Più hotel e B&B, meno negozi | Com'è cambiata Palermo in 10 anni - Live Sicilia

Più hotel e B&B, meno negozi | Com’è cambiata Palermo in 10 anni

Mario Attinasi, presidente di Confesercenti Palermo

I dati di Confesercenti sullo stato di salute delle attività prima e dopo la crisi del 2007.

I numeri della crisi
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PALERMO – La crisi fa chiudere i negozi, ma c’è una crescita decisa nel settore turistico: è questa la situazione delle attività commerciali nella provincia di Palermo che emerge da alcuni dati in possesso di Confesercenti. Dalle statistiche raccolte dall’associazione di piccoli e medi imprenditori emerge un quadro economico in cui a crescere sono sempre più le attività di ristorazione e di ricezione turistica, mentre le realtà legate ai consumi locali sono in affanno. A incidere, secondo Confesercenti Palermo, anche l’eccessiva pressione fiscale e le aperture di grossi centri commerciali.

I dati mettono a confronto il numero di attività commerciali aperte in tutte le province d’Italia nel 2007, prima che iniziasse la crisi economica, con quelle aperte ad oggi. Nel Palermitano, prima della crisi, le attività commerciali al dettaglio erano 23.296, mentre dieci anni dopo il numero complessivo è sceso a 21.518, il 7,1 per cento di negozi che hanno chiuso i battenti. Al contrario, sempre i dati Confesercenti danno l’immagine di un settore turistico in piena impennata, con una crescita dalle 3.797 attività del 2007 alle 5.388 del 2017. Si tratta di un aumento del 41,9 per cento tra ristoranti, pub, bistrot, b&b e hotel.

Il settore turistico si conferma dunque uno dei più floridi di Palermo, che quest’anno è stata terza tra le città d’arte per incremento di presenze, secondo dati dell’Ente nazionale italiano del turismo. Ma a saltare all’occhio è la somiglianza tra il dato assoluto delle attività commerciali chiuse in dieci anni, 1.778, e quello delle attività turistiche aperte: 1.591. Possibile che gli esercenti abbiano deciso di passare da un settore all’altro? “Senz’altro si può dire che c’è uno spostamento tra i settori – dice Mario Attinasi, presidente di Confesercenti Palermo – ma non bisogna confondere il dato di crescita del turismo con una ripartenza dell’economia: c’è un grosso bacino fatto di attività che riescono a restare aperte ma non generano utili, e in una situazione così precaria non si può parlare di ripresa. Una cosa è certa: l’aumento delle strutture turistiche deve spingere il Comune a fare di più sotto il profilo del decoro e della pulizia della città”. Attinasi mette in guardia anche sul fenomeno dell’abusivismo: “Se si dovesse tenere conto delle strutture completamente abusive la percentuale di nuove attività sarebbe molto più alta – spiega -. Si tratta di attività che generano conseguenze gravi per l’erario e concorrenza sleale nei confronti di chi, invece, sceglie la legalità”.

I numeri palermitani sono in linea con quelli delle altre grandi città siciliane. A Catania il commercio al dettaglio è passato dalle 21.513 attività del 2007 alle 17.178 di quest’anno: una diminuzione di circa il 20 per cento. Anche all’ombra dell’Etna, invece, il settore alberghi e ristoranti è in risalita: dalle 3.302 attività del 2007 si è saliti alle 4.998 del 2017 con un incremento del 51,4 per cento. A Siracusa nel 2007 c’erano 6.892 attività commerciali, scese a 6.063 dieci anni dopo. Alberghi e ristoranti della provincia aretusea, invece, hanno registrato un boom passando dai 1.558 del 2007 ai 2.474 di quest’anno (+58,8 per cento).

Per Attinasi, che è anche vice presidente di Confesercenti Sicilia, i numeri fotografano il cambiamento avvenuto in seguito alla crisi economica partita nella seconda metà del 2007: “La crisi ha diminuito drasticamente i consumi, e al tempo stesso è esploso il fenomeno dei grandi centri commerciali con la chiusura dei negozi di prossimità”. Si consuma di meno, dunque, e quando si compra si va in un centro commerciale. Ma il calo dei consumi sarebbe da attribuire anche a “un modello fiscale insostenibile, con troppe tasse anno dopo anno che riducono i margini per le imprese. Con questo sistema fiscale – ancora Attinasi -. Non si può parlare di ripresa”. Da qui al tema della tassa locale sui rifiuti il passo è breve. Secondo il Comune di Palermo la maggioranza delle attività commerciali del centro non pagherebbe la tassa sui rifiuti. “Occorre operare una distinzione: c’è chi non vuole pagare le tasse, e che per questo va sanzionato senza sconti, e c’è chi non può pagarle. Bisogna dare una mano a quelle attività che vivono una fase difficile adottando misure straordinarie come un fondo di solidarietà o un piano di rateizzazione delle tasse. E’ importante che queste aziende abbiano la possibilità di rimettersi nel giusto binario – ancora Attinasi – e pagare regolarmente le tasse”.

Anche per Maurizio Pucceri, presidente di Casartigianato Palermo, va affrontato un dibattito sulla pressione fiscale: “Negli ultimi anni molti turisti si sono spostati dalle mete africane alla Sicilia, ma noi dobbiamo creare le condizioni per tenerli qui. Dovremmo sederci a un tavolo con l’amministrazione e fare una mappa delle imprese cittadine e delle loro esigenze”. E proprio di progetti in corso per favorire la ripresa parla Sergio Marino, assessore alle Attività produttive del Comune di Palermo: “Oltre alle pedonalizzazioni stiamo pensando a diverse iniziative per valorizzare, ad esempio, via Roma vecchia e il Cassaro”. Sull’evasione della Tari, inoltre, Marino precisa che “il Comune sta studiando delle soluzioni come le rateizzazioni e un regolamento che premi i più virtuosi nel pagamento, ma è chiaro che la tassa sui rifiuti si potrà abbassare solo quando la pagheranno tutti, altrimenti a soffrire saranno i servizi”.


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