ben sappiamo, sono sempre “dietro l’angolo”.

Ma tra le disposizioni già varate e pubblicate in Gazzetta Ufficiale, spiccano in maniera particolare il contraddittorio preventivo obbligatorio e la nuova autotutela. Sono norme contenute nel Decreto legislativo 219 (Modifiche dello Statuto dei Diritti del Contribuente), ma che trovano pure disposizioni che li riguardano (in particolare l’autotutela), anche nel Decreto legislativo n. 220 (quello sul contenzioso). In effetti, sia sul contraddittorio, sia sull’autotutela, le aspettative sono state moltissime. Alla fine, qualche risultato è stato comunque raggiunto. Principalmente l’introduzione, nella legge 212 del 2000 (lo statuto dei Diritti del Contribuente), del Contraddittorio preventivo obbligatorio (articolo 6 bis del nuovo testo della legge 212/2000), in vigore a decorrere dal 18 gennaio 2024.

Si ricorda che, all’articolo 1 della legge 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto dei Diritti del Contribuente) è stato ora aggiunto il comma 3-bis secondo il quale “le amministrazioni statali osservano le disposizioni della presente legge concernenti la garanzia del contradditorio e dell’accesso alla documentazione amministrativa tributaria, la tutela dell’affidamento, il divieto del bis in idem, il principio di proporzionalità e l’autotutela. Le medesime disposizioni valgono come principi per le regioni e per gli enti locali che provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti nel rispetto delle relative autonomie. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni della presente legge, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione”.

Al successivo comma 6 bis, più in particolare, viene precisato che “(Principio del contraddittorio). – 1) Salvo quanto previsto dal comma 2, tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo ai sensi del presente articolo. 2) Non sussiste il diritto al contraddittorio ai sensi del presente articolo per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, nonché per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione. 3) Per consentire il contradditorio, l’amministrazione finanziaria comunica al contribuente, con modalità idonee a garantirne la conoscibilità, lo schema di atto di cui al comma 1, assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo. L’atto non è adottato prima della scadenza del termine di cui al primo periodo. Se la scadenza di tale termine è successiva a quella del termine di decadenza per l’adozione dell’atto conclusivo ovvero se fra la scadenza del termine assegnato per l’esercizio del contraddittorio e il predetto termine di decadenza decorrono meno di centoventi giorni, tale ultimo termine è posticipato al centoventesimo giorno successivo alla data di scadenza del termine di esercizio del contraddittorio. 4) L’atto adottato all’esito del contraddittorio tiene conto delle osservazioni del contribuente ed è motivato con riferimento a quelle che l’Amministrazione ritiene di non accogliere”.

Come si diceva prima, su questo argomento le aspettative erano tante. Anche perché nonostante la buona volontà (è giusto riconoscerlo) di alcune Direzione Regionali (come quella della Sicilia), il dialogo con il contribuente non è mai stato preso in debita considerazione, tranne che nei casi (molto limitati) espressamente previsti dalla legge. L’istituzione come principio fondamentale ed obbligatorio del contraddittorio preventivo, pena l’annullabilità dell’atto amministrativo emanato senza avere prima ascoltato il contribuente costituisce pertanto una novità estremamente importante.

Peccato, tuttavia, che ai sensi del 2° comma del citato articolo 6 bis non sussiste obbligo di contraddittorio, oltre che nel classico caso di fondato pericolo per la riscossione dell’imposta, anche nei casi di accertamenti “automatizzati”, quegli accertamenti, cioè, fondati sull’elaborazione delle dichiarazioni (36 bis e 36 ter del D.P.R. 600/73 o 54 bis del D.P.R. 633/72). Poiché si attende un apposito Decreto Ministeriale per circoscrivere l’ambito applicativo delle ipotesi di non applicabilità del contraddittorio, speriamo che non vengano inclusi (nel divieto) i casi di accertamenti parziali, principalmente quelli basati sull’incrocio dei dati dichiarati con altri dati altrove emergenti (art. 41 bis D.P.R. 600/73), tipologie di accertamenti che, costituendo una grossa fetta degli accertamenti notificati dagli uffici, limiterebbero pesantemente il contraddittorio stesso, anche quando lo stesso, pure nei casi precedentemente citati, sarebbe estremamente importante per giustificare rilievi che, contrariamente a quanto supposto dall’ufficio, potrebbero essere infondati.

Per quel che concerne l’autotutela, la sua nuova versione è pure inserita nella legge 212/2000, con due nuovi articoli. L’art. 10-quater (Esercizio del potere di autotutela obbligatoria), secondo il quale “1)
l’amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione: a) errore di persona; b) errore di calcolo; c) errore sull’individuazione del tributo; d) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria; e) errore sul presupposto d’imposta; f) mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti; g) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza. 2) L’obbligo di cui al comma 1 non sussiste in caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria, nonché decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione. 3) Con riguardo alle valutazioni di fatto operate dall’amministrazione finanziaria ai fini del presente articolo, in caso di avvenuto esercizio dell’autotutela, la responsabilità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, è limitata alle ipotesi di dolo. Nonché l’art. 10-quinquies (Esercizio del potere di autotutela facoltativa). Secondo il quale “1) Fuori dei casi di cui all’articolo 10-quater, l’amministrazione finanziaria può comunque procedere all’annullamento, in tutto o in parte, di atti di imposizione, ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in. pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, in presenza di una illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione.

Quindi, dopo tanti anni durante i quali l’annullamento e la correzione degli errori della Pubblica Amministrazione fiscale erano lasciati alla discrezionalità dell’ufficio il quale doveva verificare l’esistenza di un interesse pubblico alla modifica o all’annullamento dell’atto originariamente emanato, e dopo tante speranze, quasi sempre deluse dalla Giurisprudenza, circa la possibilità di ricorrere contro il diniego, tacito o espresso, da parte dell’Ufficio, ora la legge (l’articolo 10 quater della legge 212/2000) afferma l’obbligatorietà della correzione o annullamento in autotutela, seppure solo in presenza di specifiche condizioni quali errore di persona, errore di calcolo, errore sull’individuazione del tributo, errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria, errore sul presupposto d’imposta, mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti e mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.

In tutti gli altri casi, l’autotutela è facoltativa, nel senso che sarà l’ufficio a valutarne le condizioni, verosimilmente applicando il principio dell’interesse pubblico, interesse il quale, comunque, non è solo l’interesse dell’Erario, ma anche l’interesse ad una giusta tassazione, quella costituzionalmente prevista. Resta fermo in ogni caso il principio che l’autotutela è ammessa anche in presenza di atti definitivi, a meno che non ci sia una sentenza passata in giudicato. Sempre con riguardo all’autotutela, e più in particolare, sulla possibilità del contribuente di ricorrere contro il rigetto (tacito o espresso) dell’istanza da parte dell’Ufficio, si ricorda, intanto, che con una modifica apportata dal Decreto Legislativo n. 220 del 30 dicembre 2023 (Modifica del contenzioso tributario), all’articolo 19 del D. Legislativo 546/1002, sono state aggiunte due lettere, la lettera “g-bis)” (rigetto autotutela obbligatoria) e “g-ter)” (rigetto autotutela facoltativa), proprio per includere tra gli “atti ricorribili” anche il rifiuto dell’autotutela, sia obbligatoria che facoltativa (nell’autotutela facoltativa solo il rifiuto espresso).

Così come si ricorda che, con l’articolo 2, comma 4, del ripetuto D.Leg/vo 219/23, risulta abrogato, tra l’altro, il D.M. 37 del 1997, quello che fino ad ora era il punto di riferimento dell’autotutela. Ma chissà se il Legislatore ha pensato che in questo modo ha abrogato anche il “potere sostitutivo” della Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate di cui all’articolo 1 del citato decreto del ’97 ed il “parere obbligatorio” della medesima Direzione Regionale previsto dall’articolo 4 (sempre del DM 37/97) in caso di annullamento di un atto di valore superiore ad “un miliardo” delle vecchie lire. Insomma, certamente l’istituto dell’autotutela è migliorato rispetto al passato. Ma l’abrogazione tout court del DM 37/97 (al quale il nuovo articolo 10-quater si è comunque ispirato) e, principalmente, la difficile individuazione delle fattispecie che rientrano nell’autotutela obbligatoria oppure in quella facoltativa (circostanza che sarà sicuramente un punto molto discusso ai fini dell’applicazione della prima o della seconda forma di autotutela), molto probabilmente non consentiranno quella certezza del diritto alla quale tutti, da sempre, auspichiamo.

In tema di modifiche del contenzioso avvenute con il Decreto legislativo 220/23, è utile ricordare che, con l’articolo 2, del citato Decreto 220/23, è stato abrogato l’articolo 17 bis del D.Legislativo 546/92, con il conseguente venir meno della “mediazione tributaria” (riguardante controversie di valore non superiore a 50.000 Euro), facendo cessare definitivamente la vecchia questione riguardante la legittimità di una procedura, appunto quella della mediazione, che, lasciata nelle mani di una delle parti in giudizio, ossia affidata sostanzialmente a chi aveva portato avanti la pretesa fiscale, giungendo fino alla fase del contenzioso, è sempre stata sospettata da mancanza di terzietà.

Un’ultima considerazione, seppure non riguardante né il contraddittorio né l’autotutela, va fatta con riguardo all’istituzione, avvenuta con la modifica dell’articolo 13 della Legge 212/2000 con l’articolo 1 del il Decreto Legislativo 219/2023, del Garante del Contribuente Nazionale, al posto dei Garanti del contribuente regionali finora esistenti. Una previsione, quest’ultima, che, seppure voglia fare elevare il rango del Garante del Contribuente ad una vera e propria Autority nazionale, di fatto ne annulla quasi completamente i poteri. Non c’è dubbio, infatti, che un solo Garante dei Contribuenti in ambito nazionale non sarà sufficiente per rispondere alle segnalazioni dei vari contribuenti che lamentano irregolarità, scorrettezze, ecc.. Un compito che potevano assolvere i Garanti di ciascuna regione d’Italia, ma non un solo Garante, seppure dotato, come è probabile, di personale in misura maggiore di quella di cui i garanti regionali si sono avvalsi, personale, peraltro, finora fornito discrezionalmente dalla locale Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate.

E poi va sottolineata l’eliminazione, tra i poteri dell’Unico Garante, dell’“attivazione dell’autotutela”, un’attività che per il Garante regionale costituiva il lavoro più significativo di tutte le altre incombenze previste dalla legge e che, magari prima ancora della richiesta del contribuente e prima dell’instaurarsi del contenzioso, consentiva l’eliminazione degli errori che la stessa Amministrazione riteneva di avere commesso. In senso positivo, vanno pure sottolineate altre novità contenute nel Decreto Legislativo 219/23, che tentano di rafforzare il principio dell’affidamento e della buona fede del contribuente, come quella che prevede, finalmente, che il procedimento tributario deve bilanciare l’interesse erariale con la tutele dei diritti fondamentali del contribuente (nel principio di proporzionalità, applicabile sia per l’accertamento dell’evasione che in caso di elusione), per cui l’azione amministrativa non deve eccedere i fini perseguiti e non deve limitare i diritti del contribuente, oltre quanto strettamente necessario.


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