Riscossione, i numeri del disastro | Rebus sul futuro della società - Live Sicilia

Riscossione, i numeri del disastro | Rebus sul futuro della società

Le dimissioni del nuovo Cda complicano la già drammatica situazione. Liquidazione o rilancio?

PALERMO – Costa troppo, è indebitata, soprattutto con l’ex socio Monte dei Paschi di Siena; ha 500 dipendenti che le hanno fatto causa su 686. Riscossione Sicilia va chiusa, ha stabilito l’Ars con una norma approvata nel 2017. E le procedure per la liquidazione sono in corso, c’è un gruppo di lavoro che sta studiando le fasi per la transizione. Ma è arrivata una nuova batosta: oggi si sono dimessi tutti i vertici appena insediati. E questo a pochi giorni da una accesa discussione in Commissione Bilancio all’Ars dove i parlamentari di questa nuova legislatura avevano manifestato qualche perplessità sulla necessità di trasferire a Roma la riscossione dei tributi dei siciliani, ventilando l’ipotesi di un passo indietro e di un rilancio.

Dall’insediamento alle dimissioni del nuovo Cda sono passati soltanto pochi giorni. Pochissimi giorni, appena due settimane. Il presidente e il Consiglio di Amministrazione di Riscossione Sicilia hanno appena avuto il tempo di mettere mano ai documenti interni della società partecipata della Regione, si saranno riuniti non più di un paio di volte davanti a faldoni su faldoni, poi sono tornati dal presidente Musumeci che li aveva nominati e hanno rimesso l’incarico. Domenico Achille, Michelangelo Patanè e Graziella Germano si sono arresi davanti all’evidenza della gravissima situazione economica e amministrativa nella quale versa la società. Un incarico immane da affrontare. E a titolo gratuito (i tre sono già pensionati e non possono percepire emolumenti), senza assicurazione, senza benefit (il contratto della società non li prevede più). Davide, insomma, stavolta soccombe a Golia.

E per il governo, quindi, la grana partecipate diventa ancora più seria. “È l’ennesimo fallimento della giunta Musumeci – afferma la capogruppo del M5S all’Ars, Valentina Zafarana -. Fallimento che si va ad aggiungere a quelli raccolti sul versante rifiuti e sanità, solo per citare i maggiori. In attesa delle grandi riforme, di cui a oggi non c’è la più flebile traccia, ne prendiamo atto e chiediamo all’assessore Armao di venire a riferire in aula su questa vicenda che sta assumendo contorni sempre più gravi”. “Il governo – dice Antonello Cracolici, parlamentare regionale del Pd – riferisca in aula su quanto sta accadendo a Riscossione Sicilia: presenterò un’interrogazione all’Ars, le dimissioni dei componenti del cda hanno aperto una delle crisi istituzionali più profonde in atto alla Regione”. “Riscossione Sicilia – ha detto il governatore Nello Musumeci – non è la sola a destare preoccupazione: sono numerose in Sicilia le società vigilate che sopravvivono in spregio alle più elementari regole di buona amministrazione. Non si può far finta di non vedere questa vasta palude da bonificare”.

Una situazione “fortemente negativa”

La situazione di Riscossione Sicilia è “fortemente negativa”: così l’ha definita qualche giorno fa in Commissione Bilancio all’Ars il gruppo di lavoro congiunto creato con decreto dell’assessore all’Economia in vista delle procedure di liquidazione. “Il risultato della gestione finanziaria è fortemente negativo – è scritto nella relazione che hanno presentato – in quanto gli oneri finanziari su base annuale sono pari a circa il 10% dei ricavi correnti”, ma “lo squilibrio strutturale” è dovuto anche “allo stato deteriorato delle linee di credito verso Monte dei Paschi di Siena e all’evoluzione del contenzioso con la stessa banca ex soci”. Un miglioramento dei conti si è registrato con “gli incassi riferiti alla definizione agevolata dei ruoli”, ovvero per la rottamazione delle cartelle, ma l’indebitamento verso le banche è ancora “molto superiore all’ammontare dei ricavi dell’esercizio determinando un significativo squilibrio”.

Un dato, su tutti, salta agli occhi nella relazione presentata all’Ars: ciascun dipendente di Riscossione Sicilia costa più di un dipendente dell’Agenzia delle Entrate e restituisce un ricavo inferiore alla media. In numeri: 8,7 milioni di euro di un dipendente di Riscossione rispetto ai 10,3 milioni di Agenzia delle Entrate. “A meno di un efficientamento della gestione”, la convenienza è chiudere e trasferire tutto all’ente statale. Inoltre, non basta mantenere l’agente della riscossione siciliano in assenza della titolarità dell’accertamento.

Numerose, quindi, le cause che hanno determinato il nuovo vuoto dirigenziale, costringendo la giunta regionale a riunirsi d’urgenza per identificare tre nuovi soggetti a cui assegnare il delicato incarico: il vastissimo contenzioso (tre, per l’esattezza) per centinaia di milioni di euro che la società ha in corso anche con l’ex socio Monte dei Paschi di Siena; le inevase richieste dei dipendenti, che a loro volta hanno comportato oltre 500 azioni legali, su un totale di 686 dipendenti; il pesante clima che si respira all’interno dell’azienda, perché non si conosce ancora il futuro tra rilancio e liquidazione; gli incombenti adempimenti in vista dell’attuazione del processo organizzativo stabilito lo scorso anno dall’Assemblea regionale siciliana con una legge che autorizza la Regione a chiudere Riscossione Sicilia per farla assorbire dalla nazionale Agenzia delle Entrate entro dicembre 2018.

 Quale futuro per Riscossione Sicilia

“Le dimissioni del Cda di Riscossione Sicilia sono un’ulteriore conferma del fallimento politico e gestionale dell’azienda. Un’azienda in deficit strutturale, che costa milioni di euro ai siciliani, amministrata male in questi anni e ormai solo in attesa di essere liquidata. La Sicilia è l’unica regione a gestire in proprio l’attività di riscossione, senza brillare per risultato, con costi insostenibili per gli utenti”, scrive in una nota Claudio Fava, deputato regionale del movimento 100passi e presidente della commissione antimafia all’Ars. Ma in Commissione Bilancio c’è stato anche chi ha rilanciato, facendo leva sull’indipendentista Armao: “Potremmo andare a Roma e chiedere che la gestione dei beni confiscati alla mafia torni in capo alla Sicilia – ha proposto Marianna Caronia, parlamentare regionale -. Noi siciliani dobbiamo chiedere che tutto ciò che in Sicilia è stato confiscato alla mafia ritorni ai siciliani invece di essere gestito dal Fondo unico Giustizia che fa capo a Equitalia Giustizia Spa. Parliamo di cifre che si aggirano, al 2017, attorno ai 4 miliardi di euro, tra somme liquide e non liquide. Sarebbe una grande battaglia autonomista”.

Immediata la reazione dei sindacati, preoccupati per quello che sta succedendo nella partecipata e per il nuovo limbo che potrebbe determinarsi. “I sindacati – scrivono in una nota Cgil Fisac, Ugl Credito e Unisin – chiedono che venga nominato immediatamente un nuovo Cda e che si metta mano alla riforma istituendo un tavolo tecnico con il Governo Nazionale per definire il passaggio all’ente Nazionale sia del ‘lavoro’ che dei lavoratori di Riscossione Sicilia”. “Serve una mission chiara e, partendo dalle dichiarazioni del Cda dimessosi oggi, si deve dare un segno di discontinuità con le passate gestioni”, aggiungono Michela Bottino e Francesco Barillà di Ugl. “La Segreteria della Fisac Cgil auspica che cessi rapidamente il clima pesante di cui parla il CdA dimissionario, e che il Governo regionale si muova rapidamente per applicare la legge in vigore – aggiunge Michele Cafari -. Anche la commissione tecnica, voluta dall’assessore Armao, conferma il disastro economico-finanziario e certifica la necessità e la convenienza di cedere Riscossione Sicilia all’Ente Nazionale . L’efficientamento potrà avvenire solo con gli strumenti che lo Stato e l’Agenzia delle Entrate possiedono, a partire dalle strutture informatiche ed organizzative. Ogni altra ipotesi è solo fantasia”. “Ci rendiamo conto che il governo nazionale si è insediato da poco e che si tratta di una partita delicata ma in ballo c’è il futuro dei dipendenti e di tutto il sistema di esazione. La nostra regione non può perdere credibilità, per questo chiediamo una convocazione. Servono garanzie e una road map definita”, affermano Claudio Barone, segretario generale della Uil Sicilia, e Giuseppe Gargano, segretario della Uilca Sicilia.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI