La differenza appare chiara ed è un bene. Già nella scelta dei primi assessori che faranno parte delle ipotetiche giunte, in caso di vittoria, Roberto Lagalla (centrodestra) e Franco Miceli (centrosinistra) hanno dimostrato di appartenere a mondi irriducibili. Si tratta di indicazioni nette che offrono due profili diversissimi, per un confortante segno distintivo. Dopo l’universo univoco e un po’ indistinto dell’Orlandismo, in cui ogni questione veniva assorbita e sintetizzata, qui ci sono due aspiranti sindaci che offrono una lista di arruolabili e riferibili a percorsi, tra di loro, opposti.
I nomi di Lagalla: vizi e virtù
I primi nomi dell’ex rettore sono questi, come è noto: Francesco Cascio, Carolina Varchi, Totò Lentini, Antonello Antinoro, Pippo Fallica e Antonella Tirrito. L’ultima designazione riguarda una giovane donna molto impegnata nel sociale ed è l’elemento che spicca, oltre la vicinanza politica con Toto Cordaro. Gli altri sono tutti, a prescindere dalla caratura personale, aspiranti assessori di designazione partitica, nell’ambito dell’accordo raggiunto a fatica dal centrodestra. E ricordano le cicatrici di un dibattito sfiancante, visto che il trio Cascio-Lentini-Varchi è quello dei candidati che si sono fatti da parte per lasciare spazio a Lagalla. Un dato che introduce un sospetto, rinforzato dalla mezza polemica sull’assessorato all’Urbanistica e Mobilità che Totò Lentini reclama, come anticipato da LiveSicilia.it. Potrebbe non essere semplice governare Palermo con la pressione delle forze che – se accadrà – avranno garantito l’elezione, sacrificando il proprio campione e presentando una marea di liste. Riuscirà Roberto Lagalla ad essere un sindaco indipendente, capace, esclusivamente, di guardare al bene della città e non alle spine della parrocchia partitica? Ecco il potenziale vizio. Una piccola virtù sta nell’assenza di mediazioni: non ci saranno intrecci e incomprensioni fra tecnici e politici e nemmeno alibi. La politica deciderà e si prenderà, alla luce del sole, le proprie responsabilità.
I nomi di Miceli: vizi e virtù
Gli assessori di Franco Miceli, invece, corrispondono all’identikit del civismo. Si tratta di Federico Butera, docente palermitano al Politecnico di Milano; Irene Gionfriddo, avvocato; Marco Picone, docente di architettura all’Università di Palermo; Antony Passalacqua, dell’associazione Mobilita Palermo; Evelina Santangelo, scrittrice e Ornella Leone. A parte le polemiche agitate nel campo grillino, che interessano pochissimi, è ovvia la voglia di intraprendere una rotta contraria. E di puntare su un’immagine di freschezza e di rinnovamento, in discontinuità pure con l’Orlandismo, cercando riparo sotto il vessillo della virtù civica. Ma i vizi non mancano e il diavolo si annida fin nei (macroscopici) dettagli. Ai partiti che sostengono la candidatura dell’architetto Miceli non potrà mai piacere una linea che, di fatto, li ripudia e li mette all’angolo: un elemento che sta creando incomprensioni e potrebbe determinare spaccature senza rimedio. E, nel paradigma rovesciato di Lagalla, siccome la politica la fa la politica, ecco che la coabitazione risulterebbe oltremodo complicata. Il civismo – vero o presunto – ha poi bisogno di un carisma già consolidato, non in divenire, del personaggio sul ponte di comando: lo ha insegnato la lezione dell’Orlandismo, finché ha funzionato. Ma ad oggi il Micelismo non esiste e chissà se mai attecchirà.
La campagna elettorale in ritardo
Un punto di contatto, nella differenza, c’è. La campagna elettorale procede in ritardo sui contenuti. I suoi protagonisti, se non si considera qualche fugace e generica toccata e fuga, non stanno raccontando davvero la Palermo che vorrebbero. Tante le enunciazioni di principio, né sono state risparmiate le polemiche sulla presenza di Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri nel vasto campo del centrodestra. Si discetta di forze, di percentuali, di alleanze, di posti da spartire. Ma, dal ragionamento complessivo, manca la città che c’è e non si vede. Non è un buon viatico per nessuno.