Rubo l'auto e la rivendo | Sei arresti a Palermo - Live Sicilia

Rubo l’auto e la rivendo | Sei arresti a Palermo

Sgominata gang, i nomi dei coinvolti
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“Ai Castidduzzi” bisognava rivolgersi per trovare le macchine rubate. La fama di Giovanni e Gaetano Castelluccio, padre e figlio, era arrivata fino ai vertici di Cosa nostra. Nino Rotolo, il boss di Pagliarelli, li chiamava in causa nel box di lamiera dove i poliziotti avevano piazzato le cimici nel corso dell’operazione Gotha. Persino un capomafia del suo calibro sapeva che doveva rivolgersi “ai Castidduzzi” per recuperare la macchina rubata a degli amici. I Castelluccio sono titolari di un panificio nella zona di via Paruta, una traversa di corso Calatafimi, a Palermo. E sono pure cugini di Paolo Castelluccio detenuto al 41 bis.

Avevano trasformato un capannone di via Ponticello Oneto in un fortino dove custodivano i mezzi rubati. Si tratta soprattutto di veicoli da trasporto, Piaggio Porter, Moto Ape e Iveco Daily, alcuni dei quali utilizzati dai venditori ambulanti di pane delle città. La gran parte della merce venduta abusivamente viene panificata dai Castelluccio. Il meccanismo era ben collaudato. Il padre, assieme a Francesco Paolo Daguanno che è ancora irreperibile, usciva presto al mattino per rubare i mezzi che il figlio Gaetano provvedeva a smontare. Le microspie e le telecamere hanno immortalato le giornata di lavoro tipo. Quindi interveniva Pietro Di Lorenzo, abile punzonatore, che sostituiva targa e numero di telaio con quelli di mezzi usati, pronti per la rottamazione e comprati per poche centinaia di euro. Al resto ci pensavano Gaetano Benfante e Vincenzo Cavaliere, carrozzieri di professione, che completavano l’opera per dare una nuova identità al veicolo che veniva rivenduto al prezzo di settemila euro.

A fare da paravento alle operazioni illecite era la concessionaria di auto Top Car’s di proprietà della moglie di uno dei Castelluccio. Una concessionaria la cui fama era conosciuta anche dal collaboratore di Giustizia, Andrea Bonaccorso. I gestori erano in grado di vendere macchine a prezzi stracciati perché di provenienza illecita. A completare il quadro, il ruolo di Maria Ventimiglia, moglie di Giovanni Castelluccio che faceva da vedetta e avvertiva il figlio “guarda che c’è una pattuglia giù”.

“I furti accertati sono quindici – spiega Silvia Como, dirigente della sezione reati contro la pubblica amministrazione della Squadra Mobile -, ma i mezzi sospetti sequestrati dalla Polstrada sono venticinque. Le indagini riguardano episodi del 2008 e 2009, ma c’è il forte sospetto che siano proseguiti fino ad oggi. In queste ore – aggiunge – stiamo, infatti, controllando un altro magazzino, sempre di pertinenza degli indagati, dove sono stati trovati altri mezzi. I telai stavolta riportano ancora i numeri originali e saremo in grado di risalire ai legittimi proprietari”. Nell’inchiesta salta fuori che ai Castelluccio si erano rivolti i fratelli Cristofaro e Salvatore Diolisà, di Adrano, nel Catanese per comprare una macchina da rivendere a un cliente.“Eh “ minchia” ti sei preso pure i “picciuli” ti sei preso”, diceva Di Lorenzo a Cavaliere che rispondeva: “No vogliono “accattata a machina” Vogliono i “picciuli”. A lavoro finito, Di Lorenzo contattava Salvatore Diolosà: “Turi ee… abbiamo fatto bella figura ee…. perché i finocchi sono quelli speciali speciali gli è finita buona buona buona”. La macchina taroccata era venuta davvero bene.

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