"Il dolore che ho affrontato, cosa voglio fare per Palermo"

“Il dolore che ho affrontato, cosa farò per Palermo”

Il sindaco di Palermo a cuore aperto. La perdita della prima moglie, l'amore, le critiche e la città. E sulla politica...
INTERVISTA A ROBERTO LAGALLA
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7 min di lettura

Roberto Lagalla, sindaco di Palermo, è pronto per una chiacchierata sincera, a cuore aperto, come si dice? Se lo è, dica: sono pronto.
“Lo sono sempre stato e sono pronto anche questa volta. Palermo è la mia passione e le parole non saranno mai abbastanza per descriverla”.

Roberto Lagalla, sindaco di Palermo, dunque. Palazzo delle Aquile. E’ un giorno di sole e di caldo, ma non tremendo come altri. Le telefonate fioccano nella segreteria del primo cittadino. Siamo all’indomani del grande incendio di Borgo Nuovo. Qualcuno chiama, preoccupato. Le risposte sono affabili. Nessuno viene rimandato telefonicamente indietro con il suo carico di paura inevaso. E’ un piccolo segnale.

Partiamo dall’inizio della storia. Cosa le resta, sindaco, di questa lunga e tormentata campagna elettorale?
“Tanto entusiasmo, tanta gioia, ma anche tante ferite per come sono stato trattato, in certe occasioni. Ho constatato la povertà morale di persone che si ascrivono meriti che non hanno. Mi sono chiesto: ma che mondo è? E ho pensato di mollare”.

Ricordiamo le polemiche su Cuffaro e Dell’Utri. Però, sindaco, ammetterà che le critiche sono il sale di una elezione. Cosa l’ha spinta ad andare avanti?
“Le critiche sono utilissime, le offese no. Perché non ho mollato? La mia famiglia che, inizialmente, era contrarissima alla mia candidatura, prevedendo gli sconvolgimenti che sarebbero arrivati, è stata compatta nell’incoraggiarmi e nello scongiurare il ritiro. Avevano ragione. Io non ho nulla da nascondere”.

Quelle ferite che racconta le fanno ancora male?
“Sicuramente ho ricevuto un danno incancellabile sul piano morale e pesante anche su quello elettorale. Chi non mi conosce, magari, avrà pensato che potessi somigliare a quella specie di caricatura di don Mariano Arena, il boss de ‘il giorno della civetta’, che veniva tratteggiata. Sono rimasto meravigliato da tanta violenza, pure per il fuoco di sbarramento di certi cosiddetti amici politici”.

A chi si riferisce?
“Basta rileggersi le cronache. Mi sono trovato accanto l’Udc che mi ha sempre sostenuto. Sono cattolico e perdono. Sono qui per aiutare i palermitani e per dare una mano ai giovani”.

Lei, in questo palazzo, si sente già a suo agio? O deve rompere il ghiaccio?
“Mi sento a casa nella dimensione che mi interessa: il rapporto con cittadine e cittadini che mi motiva a fare qualcosa di utile per un vero cambiamento. Mi sento un pesce fuor d’acqua quando noto com’è stata ridotta questa amministrazione, con tanta esibizione di facciata, tanta narrazione, ma nessuna efficienza amministrativa, né capacità organizzativa. Vedo uno stato d’abbandono che si percepisce nelle stanze del palazzo, come nelle strade ed è un dato che mi amareggia, soprattutto perché c’è ancora chi si diverte con la lavagna dei buoni e dei cattivi, in un inganno di verità rovesciate”.

Quanto tempo si è dato per produrre un effettivo miglioramento?
“So per certo che Palermo, attualmente, è lontanissima dalla mia idea di città. Sarà necessario ricreare un clima di coesione, mettere mano ai fondi extracomunali, alla rigenerazione urbana, ai servizi sociali, agli impianti sportivi e al resto, per rifondare quella empatia tra la casa comunale e le case dei palermitani che, per ora, non c’è”.

Sì, ma in quanto tempo?
“Nove-dodici mesi per rendere percettibile l’inversione di tendenza, almeno rispetto a questioni cruciali da risolvere come quella dell’immondizia o quella del cimitero dei Rotoli. Nel frattempo, procederemo alla programmazione, dovremo chiudere la partita del piano del riequilibrio e del bilancio, entro la primavera del 2023. Al momento, non possiamo comprare nemmeno una penna Bic”.

Le burrascose vicende della politica nazionale, con la caduta del governo Draghi, non rischiano di allungare i tempi del soccorso?
“Stiamo procedendo al massimo della velocità consentita. Lavoriamo con la commissione interministeriale per mettere a punto l’istruttoria formale. Entro i primi dell’autunno chiuderemo la pratica dell’accordo con lo Stato. Una norma che abbiamo voluto nel decreto aiuti-bis ci consente di rimodulare il piano di riequilibrio fino al 28 febbraio. Poi, con il nuovo governo confidiamo che si possa ottenere un aiuto finanziario superiore alla dote attuale: 189 milioni in vent’anni che non possono risolvere nulla”.

Quale sarà la svolta?
“Puntiamo, come ho più volte annunciato, su una lotta serrata all’evasione fiscale. Il miglioramento della riscossione è il tema centrale, purtroppo trascurato dalla precedente amministrazione che ha desertificato il personale del servizio tributi. Mettiamocelo bene in testa: a fronte di servizi che speriamo efficienti le tasse dovranno essere pagate da tutti”.

Lei teme scossoni che potranno venire dai conti aperti nel centrodestra?
“Siamo in un’epoca diversa. Ieri, la navigazione politica era basata su rotte di lungo periodo. Oggi i tempi sono convulsi e le fibrillazioni non si possono escludere. Il clima, nella giunta, è ottimo, grazie ad assessori volenterosi e impegnati in una dimensione collegiale che ispirerà la riforma degli uffici. Auspico un buon rapporto con il consiglio comunale e farò di tutto per costruirlo. Alle riunioni della giunta sarà invitato il presidente del consiglio comunale: ecco un primo passo e saranno convocate, regolarmente, riunioni di capigruppo e presidenti di commissione, nonché incontri con i presidenti di circoscrizione”.

A settembre si vota per regionali e per le politiche. Qual è il suo pronostico?
“Ho solo auspici. Renato Schifani è un mio caro amico e non posso che ribadire la mia soddisfazione per la candidatura di un uomo perbene che, nelle istituzioni, ha saputo vestire i panni della terzietà e della sobrietà”.

Schifani a Palazzo d’Orleans, Meloni a Palazzo Chigi: è uno scenario che dà per vicino?
“Dico solo che con Giorgia Meloni c’è un rapporto politico di stima e non dimentico che il suo partito è stato il primo ad aprire la strada alla ricomposizione del centrodestra, durante la campagna elettorale per le comunali”.

Un giudizio sull’operato di Nello Musumeci?
“Ho chiamato il presidente Musumeci, subito dopo la conclusione di una vicenda troppo lunga e avvelenata, per ringraziarlo. Lo saluto come un galantuomo del quale ho apprezzato l’attaccamento alla Sicilia e la volontà di fare. Ho sempre sostenuto che avrebbe avuto titoli e possibilità di succedere a se stesso, tuttavia il presidente, con senso di responsabilità, ha preso atto di un contesto politico modificato nei suoi confronti e ha accettato di compiere un passo di lato. Spero che abbia il riconoscimento adeguato e dovuto a una persona onesta e perbene”.

Perché ha dato il via alla prima giunta con una preghiera?
“Perché ritengo che questo nostro Paese, come l’Europa, debba recuperare le radici valoriali che hanno reso grande la nostra cultura. La preghiera, poi, è l’atto di umiltà di chi riconosce che c’è qualcuno che sta ben più sopra di noi e delle nostre cose umane”.

Saranno cinque anni rinnovabili?
“Io sono qui, riguardo all’impegno, come se dovessi starci sempre. Ma ho sempre le valigie pronte”.

E qui una parte dell’intervista si è conclusa, ma ecco che spunta un altro segmento fragilissimo e intimo. E’ la storia di un medico che perse la moglie, subito dopo la nascita del suo secondo figlio, e che non si arrese al dolore. Una vicenda, poco nota al pubblico, di tanti anni fa.

Parliamo con Roberto, non con il sindaco. Lei subì la morte della sua prima moglie, Carla, con due figli da crescere e il secondo era nato da poco. Come ha combattuto contro una simile sofferenza?
“Non è stato merito mio, ma di famiglie intelligenti e buone che mi hanno aiutato dopo che la mia adorata Carla ci aveva tragicamente lasciato. Ringrazio mia madre e la mia fantastica suocera a cui poi si è aggiunta l’altra suocera, la mamma della mia adorata Maria Paola che ho successivamente sposato. Ho avuto due figli da Carla, due da Maria Paola e loro hanno avuto tre nonne. Si può costruire un senso anche sul dolore, finché si ama”.

Lei, dunque, non ha avuto nessun merito, visto che si schermisce?
“Io…”. Però, la risposta non arriva. Il sindaco di Palermo prende un fiammifero dal taschino e si accende il sigaro. C’è il sole che splende su Palazzo delle Aquile. Mentre, negli occhi di Roberto Lagalla, spunta una lacrima, trattenuta a stento dal riserbo. (Roberto Puglisi)

Un momento dell’intervista

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