SAN GIUSEPPE JATO (PALERMO) – “No guardi queste cose non mi interessano e non per quello che pensa lei”, taglia corto un uomo di mezza età. È il primo abitante di San Giuseppe Jato incontrato lungo la strada verso il palazzo comunale che si ferma per rispondere.
Il sindaco Giuseppe Siviglia ha deciso di presentare in paese il libro “Uno così, Giovanni Brusca si racconta”, scritto da don Marcello Cozzi che racconta, appunto, la storia del boss, oggi pentito, di Cosa Nostra.
“Insisto, cosa penserei io?”. Si ferma, forse incuriosito: “Che non rispondo perché a San Giuseppe siamo omertosi. Lo scriva, è una polemica politica. Litigano solo per la politica”.
Si allontana senza soddisfare l’ultima curiosità. Chissà se parteciperà alla presentazione del libro. Il campione degli intervistati davanti a un bar fa propendere la bilancia per il no. “Non è giusto per i parenti delle vittime”, è la risposta che prevale in un sondaggio che non ha la pretesa della scientificità e che riscontra due criticità.
La prima: la gente non ha letto il libro (non si può certo pretendere una lettura di massa). La seconda emerge dalla domanda rivolta ad uno degli uno interpellati. Che non ha letto il libro eppure è certo di sapere di cosa parli: “Celebra la vita di Brusca e invece ha fatto cose schifose che non si devono raccontare”.
Il seguito sono insulti contro un uomo che nella sua vita da mafioso si era meritato il soprannome u verru (il porco). Non c’è bisogno di trascriverli, ognuno è libero di immaginare il contenuto.
Come in tutti i sondaggi, seppure improvvisati, c’è un campione che non risponde. Per disinteresse e purtroppo per omertà. Cos’altro può esserci di fronte alla risposta: “Brusca? Non lo conosco”.
Giovanni Brusca, il mafioso, l’assassino del piccolo Giuseppe Di Matteo? “Mi dispiace non so chi sia”, risponde un anziano dai capelli bianchi. Lo stesso dice un ragazzino che non ha compiuto diciotto anni. Il primo ha scelto l’incultura, il secondo ha un vuoto culturale che può essere colmato. Si deve coltivare la speranza.
Il sindaco Giuseppe Siviglia nella sua stanza nel palazzo di città spiega le ragioni di una scelta: “È giusto combattere il male e se non si conosce non puoi combatterlo. Questa vicenda è stata strumentalizzata dall’opposizione e da tutti i trombati alle ultime elezioni amministrative. Quello che ci dispiace è che hanno lanciato un messaggio sbagliato anche nei riguardi dei parenti delle vittime della mafia che hanno delle ferite inguaribili. Il libro non è una riabilitazione di Brusca, anzi”.
Non è solo al passato che guarda Siviglia, convinto che il messaggio del libro di Brusca possa servire nel presente: “San Giuseppe Jato non è più il paese di una volta, abbiamo allontanato i mafiosi, ma c’è una zona grigia che va combattuta. Lo vediamo anche nelle piccole cose. Quando indaghiamo su un incendio o un incidente c’è omertà. C’è poi il grande problema della droga, nessuno vede e sa nulla. Sono convinto che la presentazione del libro sarà un ottimo spunto di riflessione soprattutto per i nostri giovani”.
Già i giovani, ed è proprio la finalità pedagogica attribuita alla presentazione del libro che i consiglieri di opposizione contestano: “È una contraddizione in termini, non educhi i ragazzi con l’esempio di Giovanni Brusca che non può essere preso in alcun modo come modello per la strada verso la legalità”, dice Maurizio Costanza.
“Non c’è alcun pregiudizio nei confronti del libro – aggiunge – men che meno intento di censura. Su certi argomenti serviva un dibattito, un confronto con la comunità. Ed invece ci hanno messo di fronte al fatto compiuto. San Giuseppe Jato ha delle ferite aperte, i parenti delle vittime hanno avvertito un forte disagio. Sono temi complessi da non sbandierare, da non banalizzare”.
“Da anni si fa un lavoro nelle scuole, bisogna proseguire su questa strada con iniziative, dibattiti, confronti e se è il caso alla fine di un percorso graduale dare voce ai carnefici. Ascoltare oggi le parole di Brusca è prematuro, inappropriato”, aggiunge Rossana Ferrante.
Il disagio fra i parenti delle vittime di Giovanni Brusca è forte. Franca Castellese ha chiamato il sindaco Siviglia con cui in passato ha condiviso iniziative al fianco del Consorzio sviluppo e legalità. La mamma del piccolo Di Matteo, ucciso e sciolto nell’acido dopo una lunga prigionia durata 779 giorni, è addolorata. La scelta le sembra incomprensibile.
L’altro figlio Nicola Di Matteo taglia corto: “Non devono avere più alcuna possibilità di parlare. Brusca non si è mai mostrato pentito per tutto il male compiuto in quegli anni. Dare a lui una ribalta è solo un grave errore che porta in noi che abbiamo sofferto solo altro dolore”.
La data della presentazione del libro non è stata ancora fissata. Ci sarebbero i margini per ricomporre la frattura. Servirebbe un passo indietro, che alla luce delle frasi ascoltate non arriverà. Ciascuno crede nella bontà del proprio ragionamento. Ci saranno una presentazione e una contro iniziativa a San Giuseppe Jato. Resta solo da stabilire la data.
Don Filippo Lupo, arciprete della chiesa madre, la parrocchia del Santissimo Redentore, usa le parole di San Paolo: “Tutto è lecito e non tutto giova, bisogna chiedersi se la comunità sia propensa alla presentazione di questo libro. Siamo in un territorio con delle ferite aperte, sanguinanti. Non ho letto il libro, mi riprometto di farlo ma comprendo le divisioni, soprattutto il dolore dei familiari delle vittime”.
I suoi fedeli cosa dicono, ha avuto modo di parlarne? “Onestamente ancora no, è successo da pochi giorni”.
Parlarne, non fare finta di nulla è impegno morale nei confronti di quel ragazzino che non ha ancora diciotto anni e sembra sincero quando dice di non sapere chi sia Giovanni Brusca, un suo compaesano che prima di siglare un accordo con lo Stato, pentendosi, ha ucciso decine di persone e un bambino che non aveva ancora tredici anni.