Ora che dotti, medici e potenti (la citazione, in copia quasi conforme, ci è sembrata appropriata) hanno completato la nuova, si fa per dire, fisionomia della sanità siciliana, non resta che attendere i risultati.
Ci aspettiamo una svolta, altrimenti a che servirebbe, a prescindere dalle scadenze, un siffatto e combattuto rimescolamento?
Dotti, medici e sapienti, cantava Edoardo Bennato – come tutti sanno – in un album indimenticabile, raccontando un simposio cattedratico per una diagnosi indifferibile nei riguardi di un paziente difficile. “Anzi già qualcuno ha detto che il malato è quasi morto”.
Le nomine e il potere
I protagonisti delle nomine, a vario titolo, sono sicuramente dotti e competenti, perché non sarebbero stati scelti se non lo fossero (non sappiamo nemmeno immaginare il contrario) e medici.
Chi ha deciso, magari dietro le quinte, nel consueto gioco politico, è certamente un potente. Nel senso che può.
Dunque, non resta che attendere i risultati. Il vero smacco sarebbe – scusate la banalità della citazione – che sia cambiato tutto per non cambiare niente, ancora una volta. Ci siamo abituati, però bello non è.
L’avviso di Schifani
Il presiedente Schifani ha diramato il suo avviso: “Se le Asp, gli ospedali e i Policlinici siciliani non raggiungeranno gli obiettivi assegnati dal mio governo, soprattutto per quanto riguarda l’abbattimento delle liste d’attesa, insieme ai manager delle Aziende decadranno automaticamente anche i direttori amministrativi e sanitari”.
Noi, a corredo, pubblichiamo una foto a cui teniamo, perché raffigura un malessere da sanare. L’immagine, ormai cronologicamente invecchiata e sempre attuale, di un uomo disteso a terra, nel pronto soccorso di Villa Sofia.
Uno scatto simbolico che descrive la prostrazione di molti siciliani al cospetto della nostra sanità, oltre a rispecchiare un dramma personale.
La foto come promemoria
Quando la tiriamo fuori, qualcuno si arrabbia e pazienza. Adesso, la consegniamo come un promemoria ai dotti, medici e potenti. Insieme a un accorato auspicio-augurio di buon lavoro.
Che la loro esperienza non finisca giammai come la canzone di Bennato, con un invito perentorio e necessario rivolto al malcapitato paziente di quella storia. Ricordate? “Scappa!”. Anche perché non ci sarebbe via di scampo.