Il libro mastro delle spartizioni |"Case ai parenti dei dipendenti" - Live Sicilia

Il libro mastro delle spartizioni |”Case ai parenti dei dipendenti”

Il luogotenente della Finanza Giuseppe Fichera svela i meccanismi del sistema di gestione delle case popolari che avrebbe causato un danno erariale da 30milioni di euro. Il principale imputato, Santo Schilirò Rubino, è l'attuale Dirigente del settore contabile dello Iacp e respinge tutte le accuse.

CATANIA – E’ toccato a Giuseppe Fichera, luogotenente della Guardia di Finanza di Catania, illustrare i dettagli dell’indagine condotta tra il 2006 e il 2010, che ha portato sul banco degli imputati Santo Schilirò Rubino, ex direttore dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Catania attualmente dirigente dell’area contabile, il figlio Ettore, insieme ad altre dieci persone tra cui alcuni dirigenti e dipendenti dell’ente regionale.  Nel processo, che si svolge davanti la terza sezione penale del Tribunale di Catania, i reati che a vario titolo vengono contestati agli imputati sono truffa, abuso d’ufficio e falso ideologico. Sulla vicenda pesa anche la scure della Corte dei Conti, che ha ipotizzato un danno erariale vicino ai 30 milioni di euro.

Gli uomini delle fiamme gialle, secondo il racconto del teste, si sarebbero accorti della “gestione personalistica” adottata dal direttore attraverso “i protocolli che riportavano una numerazione e un oggetto con una data mentre gli allegati avevano date successive”. In alcuni occasioni, l’inserimento sarebbe avvenuto anche due anni dopo. Numeri di protocollo sostanzialmente “presi e lasciati liberi e utilizzati quando servivano”. Ad occuparsi degli inserimenti sarebbero stati, secondo il racconto di Fichera, proprio Santo Schilirò Rubino e l’altro imputato Giuseppe Caruso, che ricopriva l’incarico di responsabile del protocollo informatico. Due, secondo Il Sostituto Procuratore Andrea Bonomo, sarebbero le richieste presentate all’Istituto degne della massima attenzione investigativa: una nota del 2007, riguardante la richiesta del segretario del sindacato SICET Carlo D’Alessandro per l’assistenza dei coniugi Lombardo, l’allegato sarebbe stato inserito a distanza di cinque mesi. Lo stesso giorno, secondo quando emerso in aula, venne inserita anche un’altra pratica a nome di Sebastiana Caruso, sorella del dipendente IACP Giuseppe.

Altro caso incriminato quello di un locale commerciale di proprietà dell’istituto adibito a patronato nella piazza antistante lo stadio Cibali di Catania, concesso all’altro imputato Ettore Schilirò Rubino, figlio dell’allora direttore. A mancare, secondo l’accusa, sarebbe sia l’esplicita richiesta di concessione oltre a delle discrepanze tra le spese di ristrutturazione effettivamente sostenute (circa 3500 euro) e quelle per cui l’Ente regionale concesse la possibilità di detrazione della spesa sul canone di locazione (25mila euro). Ad essere violato sarebbe stato anche il regolamento dell’Ente che consentiva una detrazione massima del 20% a fronte di quella concessa al figlio pari all’80%.

Al centro dell’attenzione durante il processo anche l’assegnazione di 144 alloggi a  Librino ubicati in viale Biagio Pecorino e Viale San Teodoro. Immobili che secondo i regolamenti dovevano essere assegnati ai lavoratori dipendenti. Dai sequestri della Finanza sarebbe invece emerso che alcuni alloggi erano stati assegnati ai parenti dei dipendenti dello IACP, tra questi vi erano sia coloro che già erano proprietari di case, come Orazio Sicali in via Medaglie D’oro, oltre che altri non inseriti nelle graduatorie. In sostanza a mancare sarebbero stati i requisiti minimi. Su un nome in particolare si è soffermato il luogotenente Fichera, quel “Mario Tudisco parente diretto, essendo il suocero, di Caruso”.

Tuttavia nel novembre 2011, periodo successivo al rinvio a giudizio, vennero inoltrate dal direttore Santo Schilirò Rubino numerose determine di revoca alle assegnazioni degli alloggi concessi in precedenza ad alcuni imputati dell’odierno processo.

Nella prossima udienza toccherà sentire due ispettori regionali. Testimonianze ritenute di primaria importanza dall’accusa anche in virtù del fatto che già in passato misero nero su bianco le criticità della gestione Rubino, bollata come in evidente “violazione dei principi di trasparenza e imparzialità”.  Accuse sempre respinte dall’imputato,

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